Carreras contro di me solo calunnie di Armando Caruso

Il tenore respinge l'accusa di aver percepito cachet gonfiati. «Ho anche pagato le tasse» Il tenore respinge l'accusa di aver percepito cachet gonfiati. «Ho anche pagato le tasse» Carreros: contro di me solo calunnie «Il contratto con l'Opera di Roma è regolare» ROMA. «Sono profondamente sorpreso e indignato». José Carreras, uno dei più grandi tenori degli ultimi vent'anni, osannato in tutto il mondo insieme con Luciano Pavarotti, Placido Domingo e Alfredo Kraus, ieri alle 15 al tg della TVE1 (la tv di Stato spagnola) ha rilasciato questa lapidaria dichiarazione: «Nel 1992 ho stipulato un contratto perfettamente legale con l'Opera di Roma per un recital che mi è stato regolarmente pagato. Per la mia prestazione artistica ho versato le tasse tramite i canali ufficiali che l'Italia esige in questi casi. Tutte queste falsità mi stupiscono e addolorano». Il grande tenore castigliano, per questo concerto, sarebbe coinvolto nella richiesta di rinvio a giudizio che il pm di Roma, Pier Filippo Laviani, avrebbe deciso contro il sovrintendente del teatro dell'Opera di Roma, Gian Paolo Cresci, responsabile di un deficit di oltre 50 miliardi. E' da notare che Cresci è stato costretto alle dimissioni dal sindaco Rutelli, che per legge è anche presidente dell'Ente lirico. José Carreras, ieri sera, tramite il suo agente italiano, Mario Dradi, ha poi precisato l'importo della cifra incassata per il concerto del 15 giugno 1992 e di non aver ricevuto dal magistrato alcun avviso di garanzia». Carreras dice: «Il mio cachet è stato di 170 milioni lordi: 20 li ho ricevuti dal Teatro dell'Opera e 150 milioni dalla Stet, la società che ha sponsorizzato la serata. Sull'intera cifra ho pagato tasse e ritenuta d'acconto per ben 62 milioni e 928 mila lire. Quindi la cifra al netto è di 108 milioni netti». Il caso-Carreras-Cresci avrebbe provocato l'intervento del magistrato perché l'Anels (Associazione Nazionale Enti Lirici e Sinfonici) ha stabilito per i cachet degli artisti un «calmiere» che in Italia non può superare il tetto di 30 milioni «non suscettibile in alcun caso di aumento». Il calmiere, deciso autonomamente dall'Anels, è stato abolito l'anno scorso, perché l'associazione, dopo la durissima polemica contro il presidente Emani (defenestrato) è stata sciolta, così come il Ministero Turismo e Spettacolo la cui attività è stata demandata alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Il caso-Cresci-Carreras, però, risale al 1992. C'è ora chi si chiede: José Carreras, come Domingo e Pavarotti gode di cachet internazionali (in dollari) che superano abbondamentemente il «tetto» dei 30 milioni in lire italiane. Se in un regime di libero mercato uno sponsor decide di pagare un artista con una cifra astronomica (anche 150 milioni) per sostenere la propria immagine, chi può impedirglielo? L'unico problema degno di nota sembra riguardare il pagamento delle tasse: ma Carreras assicura di averle versate nella misura indicata e «tramite i canali che l'Italia esige in questi casi». Stando a Mario Dradi «Carreras non ha percepito alcuna cifra in nero, perché le cifre pagate dall'Opera di Roma e dalla Stet sono perfettamente documentate. E con la Stet l'Opera e Cresci non c'entrano assolutamente nulla». Resta comunque l'annunciata azione della magistratura. Della quale a Roma si sta interessando l'avvocato di Carreras, Giovanna Cau che, a quanto sembra, «annuncia querele - sostengono all'agenzia Dradi - contro coloro che hanno diffamato il nostro tenore». José Carreras, intanto, questa mattina parte per una tournée in Austria e Germania. Armando Caruso Il tenore José Carreras