Di Donato show in aula

Oggi la Camera potrebbe decìdere il suo arresto: non ho commesso reati, leggete i classici Oggi la Camera potrebbe decìdere il suo arresto: non ho commesso reati, leggete i classici Di Donato, show in aula «Voto di scambio?!/) insegnava Cicerone» NAPOLI. Evoca il fantasma di monsieur Guillotin, da cui prese il nome la macchina della morte simbolo della rivoluzione francese. «Non siamo ancora al taglio delle teste, ma con tutto questo giustizialismo si respira un brutto clima». Poi la butta sui classici: il voto di scambio, spiega, non è un reato ma una pratica vecchia di millenni, come insegna Cicerone... Ma che c'entra Cicerone? «Leggete la lettera inviatagli dal fratello, che gli spiegava come doveva comportarsi per la sua rielezione a console». Dotto, sprezzante, indignato, preoccupato, ma tutt'altro che rassegnato. Si è presentato così l'ex cavallo di razza del psi, Giulio Di Donato, il giorno prima del voto alla Camera che potrebbe pronunciarsi per il suo arresto. Il fedelissimo di Craxi ha colto l'occasione per esibirsi in un piccolo show all'ingresso dell'aula bunker annessa al carcere di Poggioreale, dove è iniziato il processo che lo vede imputato di un piccolo reato di competenza pretorile, corruzione elettorale. Il deputato socialista è accusato di aver fatto assumere 21 persone in quattro aziende in cambio del voto. Il processo ha avuto vita breve, una sola udienza. Il presidente della corte, infatti, ha dichiarato la sua incompetenza perché l'accusa è connessa con una delle 18 inchieste, ben più gravi e complesse, condotte dalla procura della Repubblica di Napoli sul conto dell'ex vice segretario del psi. Sarà dunque il tribunale, e non più la pretura, a processare Giulio Di Donato che, a questo punto, non esclude l'eventualità di ricorrere al patteggiamento per chiudere i conti con i giudici napoletani: «E' una soluzione possibile - spiega -, anche se non accetto processi sommari». L'ex vicesegretario del psi sembra non scomporsi davanti a niente, neanche ad una decisione cruciale per il suo futuro come quella che la Camera, a meno di sorprese, dovrebbe prendere oggi. I deputati sono chiamati a pronunciarsi su due ordini di custodia cautelare per concussione, corruzione e abuso d'ufficio firmati dai gip di Napoli Luigi Esposito e Gennaro Costagliola. Il primo (concussione) riguarda l'inchiesta sugli appalti alla Sip costata il carcere all'amministratore delegato dell'azienda, Vito Gamberale: una vicenda complessa, in cui Di Donato è accusato di aver minacciato una riduzione delle commesse Sip ai titolari di un'azienda che non volevano assumere un gruppo di raccomandati. Il giudice per le indagini preliminari ha chiesto il beneficio degli arresti domiciliari: sostiene che l'ex leader del psi, anche se tutt'ora in grado di inquinare le prove, non potrà più commettere quel reato perché non si ricandiderà alle prossime elezioni. Il secondo ordine di arresto, per corruzione e abuso d'ufficio, porta la firma del gip Gennaro Costagliola: riguarda una tangente da mezzo miliardo pagata da un imprenditore in cambio dell'appalto per la rimozione dei rifiuti a Napoli. Ma nonostante le nubi che oscurano il suo futuro, Di Donato non perde lo smalto. «Sono preoccupato, anche se so di essere innocente. Comunque non mi opporrò all'arresto», assicura. Poi carica a testa bassa il vecchio pei: «Ma pensate davvero che abbia finanziato le sue campagne elettorali e guadagnato miliardi vendendo le salsicce alle feste dell'Unità?». Poi rispolvera una tesi cara a Craxi: il finanziamento illecito era l'unica strada percorribile per i partiti che volevano contrastare «l'organizzazione militare su cui contava il pei». Fulvio Milone Napoli, era accusato di corruzione elettorale A Montecitorio invece torna l'inchiesta-Sip L'ex vicesegretario psi Giulio Di Donato (a sinistra) e sopra Vito Gamberale, amministratore Sip strati commisti con la politica, abituati a zoppicare, noi raddrizzeremo loro la schiena». E dopo questo delicatissimo accenno all'handicap fisico di Abate (che è davvero claudicante), un attacco ai «loschi magistrati», un altro «guai a te!» urlato alle folle. Il giorno dopo ancora, Bossi: a chi gli chiede se conferma le dichiarazioni, risponde: «Confermo». E riattacca: «Un magistrato che si fa strumentalizzare, che si inventa accuse da Tangentopoli contro la Lega, è un giudice falso, losco e inaffidabile»; «Quel magistrato ha toccato un mio amico, il senatore Leoni... So che è pregiudizialmente contro di noi. Anzi è un nemico, un vecchio nemico». Abate presenta una querela alla procura, e ieri il sostituto Emma Vezzù ritiene che ci siano elementi per processare Bossi. E il Senatur come ha regito? Blando: «Stiamo a vedere come vanno a finire le cose, non ho altro da dire». (r. m.]

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