Alle comunità servono laureati e chiarezza di Luigi Ciotti
r DON CflOTTB Alle comunità servono laureati e chiarezza GLI addetti ai lavori lo chiamano il decreto «Stato-regioni del 19 febbraio 1993». Si tratta, in parole semplici, delle norme contro le quali ha polemizzato don Antonio Mazzi: norme che impongono la laurea come requisito per dirigere un servizio di recupero dei tossicodipendenti. L'applicazione di queste norme e rimandata alle regioni (ecco perché «accordo Stato-regioni») e prima di entrare nel merito del decreto vediamo le premesse che ne hanno giustificato la presenza. Negli ultimi anni le comunità terapeutiche hanno avuto un notevole sviluppo: da circa 5000 posti disponibili nel '90, si è passati agli oltre 16.000 di oggi. Numeri, si badi, che non sono irrilevanti ai fini del lavoro riabilitativo e educativo: ingrandire la propria struttura fino ad ospitare 100 o 200 posti letto (per molti è la norma senza arrivare all'eccezione di San Patrignano che ne ospita circa 2000) com- Eorta inevitailmente il prevalere di logiche «contentive» su quelle educative. Non mi riferisco tanto alle violenze e alle morti che hanno evidenziato, con toni eccessivamente criminalizzanti, le difficoltà di alcune di queste comunità terapeutiche. Penso piuttosto al fatto che in queste strutture hanno rischiato di venir meno - nella pratica quotidiana - le necessarie forme di verifica, di tutela e soprattutto di garanzia delle persone accolte. Anche i dati riguardanti le comunità terapeutiche erano confusi se non addirittura di parte (sembrava quasi si rincoressero le cifre per contare chi, tra comunità diverse, «salvava» il maggior numero di giovani, senza però preoccuparsi del come, del dove e con quali criteri si stabilivano quelle affermazioni). In parole povere: mancavano, alle comunità terapeutiche, criteri chiari, indicazioni direzionali precise e punti di riferimento obbligati a cui attenersi. Senza per questo far venire meno il merito e il riconoscimento della generosità con cui molte di queste strutture hanno, in quegli anni, operato e riposto alla fatica e alla sofferenza di persone e famiglie ad esse collegate. L'intesa Stato-regioni, dunque, in concreto prò Don Luigi Ciopone tre tipi di attenzione, tutte a tutela delle persone che vivono in comunità (dell'«utenza» con linguaggio tecnico) e riguardano il rispetto di alcuni criteri minimi. Più precisamente: - l'adeguatezza delle strutture che costituiscono le comunità terapeutiche; - la divisione, in gruppi non superiore alle 20 persone, delle attività riabilitative (per rendere possibile e personalizzato il percorso educativo); - la presenza di una percentuale di figure professionali all'interno dell'equipe degli educatori. Non si tratta, dunque, di una ingerenza dello Stato in questioni che devono restere «private» e senza nessun riferimento o contatto con il pubblico. E' piuttosto vero il contrario. E' necessario e corretto che lo Stato, attraverso le Regioni, eserciti una certa forma di verifica e di tutela del lavoro e delle persone che usufruiscono di quel servizio. E' ugualmente importante, però, che proprio lo Stato valorizzi il lavoro finora svolto dal volontariato e riconosca anche come titolo - la pro- fessionalità e la competenza di chi, sul campo, ha speso molte delle sue energie per riabilitare persone dalla sofferenza della tossicodipendenza. E' un tentativo dunque (ancora da perfezionare e da correggere) per ripensare costruttivamente il rapporto tra servizi pubblici e servizi del privato sociale: senza tentazioni separatistiche, ma anche senza eccessive burocratizzazioni e ingabbiamenti. Ha il pregio di fornire una precisa normativa per il futuro e il «costo» di chiedere uno sforzo di adeguamento ad alcune comunità terapeutiche e una buona dose di elasticità a chi è chiamato ad applicare il decreto: le regioni. E' vero: se verrà interpretato e applicato in termini esclusivamente burocratici c'è il rischio che si azzerino decenni di lavoro di volontariato e che non venga riconosciuta quella competenza professionale che, con o senza titoli, è stata maturata. Allo stesso modo, però, annullare l'accordo può voler dire rinunciare a costruire quella chiarezza di cui tutti abbiamo bisogno. A cominciare da quanti sono ospiti delle tante comunità terapeutiche che sono presenti sul nostro territorio nazionale. Luigi Ciotti itti | Don Luigi Ciotti
Persone citate: Don Luigi Ciotti, Luigi Ciopone
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