«lo, testimone condannata a morte dai boss»

«lo, testimone condannata a morte dai boss» «Non riusciranno a farmi tacere nonostante le minacce. E lunedì riuscirò a vendicare la fine di mio fratello» «lo, testimone condannata a morte dai boss» Una donna calabrese sfida la 'ndrangheta: al processo parlerò IL CORAGGIO DELLE PAROLE VOGLIONO farmi tacere. Per sempre. Ci provano ogni giorno, sento le loro minacce come un fantasma che appare nei posti più impensati. Bigliettini e telefonate. "Ti taglieremo la lingua, così al processo non potrai parlare". "Ti caveremo gli occhi, così non potrai più vedere nessuno". Ma non mi fanno paura, non mi hanno mai fatto paura, figuriamoci ora, che sono ad un passo dal trionfo della verità. Parlerò, eccome se parlerò. Non temo la morte. Voglio soltanto giustizia». Teresa Cordopatri, donna coraggio calabrese. Lei da sola contro un clan della mafia calabrese, la mafia emergente, quella più feroce: è la storia di una sfida, di un braccio di ferro che dura da tre anni, dal quel mattino del 10 luglio del '91, giorno di sole e morte. Allora un killer sparò cinque colpi di pistola contro il fratello. Lei gli era vicino, fu colpita di striscio in un braccio. Dice: «Quella scena mi rimarrà per sempre nella testa. Mio fratello che muore, io che riesco a salvarmi: la pistola del sicario si inceppò quando fu rivolta verso di me. Mi misi a correre e ad urlare. Cercai di inseguire l'assassino che scappava. Tre lunghissimi minuti in cui buttai tutta la mia disperazione, la mia voglia di vendicare subito quei colpi di pistola, quel sangue. E quella morte». Teresa perde la prima battagc ■ il killer riesce a fuggire. «Iv* in mi sono arresa - racconta ort - ho cominciato a parlare, a fare nonJ, a raccontare tutta la mia verità. Le mie parole contro il piombo della mafia. Grazie a me l'assassino viene individuato e condannato. Grazie a me la giustizia riesce a mettere a segno u primo colpo». La storia di Teresa Cordopatri, 61 anni, è di quelle che esce da un copione ormai collaudato che troppo spesso è fatto di silenzio, è l'esempio del riscatto, della voglia di farla finita contro secoli di omertà e di morte. Da allora Teresa vive blindata e minacciata: la scorta sotto casa e le promesse di morte e di atroci vendette dei clan che arrivano, che escono dall'ombra. Da una parte lei, decisa ancora a parlare. Dall'altra gli uomini della 'ndrangheta, che vogliono farla tacere. «Lunedì prossimo - dice Teresa ci sarà il processo contro i mandanti dell'omicidio di mio fratello. Avrò di fronte a me il clan Mammoliti, quel clan che io so che ha ordinato l'assassinio. Da sola sosterrò le ac¬ cuse. Hanno ancora una settimana per farmi tacere. Ma non ce la faranno. Lo so. Io sono più forte di loro. Mi uccideranno? Ho lasciato una testimonianza che li inchioderà. Un lungo dossier che parlerà al mio posto se il fuoco della 'ndrangheta riuscirà questa volta a colpirmi. E' in un posto segreto, lo custodiscono persone fidate». Non ha paura per quel giorno che si avvicina. Almeno, non per sé. «L'unico mio timore - dice - è che il processo sfumi, che questa mia lotta, fatta grazie alla collaborazione di due giudici antimafia della procura di Reggio Calabria, il dottor Boemi e il dottor Pedone, possa finire nel nulla di fatto, che silenziosamente si rimetta il coperchio al pentolone che nasconde loschi affari e intrecci di mafia. Per 30 anni, in Calabria, la malìa ha prevaricato sugli uomini e sulle cose di molte famiglie della Piana di Gioia Tauro, nell'indifferenza dello Stato. E nel silenzio colpevole della gente». Non ha paura di parlare. «Lunedì prossimo li vedrò in faccia, le mie parole li inchioderanno sulle loro responsabilità. E' il giorno che attendo da tre anni. Voglio giustizia e voglio dare un esempio: alle donne e agli uomini della mia terra. Se parliamo, se usciamo allo scoperto ci saranno meno morti e meno prepotenza. Se continueremo a tacere continueremo a piangere lutti e assassini». Non ha paura di quei fantasmi. «A volte li sento sul collo, quelle parole mi rimbombano nelle orecchie, quelle promesse di morte arrivano nei modi più impensati. Io continuo a lavorare, ad aprire ogni giorno il mio negozio a Reggio Calabria. Mi proteggono i carabinieri, vivo sotto scorta, blindata. La sera vado a dormire in un luogo segreto. Ma riesco a riposare tranquilla. Questa è la mia strada: denunciare e far condannare. Sono sicura: le mie parole saranno più forti del fuoco della 'ndrangheta». Luigi Sugliano Saverio Saro Mammoliti, considerato il capoclan della potente famiglia della 'ndrangheta

Persone citate: Boemi, Luigi Sugliano Saverio Saro, Mammoliti, Pedone, Saverio Saro Mammoliti, Teresa Cordopatri

Luoghi citati: Calabria, Gioia Tauro, Reggio Calabria