Padre di tutti i portaborse innamorato del potere

Padre di tutti i portaborse innamorato del potere Padre di tutti i portaborse innamorato del potere IL PRINCIPE DEL TEATRO E: ROMA CCO, adesso sì: la storia della Prima Repubblica che sarebbe al lumicino per l'incedere travolgente della Seconda, forse non sembra più un titolo satirico di «Cuore», ma quasi una realtà a portata di mano. E' vero, Berlusconi e Cossutta non saranno il massimo del Nuovo, ma - questa sì è una notizia - Giampaolo Cresci, salvo ripensamenti, va a casa, travolto da valletti in polpe, tappeti persiani in leasing, cammelli a ore, portacenere di cristallo e fari alogeni a prezzi d'affezione. Tutte le eccentriche voci di bilancio che hanno condotto al disastro definitivo l'Opera di Roma e il suo butirroso (il copyright dell'aggettivo spetta a Giampaolo Pansa) Sovrintendente. Chi è questo Giampaolo Cresci? - si chiederanno molti lettori, travolti ormai, in una Coventry di scandali, da un bombardamento continuo di verità su pubbliche e private nefandezze. Noi vorremmo saper raccontarlo, ma - spiacenti - per commedie umane di questo calibro occorrerebbe la penna di Balzac. Ci limiteremo perciò a riferire che Cresci non è un grande personaggio istituzionale né un semplice portaborse, non è un superlativo Kissinger democristiano né un banale omino di mano, non è un cavaliere senza macchia né un elegante e inutile cortigiano. E', se vogliamo, l'essenza stessa della Prima Repubblica, nutrita di uomini e omini rapaci e capaci di riempire gli interstizi, maestri nel coniugare l'interesse privato del boss di turno (e proprio) come se fosse quello dello Stato. Già negli Anni Cinquanta, al «Giornale del Mattino» di Firenze, fucina di feudatari e vassalli del quarantennio democristiano, Giampaolino era una sagoma. Quando il direttore, Ettore Bernabei, se lo porta a Roma, Giampaolo trova il modo di rendersi utile al Padreterno, che a quei tempi era l'onorevole Amintore Fanfani. Il quale aveva una moglie simpaticissima e intelligente (famosa l'intervista a Gianna Preda, del «Borghese»), che in quell'Italia bacchettona di collitorti cerca anche di divertirsi, poveretta, per quel poco che può. Così, Giampaolino, come prima missione ufficiale, ottiene l'incarico di recuperare alcune fotografie assolutamente innocenti, scattate alla signora che balla durante una serata non camaldolese, ma che soltanto a menti un po' malate poteva apparire anche soltanto vagamente peccaminosa. Eccolo il tripudio del piccolo Giampaolo, che ne ottiene sempre più frequenti incarichi, fino ad approdare alla poltrona di capo ufficio stampa della Rai. Roberta, direte. Nient'affatto. In quei primi Anni Cinquanta Ettore Bernabei, il primo, il più grande, il più potente, l'è- terno direttore generale della Rai, incedeva per i corridoi bestemmiando, da buon toscano. E il butirroso Giampaolino lo precedeva di qualche passo, tra i sussurri terrorizzati degli astanti: «Arriva il Pesce Pilota», mormoravano i meschini. Il Pescecane sarebbe spuntato di lì a poco da qualche angolo, corrusco come un dio greco. Il potere che ha, Giampaolo non si fa scrupolo di usarlo: un giorno scopre che un giornalista che gli ha mancato di rispetto è dipendente dell'«Agenzia Italia», di proprietà dell'Eni di Eugenio Cefis. Non fa che alzare il telefono e ordinarne il licenziamento, pena il taglio di abbona¬ menti dell'ufficio-stampa Rai per 100 milioni, pari ad alcuni miliardi di oggi. Il Fanfanismo - pur con qualche merito iniziale - è stato forse una tra le peggiori malattie della Prima Repubblica, ma l'uomo di Arezzo era anziano e il Bernabeismo - non foss'altro che per ragioni di anagrafe l'ha scavalcato di vari lustri, in un intreccio infinito di nuove alleanze di marca de (perfino il diabolico uomo di Nusco ), tutte finalizzate a un solo obbiettivo: la conservazione del potere. Così, Giampaolino, sempre più mellifluo, s'è accodato a Bernabei all'Italstat, partecipando da par suo alla gestione della Madre di tutte le tangenti, che - checché ne dica Di Pietro non è affatto l'Enimont, ma sono i fondi neri dell'Iri. Ha trescato, p&i' mandato del suo capo e in proprio, con tutti i potenti di turno, compresi i più discussi. A cominciare da Licio Gelli, che fu il suo Gran Maestro, essendo lui uno dei tanti zelanti muratorini della P2. Ma anche lì, diavolo d'un uomo, tra compassi e grembiulini, Giampaolino riuscì a rendersi utile: fu lui, nel 1977, che gettonato da Gelli, oltreché dal suo dominus Bernabei, presentò ad Amintore Fanfani un trepidante Silvio Berlusconi, allora palazzinaro specializzato in periferie urba¬ ne con piste ciclabili, e soprattutto affascinato dal carisma dei potenti della Prima Repubblica. Quando i guai s'addensano, il piccolo-grande ciambellano della Prima Repubblica si ritira alla Sacis, la società commerciale per l'estero della Rai, dove non trascura di curare affari lucrosi per i suoi amici e per sé. Ma il suo spirito sociale è indomito: ha scoperto gli anziani e ne fa un grande cavallo di battaglia con l'Università della terza età e con la sua pomposa rivista «Prospettive nel Mondo». Come occuparsi utilmente dei vecchietti? Per esempio inducendo l'Italstat di Bernabei a varare, consulente il figlio medico del boss fanfanian-andreottian-demitiano, un programma di edilizia per i vecchietti da migliaia di miliardi, associandovi magari Ciarrapico, che in tempi andreottiani può tornare sempre utile. Sarà un'operazione tragica, una truffa da manuale. Ma capite adesso perchè Cresci non può essere definito un portaborse, ma è il mito ineguagliato di tutti i portaborse della Prima Repubblica? Se non l'avesse rovinato l'Opera, la megalomania dei cammelli, ancora oggi sarebbe assai ben messo per la Seconda Repubblica: il suo dante causa, Bernabei, comanda in Rai, è l'unico produttore «libero» che si può permettere di «dare la linea» con le sue produzioni. L'altro vecchio amico di grembiulino piduista rischia addirittura di diventare presidente del Consiglio. Scusate, dunque, la modestia della narrazione, ma per tipi come questo ci vorrebbe Balzac. Alberto Staterà Giampaolo Cresci si è formato alla scuola di Amintore Fanfani ed Ettore Bernabei E' stato per anni l'onnipotente capo all'ufficio stampa Rai Affiliato alla P2 è passato indenne tra i guai Italstat a

Luoghi citati: Arezzo, Firenze, Italia, Nusco, Roma