Piccoli e grandi leader al gran ballo dell'addio di Claudio Martelli
Piccoli © grandi leader al gran ballo dell'addio Piccoli © grandi leader al gran ballo dell'addio I GIORNI DEL TRAMONTO AROMA DDIO a tutti, allora, addio a tutto. Però adesso che è sicuro, adesso che sono uscite le liste è difficile trovare una formula decente di commiato per salutare quel che di primario è restato impresso. I mugugni di Craxi, per dire, «Uhm... uhm!». Forse, per questo addio, valgono solo i ricordi fisici, occhiate, colori, odori archiviati nel fondo della memoria. E Craxi, gigantesco, si ricorda sempre dal basso in alto, e spesso lo sguardo finiva imprigionato, ipnotizzato sulla stanghetta degli occhiali di resina rossa. C'era scritto, minuscolo ma leggibile, «Trussardi». Si tratta di vivere, ora, senza questa piccola, leggerissima e forse anche rassicurante conferma ottica. Vivere senza i riflessi azzurrini dei capelli di Forlani, pettinatura archetipica di un certo mondo (confronta, fra le tante, quella dello sfortunato portavoce di Cossiga, Ludovico Ortona). Ora che non c'è più Forlani in lista, uno pensa a quel tanto d'immaginoso e di fantastico che perde (il tono nasale e soporifero, il fratello Romolo, le perdite mirate di tempo, la «terza Italia» marchigiana, gli esempi tratti dalla vita degli animali, i bastioni di Novilara, il cane di casa più volte candidato a vari uffici, il pesce al gratin...), ecco, uno perderà questo e altro ancora - pazienza - ma intanto consegna alla storiografia l'enigma di questo protagonista che ancora non si capisce se è stato un grande o no. E sarà futile, o sarà inutilmente poetico e quindi parodistico stato d'animo, ma sembra impossibile non incrociare più in Transatlantico gli occhietti puntuti come spilli di un De Mita animato da burrascosa vis pedagogica. Né più stringere la mano di Signorile, che in certe stagioni odorava di mandarino. Fine d'epoca: lo si avverte ancora meglio quando si scorrono le liste e si contano le assenze. Anche qui le ripercussioni sono tollerabili, ma pure sintomatiche nella loro abitudinanef Basta, perciò, storie sulla barba di Goria, basta foto di Manca a cavallo, basta con il Nobel di De Lorenzo, con la stampella di Caradonna, con il rito propiziatorio detto deH'«imbodratamento» (che forse ancora non lo sa, l'incolpevole Bodrato, che per essere perfetto doveva puntare le mani sui fianchi, alzare il capo e guardare silenzioso il soffitto dei Passi Perduti mentre un trenta centimetri di cinghia spenzolava lateralmente, nemico ai passanti). Basta infine con la dichiarazione di Patuelli, evocato con sempre maggiore frequenza dai non addetti ai lavori per significare l'insignificante, l'incomprensibile, il banale, il superfluo di questa ultima fase della Prima Repubblica. Ah, se lo dice Patuelli, capirai... Una presenza metafisica. Nel senso che pochi sapevano come fosse in carne ed ossa il Patuelli che non si presenta alle elezioni. Il grande pubblico dei telegiornali teneva stampato nella testa e nel cuore, piuttosto, l'aspetto di altri ora in via d'estinzione. Politici, li credevano. Ma la ripetitività con cui venivano rilanciate quelle sembianze, l'armamentario di stereotipi che le accompagnava li rendeva più probabilmente delle maschere. E un Paese si può anche gioiosamente liberare delle proprie maschere, e tuttavia c'è sempre un momento in cui questa sottrazione crea un po' di disorientamento. Fa effetto, quindi, almeno per oggi, anche soltanto pensare chi sostituirà prima o poi (meglio poi che prima) la fatuità abbronzata e mondano-cosmopolita di un Altissimo; chi occuperà lo spazio che aveva nell'animo di tanti italiani ottimisti la vorace e trasandata brillantezza di un De Michelis; chi occuperà il target del pacifico buonsenso di Cariglia, «che sempre s'accontenta e tutto piglia». E dove mai si troverà un altro ideal-tipo alla Remo Gaspari capace di offrire dignità scientifica e perfino onestà al clientelismo? Eh, alla fine, con la sua voce stridula e magari mentre rosicchiava biscottini accanto all'autista dell'elicottero che lo portava a una sagra di cuochi sulla montagna, don Re' era così perfetto, come maschera, da sembrare finto. Quel giorno, disse, nulla assaggiò. Le ultime parole famose. Pensare che un tempo Formica, altro grande escluso, amava sottolineare la propria «immagine luciferina». E in fondo, come tanti Nell'archivio del Palazzo Craxi, Forlani e Altissimo L'ex segretario de Arnaldo Forlani Sopra Claudio Signorile, a lato Gianni Prandini e Luciano Lama, in alto a destra Claudio Martelli
Luoghi citati: Italia
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