I candidati arrivano col paracadute di Fabio Martini

Il siciliano Ayala si presenta a Cesena, l'abruzzese Del Turco a Bologna e la Bindi dribbla la sfida Il siciliano Ayala si presenta a Cesena, l'abruzzese Del Turco a Bologna e la Bindi dribbla la sfida I candidati arrivano col paracadute Nei collegi uninominali molti nomi imposti da Roma ROMA. Il candidato col «paracadute» più ciarliero si chiama Stefano Apuzzo: all'ultimo minuto lo hanno imposto in un collegio pugliese e lui, milanese d'adozione, per «giustificarsi» ha diffuso un comunicato che parla da solo. Ecco la premessa: «Ho vissuto a Napoli, Palermo, Mantova, Verona e Roma e non ho mai avuto problemi di adattamento» Tranquillizzati (forse) gli elettori pugliesi sulla sua adattabilità ad ogni clima, il verde animalista Apuzzo sfodera l'asso di briscola: «Ho un legame affettivo e familiare molto forte con la Puglia e la provincia di Taranto annuncia trionfante - e i pugliesi avranno da me il rispetto che un ospite porta al padrone di casa, anche se mi sento già a casa mia». Apuzzo, che sarà candidato dei progressisti, si sente già a casa sua anche perché il collegio che è riuscito a strappare (quello di Messafra) è uno dei 6-7 abbordabili dai progressisti nella Puglia nero-bianca di questi tempi e poco conta che da queste parti i Verdi abbiano ottenuto alle ultime politiche un misero 1,3 per cento. Ma Apuzzo, col suo comunicato barocco, è un'eccezione: di solito il candidato col «paracadute», imposto da Roma alle «province», spera di passare inosservato, spera che i riflettori restino spenti al momento del- l'atterraggio in terra straniera. Ma ora che le liste sono state depositate, quella che era soltanto una tendenza si è dimostrata un autentico fenomeno: l'Italia dell'uninominale è un'Italia di «candidati para». La caccia al collegio sicuro è diventata una febbre e lo spirito dell'uninominale - valorizzare chi vive sul territorio - esce ammaccato da questa prima prova. L'esemplare più diffuso è il «para di sinistra». Pur di avere la certezza di essere eletti, molti dei leader di prima e seconda schiera della sinistra hanno fatto salti mortali: il verde Gianni Mattioli, genovese, una cattedra universitaria in quel di Roma, nel '92 eletto deputato a Milano, sarà candidato nel collegio ultra-sicuro di Rimini-Riccione (la sinistra parte da uno zoccolo del 48-50%); il segretario del psi Ottaviano Del Turco, abruzzese, una vita a Roma, sarà a Bologna pianura-Est; il sicilianissimo Giuseppe Ayala sarà candidato nella romagnola Cesena; il verde ex dp Edo Ronchi, bergamasco, eletto deputato a Como-Varese, è emigrato in un collegio sicuro di Torino. Ma in qualche caso l'ansia da posto sicuro è costata cara ai meno disinvolti. E' il caso del professor Pietro Scoppola, una delle figure più lineari del cattolicesimo democratico. Dopo una lunga trattativa, i cristiano-sociali e Alleanza democratica trovano un accordo: Scoppola sarà capolista comune a Roma. Sembra fatta, ma spunta l'imprevisto: uno dei capi di Ad, il giornalista Ferdinando Adornato (che dal pds aveva ottenuto un collegio sicuro nella rossa Umbria) fa saltare tutto: «Ho accettato di sfidare Berlusconi a Roma centro - fa sapere Adornato - mi prendo i miei rischi e dunque penro sia giusto che sia io a guidare la lista proporzionale di Ad a Roma». Il professor Scoppola, poco abituato alle gomitate della politica, fa un passo indietro. Errore fatale: Adornato non sfida più Berlusconi, si tiene il posto al «caldo» in Umbria, ma anche quello di capolista a Roma. Morale della favola: il professor Scoppola resta a casa. Ma il fenomeno delle ultime ore è il «para radicale». Pannella, d'accordo con Berlusconi e Bossi, è riuscito a «piazzare» i suoi fedelissimi nel Veneto e in Lombardia. La cuneese Emma Bonino sarà candidata per il duo Lega-Forza Italia a Padova centro, il romagnolo Sergio Stanzani a Verona centro, Peppino Calderisi a Campo San Pietro, il napoletano Elio Vito a Bollate, Marco Taradash a San Giuliano Milanese. E mordono il freno i leghisti. «Hanno fatto tutto a Roma!», sbotta Giampaolo Gobbo, vicesegretario della Liga veneta. «Ci prendono a pesci in faccia», dice il deputato di Conegliano Fabio Padovan. E al centro? Pochissimi «para», anche perché di collegi sicuri non ce n'è neanche uno. Ma la sorpresa dell'ultima ora c'è anche nella squadra di Martinazzoli e Segni. Rosy Bindi, la «popolare» più famosa d'Italia, uscita brillantemente dall'ultimo faccia a faccia tv col berlusconiano Martino, non ha avuto il coraggio di accettare la sfida in campo aperto. La Bindi non sarà candidata in un collegio uninominale, non se l'è sentita di correre il rischio di una sconfitta e dunque si limiterà a guidare la lista dei popolari nel Veneto. «Ci siamo imposti una regola - spiega Giampaolo D'Andrea, del ristretto staff di Martinazzoli che è quella di una sorta di incompatibilità: chi si candida in un collegio non può esserlo anche nella parte proporzionale». E la battagliera Bindi ha scelto la soluzione più redditizia per il partito, ma anche quella più sicura. «Ma questa è la regola - dice Francesco D'Onofrio - uno dei capi del ecd -: tutto quella che resta della vecchia oligarchia, della vecchia nomenclatura, nessuno escluso, si è rifugiato nel proporzionale. E questo in previsione di un fenomeno che prenderà corpo nelle prossime settimane: col clima che c'è oggi nessuno può essere certo dell'elezione nel proprio collegio. Neanche Bossi, Berlusconi e Fini». Fabio Martini r M\Nf \JE>€»4 ■-jJJlONOInJ, m 1 ««■ ^