Il 18 febbraio al Palasport «Parnassius Guccinii» di Gabriele Ferraris

CANTAUTORI TANTO vale ammetterlo: salterebbe agli occbi comunque. Ci è impossibile annunciare il concerto di Francesco Guccini, venerdì 18 febbraio al Palasport (ore 21, ingresso 33 mila lire compresi i diritti, organizza Metropolis), con il distacco che riserveremmo ad una delle troppe manifestazioni musicali che ci lasciano indifferenti e che invano tenteremmo di farci piacere. Guccini ci piace. Ci piace, acriticamente, qualsiasi cosa dica, canti o beva. Tale smodata passione è condivisa non soltanto da innumeri ex ragazzi della nostra età - o già inoltrati nei territori inquieti degli «anta» ma anche da frotte di giovincelli che hanno appreso i versi di «Dio è morto» e «Radici» forse in culla, da genitori gucciniani. Perché essere gucciniani è una condizione dello spirito, e si tramanda di padre in figlio. Noi, che non possiamo non dirci gucciniani, abbiamo pensato di celebrare il ritorno del saggio di Pavana non raccontando quel che ci offrirà il concerto, né celebrando «Parnassius Guccinii», l'album nuovo e assolutamente bello (noi gucciniani escludiamo l'esistenza, puranco ipotetica, di un «album brutto» di Guccini). Vi offriamo, invece, un piccolo dizionario; il nucleo di una «Enciclopedia Guccini» che qualcuno, prima o poi, dovrà pur scrivere. AMERICA. Oggi «Nazione di bigotti» che tiene in galera la Baraldini. Ieri, massimo mito giovanile (sebbene «vuoto» e di «terza mano») di Guccini e della sinistra tutta: da Pavese a Veltroni. B ERTONCELLI Riccardo. Il primo critico musicale italiano immortalato in una canzone, 1'((Avvelenata»: «Ci sarà sempre, lo sapete, un musico fallito un pio un teorete un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate». In seguito, Guccini conobbe Bertoncelli, lo trovò simpatico e decise di cambiare il testo in «un Luzzatto Fegiz o un prete...». S'imbattè tuttavia in Fegiz. Simpatizzò pure con lui. A quel punto, tanto valeva tornare alla prima versione. CULODRITTO. La figlia. E' difficile essere la figlia di Guccini: il ruolo è invidiato da migliaia d'adolescenti. Come essere la fidanzata di Fiorello. Guccini invidia Fiorello? Ah, saperlo. Di certo, nega di aver partecipato al Karaoke. EBORAH Kooperman. La chitarrista statunitense a lungo affiancò Guccini sul palco. Oggi c'è Flaco. Chissà, forse Francesco la rimpiange. Non scadiamo in illazioni da «Novella 2000»: però il Nostro ha scritto molte canzoni per un perduto amore americano, e poche dedicate agli argentini. E MILIA, via. Il gran fiume della padana gente. All'altra estremità c'è il West. AVRE. Porto francese che, apprendiamo da «Amerigo», sa di olio e mare. T OMADI. Interpreti di canzoni gucciniane: o meglio, di canzoni come «Dio è morto», «Noi non ci saremo» e «In morte di S. F.» che risultano scritte da certo Pontiack. All'epoca Guccini non era iscritto alla Siae: i pezzi - per esigenze legali - erano appunto firmati Pontiack. IPOCRISIA. Nostra Signora dell'-. Tra «La domenica delle salme» di De André e il quaresimale di Guccini passano quattro anni, e sembran mille. Vedrà giusto, il saggio di Pavana, quando annuncia che alla fine qualcuno «piano, in silenzio, tornò a pensare»? Boh. LOCOMOTIVA. Naturalmente. L'esecuzione dell'inno è ormai una delle poche occasioni per vedere una selva di ostentati pugni chiusi. ASTURBARSI. Attività che Guccini - informa T«Awelenata» - predilige, dopo l'«ubriacarsi» e più dello «scopare». OSTERIE. A Bologna, decine di mescite si vantano d'aver ospitato il Nostro. Come le case dell'Isola d'Elba con Napoleone. PENNSYLVANIA Station: la sua strada andava - e supponiamo che continui ad andare - sempre dritta, ad occidente, fra torri in ferrovetro eccetera eccetera. Ennesimo capitolo dell'epopea americana del Guccini. Massimo rispetto al padre della beneamata di turno: trovarsi a tu per tu con due metri guccineschi che ti definiscono «un fesso» e urlano «rivoluzione!» dev'essereun'esperienza sconvolgente. aHELLO che non. Il «disco difficile». Guccini flirta con il jazz. Dietro, c'è lo zampino di Claudio Lolli. IVOLUZIONE. Vedi la voce «Pennsylvania Station». SCALE. Scendendo lungo le quah Guccini incontra un antico amore. «Presto scoprii che era diventata una terribile stronza, e pensai di cambiare il verso in "correndo la buttai giù dalle scale". Alla fine preferii lasciar perdere». TETTE. L'ultima frontiera di Guccini. Lui per vederle ci ha impiegato tanto, filosofando pure sui perché. Vuoi mettere la soddisfazione? UNITA'. Averla in tasca era segno distintivo degli audaci: lo dice «Eskimo». Vedi anche la voce ((America». VINO, diranno i lettori. E invece no. «Vacca d'un cane». Il secondo romanzo gucciniano, dopo «Croniche epafaniche». A taluni non è piaciuto. Ne scrivano loro uno migliore, vacca d'un cane! ZOO. Un tango con Snoopy; anatre sulla taigà; il volo del tacchino. Chi indovina a quah canzoni ci riferiamo può fregiarsi del titolo di «Guccinianus emeritus». Gabriele Ferraris CANTAUTORI ALFABETO GUCCINIANO //18 febbraio al Palasport «Parnassius Guccinii»

Luoghi citati: Bologna, Pennsylvania