IDENTIKIT PER UN SANTO

tutto! i bri LA STAMPA lvbbraìo 1994 delle sue DUE o tre immagini di Francesco d'Assisi galleggiano nella memoria collettiva, capaci di sintetizzare idee, sentimenti, forme culturali, nell'evidenza muta e immobile dell'icona. Lo vediamo in piedi, mentre con gesto di pace dialoga fraternamente con gli animali, il lupo di Gubbio o gli uccelli. Poi a Greccio, chino sulla mangiatoia nella quale mette in scena per l'edificazione dei laici, in un tableau vivant di straordinaria efficacia simbolica, il più arduo e umano fra i misteri. Infine nella solitudine aspra della Verna, accompagnato solo da un fraticello che cede al sonno, mentre riceve le stimmate, a braccia aperte, abbacinato dalla luce di un serafino le cui sei ali si protendono in cielo a formare una croce. Fra le rappresentazioni medievali di Francesco è negli occhi di tutti il ciclo giottesco della chiesa superiore di S. Francesco ad Assisi. K i .11'«inquadratura "prospettica" che profondamente infenestra la serie francescana di Assisi» - secondo la formula sapiente di Roberto Longhi - il già grande «Giotto spazioso» rammemora, sintetizzandone molte storie d'immagini e molte storie di parole, e incastella un'affascinante vicenda culturale «nelle "scatole mimiche' narrazioni». Giotto dipinge la sequenza assisiate intorno al 1290. Sul tema delle stimmate ricevute o impresse nelle carni di Francesco tornerà in una tavola oggi al Louvre, databile al 1300 circa, e poi ancora nel 1320 nell'altro, maturo affresco fiorentino della cappella Bardi in S. Croce. Dalla prima alla terza rappresentazione lo schema iconico rimane inalterato: a sinistra in basso, sul monte desolato, il santo in ginocchio; in alto a destra un Cristo barbuto, le mani e le gambe distese a croce, il corpo avvolto in tre coppie di ali; cinque raggi di luce dorata uniscono le ferite di Cristo a quelle che sbocciano come fiori di sangue nelle mani, nei piedi e sul costato di Francesco. Vale la pena di fermarsi a riflettere su quelle figure famose. A guardar bene, dall'una all'altra mutano sfumature e dettagli. Ad esempio a Firenze scompare, sul bordo sinistro, la cappella dalla cui porta aperta, ad Assisi e nella tavole del Louvre, s'intravedeva un altare, e sulla cui porta spiccava una croce; già nella tavola parigina manca anche il frate che legge un libro, nell'angolo inferiore destro; Cristo, ad Assisi e al Louvre, tiene le braccia protese, quasi in uno slancio di volo: a Firenze è inchiodato su una gran croce che spicca nel cielo notturno; Francesco, barbuto nei primi due dipinti, è glabro nel terzo; e la posizione del suo corpo si rovescia a specchio, poggiando a terra non più il ginocchio destro, ma il sinistro; in questo modo i cinque fili d'oro che trasmettono le piaghe dolorose non s'incrociano più, ma saettano su linee che tendono a disporsi quasi in parallelo (e che sono anche tracce di tensione prospettica). Il buon Dio, lo sappiamo bene, risiede nel dettaglio. Dal dettaglio l'opera si tradisce, trasmettendo la propria individualità. Ci parla dei contesti storici, denuncia fonti e mutamenti ideologici. Le «variazioni sul tema», i leggeri slittamenti formali o contenutistici, non dipendono soltanto da cambiamenti di tecnica o di stile dell'artista. Da Warburg a Panofsky abbiamo imparato a leggere in filigrana, dietro alle forme iconiche, le idee culturali, politiche, religiose che le «ispirano» e che chiedono, per venir comprese e conservate, d'essere tradotte in schemi figurali. In sostanza (proprio Warburg per primo lo dimostrò) le percezioni minime, le sfumature, i punti di vista tangenziali, insomma gli sguardi in tralice, scivolano attraverso le maglie dell'immagine più facilmente che nei canali delle parole. Anche l'originaria immagine fermata da Giotto e le sue varianti successive, quindi, sono impastate insieme di idee e di colori: si tratta di scoprire quali parole, ammutoli¬ IISan l IISan l IN I Warburg di Ron Chernow, illustratore con forti qualità di storico e di psicologo delle vicende pubbliche e private di grandi dinastie di capitalisti (Rizzoli, pp. 917, L. 75.000), vi è una citazione illuminante di Gertrud Bing, la collaboratrice di Aby M. Warburg, il geniale fondatore ad Amburgo della Biblioteca Warburg di Storia della Cultura, matrice, dopo il trasferimento a Londra all'avvento del nazismo, del Warburg Institute, uno dei centri più prestigiosi e innovatori degli studi di storia dell'arte: «Si potrebbe dire che nelle sue opere su Firenze Warburg scrivesse la propria versione dei Buddenbrook». Si riferiva al fatto che, nei suoi studi giovanili a Firenze a fine '800, Aby Warburg analizzava altrettanto le forme dei quadri di Botticelli quanto i contratti mercantili dei Medici, supporto economico del loro mecenatismo e della loro politica di prestigio culturale. Chernow suppone, a ragione, che Aby istituisse un rapporto ideale fra la Firenze medicea e la sua Amburgo mercantile negli anni del decollo dell'Impero tedesco e dei banchieri Warburg, con il fratello minore Max M. intrinseco del Kaiser Guglielmo II. La straordinaria saga familiare fra Germania, Usa e Inghilterra che il libro descrive contiene un tasso di drammaturgia e di interazione fra microstoria e storia collettiva quale nessuna saga letteraria può vantare: né nel modello alto dei Buddenbrook, rispetto al quale, nei Warburg, alla complessità dei rapporti psicologici e generazionali interpersonali si aggiunge quella del rapporto travagliato con la tradizione ebraica (i «vecchi» Warburg banchieri fondatori, Siegmund e Moritz M., portavano nei viaggi d'affari i propri cuochi «kosher»); né nei più abili marchingegni storico-biografici di un genere di successo tipicamente anglosassone nel nostro secolo. Quale inventore di situazioni saprebbe immaginare l'inizio del prestigio amburghese dei Warburg attraverso l'arrivo nella città anseatica, in crisi finanziaria nel 1857 dopo la guerra di Crimea, del «treno d'argento» da Vienna, con l'approvazione di Francesco Giuseppe, per i buoni uffici di Paul Schiff, amministratore del Credit-Anstalt viennese dei Rotschild e genero del primo Abraham (Aby) S. Warburg? Siamo alle prime pagine della storia e del volume, 0 cui inizio in senso stretto registra la venuta nel 1559 a Warburg in Westfalia di Simon von Cassel, cambiavalute e usuraio con il salvacondotto tutto! i bri