LORIA: LA VITA E'UNA RECITA

LORIA: LA VITA E'UNA RE CITA LORIA: LA VITA E'UNA RE CITA Un ritorno dagli Anni Trenta CONTINUA la doverosa riscoperta di Loria, come testimoniano gli atti del convegno fiorentino, tenutosi nel 1991 (nell'89 è apparsa una silloge di racconti «editi e inediti», a cura di Franca Celli Olivagnoli, editore Ponte alle Grazie). Certo, il punto va fatto, per uno scrittore come Loria, di cui la critica si è sempre occupata in maniera sporadica e occasionale, sull'onda, magari, del successo di alcuni testi (ad esempio La scuola di ballo, forse il suo più noto, pubblicato nel '32): ma per autori consimili, difficilmente iscrivibili in correnti, sempre inclini a catapultarsi, per la disperazione dell'esegeta, al di là dei bastioni entro i quali sembravano nell'opera precedente saldamente arroccati, sempre mclini, insomma, allo sconfinamento (di produzione «isolata e eccentrica all'interno del contesto fiorentino, votata a un genere, quello fantastico, e insieme pronta a tradirne le clausole» parla a ragione la Guerricchio nella sua introduzione), il lavoro di ricostruzione della vicenda interiore e letteraria non è mai stato facile. E il vero impegno critico nei suoi confronti si è arrestato, , tutto sommato, a quel- Arturo L lo, importante ma ormai troppo remoto, di De Robertis, Cecchi, Solmi o Montale a proposito della fortunata trilogia degli Anni 28-32 (Il cieco e la Bellona, Fannias Ventosca e La scuola di ballo, Edizioni di «Soiaria»). In tal senso 0 presente volume costituisce un approdo e un forte pungolo ad una ulteriore riflessione. L'ottimo intervento di Luigi Baldacci è soprattutto volto a dimostrare la «irregolarità» dell'autore («tra i massimi del nostro secolo», non esita a dire), e come la qualifica di solariano poco gli si attagli, anche in considerazione dello stesso poco potere aggregante di «Solaria» («non si decanta in una scuola»). Ne risulta la figura di Loria isolato e decadentista «integrale»: «Se per decadentismo s'intenda quell'ottica in cui ogni affermazione della vita è non dico pagata ma go¬ duta nella consapevolezza di un memento mori [...]. Ma poi, a guardar bene, e a conferma di un decadentismo anche più integrale, non si riscontrano in Loria vere affermazioni della vita: la vita è bensì sostituita dalla sua recitazione, dal desiderio stanco». «Renitenza alla vita» (di «autobiografismo dell'escluse» scrive ancora Baldacci), continua tendenza regressiva, e al contempo grande capacità di impiantare uno scenario fittizio (fittizio doppiamente, letteratura della letteratura è la sua) contro il quale far muovere i suoi personaggi crepuscolari, appaiono le caratteristiche di Loria, che ben esempla e riassume le inquietudmi novecentesche e non ■ oria, l'autore di «La scuola c/i ballo» solo. Rita Guerricchio firma nel volume anche un saggio su Loria e il racconto fantastico degli Anni Trenta: un rapido excursus sul genere così pericolosamente definito e definibile quale appunto il cosiddetto «fantastico» del nostro secolo, da cui Loria si distanzia imboccando percorsi affatto personali. Il suo è un «fantastico esistenziale», che vive di metafore ossessive e autostabilizzanti, prima fra tutte quella d'una scrittura-rifugio in cui sancire il proprio esilio volontario-coatto dalla vita. Assai rivelatore il brano inedito tratto da un blocco di appunti datato 1949, dove Loria così annota a proposito di alcuni scrittori amati: «Comune a Hawthorne, a Melville e a Poe è l'incapacità di raggiungere un'esperienza reale. Incapaci di affrontare la vita essi costruiscono strutture di sogno e fantasmagorie in cui abitare o rifugiarsi in difesa delle intollerabili richieste del mondo normale». Naturalmente la frase suona incontrovertibilmente autobiografica; quella «inarrivabilità» della vita è anche la sua. A Giuliano Gramigna si deve un efficace e originale intervento dal titolo La tromba e il fuoco: funzionamento dei segni in Loria. Semplificando al massimo, ricorderò che la tromba, oggetto «significante» del racconto dal medesimo titolo (nella raccolta II cieco e la Bellona) è per Gramigna (e lo dimostra, sul che non posso dilungarmi) il «veicolo segnico della coppia strutturale salita-sprofondamento»; laddove il fuoco, nel racconto II cieco e la Bellona, avrebbe la funzione di operare «una sessualizzazione tanto segreta quanto profonda» del testo loriano. ■ Ernestina Pellegrini e Gloria Manghetti ugualmente si occupano di lati in ombra: la prima, nel saggio sulYEbraicità nascosta di Loria evidenzia, col suo solito illuminante metodo di scavo tra le pieghe più riposte dell'interiorità degli autori studiati, la ricerca loriana d'una «agnizione», a partire da una certa epoca, rispetto alla propria «condizione occultata», all'«oggetto misterioso delle proprie origini» {Antenati è un brano di Loria del 1936). La Manghetti, invece, esplora e dà conto, con intelligenza e un ammirevole e raro senno nelle valutazioni - di qualsiasi natura esse debbano essere - del Fondo Loria conservato presso il fiorentino Archivio Contemporaneo «Alessandro Bonsanti», di cui ha curato la schedatura, incontrando gravi difficoltà nel riordino di un materiale frammentario e apparentemente caotico. A lei soprattutto si deve l'attuale possibilità di consultare i preziosi manoscritti dello scrittore. Idolina Landolfi AA.W. L'opera di Arturo Loria a cura di Rita Guerricchio Festina Lente, pp. 200. L 45.000

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