Parliamone di Gianni Vattimo

Parliamone Parliamone L'INTELLETTUALE NON E' PIGRO PER FAR POLITICA CI VUOLE TEMPO MA davvero quello che si è verificato negb ultimi giorni, quando tanti intellettuali hanno rifiutato le proposte di candidarsi nei vari «poh» (soprattutto in quello progressista), è stato un ennesimo segno della codardia, pusillanimità, pigrizia o spirito di disimpegno che sono - si dice un vecchio vizio dei nostri uomini di cultura? Questo è, più o meno, ciò che sostiene Ferdinando Adornato nella sua intervista a La Stampa del 16 febbraio. Adornato non sembra però tener abbastanza conto di molte buone ragioni (da lui stesso citate) che hanno motivato questi rifiuti, e del problema più generale che essi pongono. Nelle alleanze che si sono costituite per le elezioni pobtiche è risultata molto più sensibile l'eterogeneità degli accostamenti, che invece nelle elezioni comunali della primavera e dell'autunno, con un unico candidato a sindaco e con il doppio turno, restava in secondo piano. Non solo: per un intellettuale, un professionista, un qualunque esponente della «società civile*) era relativamente meno difficile decidersi per un impegno a tempo pieno come sindaco, piuttosto che cercare di diventare deputato o senatore in una coalizione molto ampia e spesso eterogenea, che non garantisce affatto la possibilità di una presenza incisiva e determinante. Un grande avvocato, un medico affermato, un accademico autorevole esitano legittimamente davanti alla prospettiva di diventare «peones» in un variopinto gruppo parlamentare. Possono con qualche ragione ritenere che il loro impegno politico abbia più senso se esercitato fuori dal Parlamento, nei loro ruoli abituali. In definitiva, quando hanno deciso di impegnarsi pubbhcamente a favore di questo o quello schieramento, molti di questi esponenti della «società civile» (ma forse d'ora in poi sarà sempre più difficile usare questa espressione senza implicazioni ironiche o svalutative) volevano solo ricominciare a fare pobtica come cittadini qualunque, che contribuiscono alla definizione di programmi, candidature, ecc., ma che non per questo si preparano ad abbracciare quella che, nonostante tutto, resta una carriera specifica, la carriera pobtica. E' ignobile pensare di poter fare politica in questi limiti? Ma a sostenere il contrario non si riafferma la necessità del «professionismo» politico, per cui se ci si impegna deve essere o tutto o niente? E forse è proprio la questione della possibihtà di far pobtica non da professionisti, non a tempo pieno, quebo che emerge come problema di fondo in questa discussione. Da un lato, gli intellettuab che si confrontano con la possibilità immediata di diventare deputati o senatori scoprono spesso di non avere le competenze che occorrerebbero per non finire comunque stritolati dalla routine parlamentare. Volere o no, la pobtica richiede una certa professionahtà, e può darsi che l'ideale del pobtico non professionista, che tutti intimamente coltiviamo, finisca per rivelarsi un mito irreahzzabÙe. Non che si debba rinunciare, allora, al rinnovamento deba pobtica. Ma bisogna probabilmente prender atto che il tanto invocato ricorso alla società civile è un rimedio ancora troppo debole e contraddittorio per bastare allo scopo. Gianni Vattimo

Persone citate: Ferdinando Adornato