Apriamo la canzone a tutte le culture

Apriamo la canzone a tutte le culture r I DISCHI Apriamo la canzone a tutte le culture l-\ LTRO che iniziative JL JLche proteggano la musica italiana, altro che destinare quote fisse alle nostre canzoni nelle programmazioni radiofoniche. Siamo proprio sicuri che per salvare la nostra canzone sia giusta la via protezionistica? Questa può andare bene per il panda, non per la cultura, la quale deve trovare da sola la forza di rinnovarsi altrimenti finisce per diventare una patetica imitazione di se stessa. L'esempio francese è lì pronto a smentire questa ipotesi quasi autarchica: gli unici a offrire idee originali e a varcare i confini nazionali sono artisti (ad esempio Les Negresses Vertes e Khaled) che di francese usano solo la lingua, mentre suoni e cultura sono d'importazione. Non bisogna poi dimenticare che la maggior parte dei nostri migliori musicisti ha contratti con multinazionali discografiche. Ed è molto importante che queste imprese continuino a reinvestire in produzioni di artisti italiani il denaro guadagnato vendendo dischi stranieri in Italia. Una condizione che oltretutto garantisce alle nostre voci contatti internazionali. Se un prodotto italiano piace anche all'estero (un esempio per tutti, Eros Ramazzotti) vuoi che il discografico straniero non sia contento e prodigo di ogni sostegno? La nostra canzone d'autore ha avuto anni fecondissimi e felicissimi ma si è sempre più attorcigliata su tematiche molto nostrane. E nello stesso tempo agghindata di suoni presi a prestito da inglesi e americani. Non è solamente un problema di lingua, ma di proposta globale: originale per il pubblico interno, ma non in tendenza per quello internazionale. E forse il difetto principale delle nostre canzoni è quello della verbosità. Guccini è tanto bravo per noi, ma che ci farebbe a Liverpool o a Seattle? Per meglio comprendere le ragioni dello stallo della canzone italiana andiamo tra le nuove proposte discografiche. Una piccola serie di esempi presi dall'attualità, ma che alla fine riescono a sintetizzare la situazione globale: è notevolmente migliorata la cura degli arrangiamenti, ma si privilegia tropi io il testo, a costo di sacrificare la parte musicale. E poi si fa troppa filosofia o poesia banale, non c'è più il gusto del racconto, dell'inventare storie di persone, del creare metafore. Tutto si confonde, si assomiglia. Prendiamo l'ultimo Jovanotti, quello di «Lorenzo 1994» (Mercury, 1 Cd). Diciotto canzoni intense, corpose, con testi intelligenti, gonfi di umori e sensazioni, un linguaggio ricco, molto espressivo. Ma fuori dall'Italia ha senI so il suo rap? Lo vedete nel I Bronx con la sua esse che sci- vola da una radio in spalla ad un nerissimo nerboruto? Cambiamo genere e prendiamo Graziano Romani con il suo omonimo album (Wea, 1 Cd). Un rock di buona fattura ottime le chitarre), grintoso e dai ritmi sostenuti; una voce arrocchita a creare atmosfere cattive. Poi ascolti in «Cuore, corpo ed anima»; «Attratti dal centro della terra/' siamo sassi, acqua, fili d'erba/ balliamo insieme fino all'alba/ toccando l'infinito finirà...». Ma che avrà voluto dire? I testi cercano di esprimere rabbie e inquietudine, ma suonano falsi, ermetici, sconclusionati. Non se la cava meglio il più noto Gatto Panceri con «Succede a chi ci crede» (Mercury, 1 Cd). Anzi. Un tempo c'erano i 45 giri, una canzone bella e un retro e via pedalare. «Abita in te» è un bel motivo e c'è poco altro. Testi straniti a parlare di amore. Non suggeriscono poesia versi come «Niente più mi tocca/ Baciarti sulla bocca e sentirmi sgomento di pioggia». Interessante è Kaballà con «Le vie dei canti» (Polydor, 1 Cd). Viene il sospetto che l'italiano sia molto più espressivo quando usa il dialetto, qualunque sia. Acquista maggiore espressività, incisività. Kaballà con il siciliano colora canzoni abbastanza uguali ma ricche di arrangiamenti fantasiosi, mediterranei. Poi ci si imbatte in un'antologia, «I Cetra. Classici e inediti» (Fonit Cetra, 1 Cd), e si apre il cuore. Canzoni leggere, ma quanta fantasia, gusto ed eleganza. Sono 15 brani datati e improponibili ai giovani, ma un esempio di sapienza musicale. Dall'effervescente telefonata di «Musetto» al delicato umorismo dell'amore tra Elvira la donna cannone e il nano Gastone, da Gershwin e «I'm on my way» fino alla «Vecchia fattoria» (presa dalla versione di Nat King Cole) copiata anche da Frank Sinatra. Non c'è l'irruenza, la forza del rock, ma equilibrio e sintonia tra testi e musiche, padronanza dei mezzi espressivi, originalità. Avevamo dei maestri, non è possibile proseguire sulla loro strada? Lo si è fatto in passato, è possibile riprovarci. Non serve erigere zoo: è meglio costruire pdrchi naturali Alessandro Rosa «al e e a a a , e a a Unite

Luoghi citati: Italia, Liverpool, Seattle