L'ultimo giorno dello Sciacallo
t Scomparso a 71 anni in Paraguay, dove viveva in esilio, l'uomo che ispirò il best seller di Forsyth L'ultimo giorno dello Sciacallo Georges Watin, killer da 16 milioni di copie per uccidere De Gaulle "%~t| N piccolo funerale per un I grande killer. Un killer da I sedici milioni di copie. E' I I morto a Asunción, in Pa- - ^ I raguay, dove viveva in esilio dal 1965, Georges Watin, 71 anni, il sicario che per ben sette volte, fra il '59 e il '63, attentò alla vita del generale Charles de Gaulle. 11 professionista. Lo Sciacallo. Il protagonista del romanzo di Frederick Forsyth [Il giorno dello Sciacallo, Mondadori) e del film omonimo girato da Fred Zinnemann nel '73, personaggio vero diventato ispiratore e emblema di innumerevoli trame di spy-story immaginarie. «Uccidere il generale. Lo volevo con tutte le mie forze, perché era l'unico modo per fargli pagare il suo tradimento: l'indipen- denza concessa all'Algeria». Lo diceva apertamente, Georges Watin, nel polveroso sobborgo di Asunción, capitale di quel Paraguay divenuto per molti anni tranquillo rifugio per mercenari e sicari di mezzo mondo. Nel romanzo di Forsyth l'attentato contro De Gaulle falliva. Proprio come era accaduto in quella giornata primaverile del '63. «Ma le cose furono molto più semplici di come sono raccontate nel libro - diceva Watin -. Io non ero vestito da vecchio reduce, non avevo tutte quelle meda¬ glie sulla divisa, come si vede anche nel film. E non portavo una finta stampella nella quale era nascosto il fucile di precisione. Eh sì, quello scrittore e quel regista hanno raccontato un sacco di frottole». Lo Sciacallo non amava ricor¬ dare il passato. Ma quando lo faceva, parlava da protagonista. E allora raccontava il suo film, il suo romanzo vero. Una caserma di Parigi, un locale, una finestra che si apriva sulla piazza dove avrebbe parlato il Generale. Angolo di tiro perfetto. Il fucile, modello «Herstal», arma belga di alta precisione, procurata da un complice, la divisa di ufficiale fornita dall'Oas, il gruppo terroristico di estrema destra che lo aveva arruolato. Sequenze del piano: il Generale che arriva sulla piazza, lo Sciacallo vestito da ufficiale che saluta le sentinelle, quindi supera il cancello per raggiungere il locale dell'attentato. Il Generale parla alla folla, il killer si avvicina in punta di piedi alla finestra. Sguardo sulla piaz¬ za, fucile puntato. Il mirino che passa in rassegna la gente, una faccia dopo l'altra, fino a inquadrare la sagoma del Generale. L'occhio incollato sul cannocchiale, il dito pronto a premere il grilletto. Ma qualcosa non funzionò. Una soffiata. Un ufficiale ubriaco parlò e l'attentato fallì. «Fuggii allora in Svizzera, e qui mi arrestarono. I francesi chiesero la mia estradizione ma gli svizzeri preferirono l'espulsione. Fuggii in Spagna e poi arrivai qui, in Paraguay». Una vita vissuta in povertà. Ci teneva a dirlo. «Non ero un mercenario. Non ho mai ricevuto un centesimo dall'Oas, anzi, per aiutare la nostra lotta ho venduto tutte le proprietà della mia fami¬ glia, mille ettari di eccellenti vigneti». Tutta colpa dell'Algeria. Di quella guerra crudele che i militari dicevano di avere vinto e che De Gaulle «volle perdere». Lo Sciacallo era stato condannato a morte nel '63, poi, nel '68, aveva beneficiato di un'amnistia. Ora ha finito il suo giorno. Nel romanzo, il killer veniva sepolto in una tomba senza nome alla periferia di Parigi. Non un parente. Non un prete. Non un'autorità. Solo un uomo: l'ispettore Claude Lebell, il poliziotto che gli aveva dato la caccia ed era venuto a salutarlo. Lebell lo rispettava. Perché, in fondo, era uno come lui. Un professionista. Un vero professionista. Mauro Anselmo Fra il'59 e il'63 attentò sette volte alla vita del Generale t Nell'immagine grande una scena del film «Il giorno dello Sciacallo». Sopra Georges Watin, a destra Frederick Forsyth : si : ■
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