«Grave crisi con la Russia se colpite»

Ripetiamo: quella strage era musulmana «Grave crisi con la Russia se colpite» L'inviato di Eltsin: resterò qui a sfidare le bombe MOSCA DAL NOSTRO INVIATO I circa 400 para russi non arriveranno in zona operativa, nei pressi di Sarajevo, prima di lunedì mattina, cioè dopo la scadenza dell'ultimatum della Nato. Partiti da Kliza, in Croazia, via terra, a metà giornata di ieri, dovranno percorrere circa 300 chilometri di strade infestate da armati di tutte le parti in guerra. Tempo previsto: da 36 a 48 ore. Così il tira e molla, forse abilmente inscenato dagli stessi russi, consente loro di rimanere al di fuori della zona potenzialmente bombardabile nel momento in cui, un'ora dopo la mezzanotte di oggi, scatterà l'ora X. In quella zona e a quell'ora, in compenso, ci sarà un altro russo, l'inviato speciale del Cremlino per la ex Jugoslavia Vitali Ciurkin, che resterà a Sarajevo, ha fatto sapere, fino all'una di notte, «per vedere che non ci sia assolutamente nessuna sorpresa». In un'intervista, Ciurkin ha minacciato «una grave crisi fra Russia e Occidente» in caso di attacchi aerei Nato contro i serbobosniaci: «Per ora non si è verifi- cata alcuna frattura, solo un episodio che non dobbiamo drammatizzare. Tuttavia - ha soggiunto Ciurkin - questo episodio può degenerare in una crisi se, nonostante l'iniziativa russa, la Nato compirà azioni insensate e avventate». Sulla questione dei 400 para, la mattinata di ieri aveva registrato un'altalena di dichiarazioni contraddittorie, tutte di parte russa. Il portavoce delle truppe aviotrasportate aveva dichiarato - secondo l'agenzia di stampa Postfaktum - che i Caschi blu del Cremlino non sarebbero partiti affatto fino a che non fosse venuta dal comando Nato una chiara indicazione della rinuncia a mettere in atto l'ultimatum. E poiché la Nato non aveva la minima intenzione di rinunciare, era sembrato che la Russia stesse facendo marcia indietro. Un dispaccio della Itar-Tass da Zagabria esplicitava le preoccupazioni russe. Occorre, diceva l'agenzia, «che venga chiarito se gli alleati atlantici manterranno la loro minaccia». Poiché «è del tutto evidente che, in caso di bombardamenti aerei sulle posizioni dei serbi, la presenza militare russa nella capitale della Boi snia perderebbe, per lo meno temporaneamente, ogni senso». La confusione e l'imbarazzo nel campo russo diventavano evidenti. Uno dei portavoce di Eltsin, Anatolij Krasikov gettava acqua sul fuoco: «Ho l'impressione che la citazione di Postfaktum non sia corretta». E un portavoce di ministero della Difesa, da Mosca, interveniva a due riprese. Una prima volta per mettere in dubbio la notizia («Potete gettarla nel cestino perché non corrisponde alla verità. C'è stato un errore»). Una seconda volta, pochi minuti dopo, per confermarla. Ma anche per criticare seccamente chi l'aveva fatta: «Il comando delle forze aerotrasportate ha oltrepassato le sue funzioni e siamo costretti a smentirlo». I 400 paracadutisti venivano intanto messi in allerta per la partenza. Intanto l'idea, lanciata venerdì da Kozyrev, di una conferenza internazionale a spron battuto, nella prossima settimana, per regolare la crisi bosniaca, sembra già bruciata dal rifiuto ufficioso degli Stati Uniti. Ma il ministero degli Esteri russo non demorde. Giuliette Chiesa

Persone citate: Anatolij Krasikov, Ciurkin, Eltsin, Giuliette Chiesa, Kozyrev