Il Papa: m'inginocchio per Sarajevo di Andrea Di Robilant

Marcia dei sindaci per la pace, Ciampi: facciamone una città internazionale Marcia dei sindaci per la pace, Ciampi: facciamone una città internazionale Il Papa: m'inginocchio per Sarajevo «Vi scongiuro, fate tacere le vostre armi» ROMA. «In ginocchio e forti solo della nostra supplica chiediamo alle parti interessate di mettere fine all'immane carneficina». Alla vigilia della scadenza dell'ultimatum imposto dalla Nato ai serbi bosniaci che assediano Sarajevo, papa Giovanni Paolo II ancora una volta chiede che «nulla venga lasciato intentato» per far tornare la pace in Bosnia. E lo fa ricordando la tragica supplica «in ginocchio» che Paolo VI rivolse agli «uomini delle Brigate rosse» affinché liberassero Aldo Moro. L'occasione per quest'ultimo appello del Papa è stata la«marcia dei sindaci» per la pace nella ex Jugoslavia. Migliaia di cittadini venuti da tutta Italia si sono uniti al corteo che ha fatto una sosta a Palazzo Chigi e una al Quirinale prima di arrivare sulla spianata davanti a San Pietro. Ricevendo i sindaci, Scalfaro ha lanciato un monito contro «l'uso delle armi, che non risolvono mai. Le armi aprono nuove lacerazioni e desideri di vendetta». Dal canto suo, Ciampi vede per Sarajevo, una volta che le armi taceranno, qualche forma di amministrazione internazionale. «I venti di guerra - ha detto il Papa affacciandosi dal suo appartamento - continuano a soffiare sulle vicine terre della ex Jugoslavia». Ma dopo l'ultimatum imposto dalla Nato e la mediazione successiva da parte della Russia per la prima volta il Papa vede «profilarsi concrete prospettive di pacificazione». Ed è proprio in vista di quelle prospettive che la segreteria di Stato del Vaticano sta lavorando per organizzare al più presto un viaggio del Pontefice a Zagabria, Sarajevo e Belgrado. Ieri la Comunità di Sant'Egidio, che da alcuni mesi tenta di creare le condizioni per realizzare la visita, ha fatto sapere che anche le riserve di Belgrado sono cadute e che adesso il presidente Milosevic vuole che la visita abbia luogo «il più presto possibile». Il presidente croato Tudjman e il presidente bosniaco Izetbegovic avevano già espresso il loro pieno appoggio al viaggio del Papa nelle tre capitali. A Belgrado, invece, l'idea aveva inizialmente suscitato parecchia diffidenza. Una buona parte dell'opinione pubblica serba vede il Papa come un alleato dei croati che ha contribuito all'isolamento della Serbia. Negli ultimi mesi la Comunità di Sant'Egidio, lavorando in sintonia con la segreteria di Stato del Vaticano, si è adoperata per allentare le fortissime tensioni tra Belgrado (e Chiesa ortodossa serba) e la Santa Sede, tra l'altro favorendo l'invio di aiuti umanitari anche alla popolazione civile serba e comunque adoperandosi per contrastare la «demonizzazione» della parte serba nel conflitto in Bosnia. Due emissari della Comunità, monsignor Vincenzo Paglia e il professor Roberto Morozzo della Rocca, si sono recati quattro volte a Belgrado per contatti con il governo e la Chiesa ortodossa. Il portavoce della Comunità Mario Marazziti riferisce che nell'ultimo di quegli incontri Milosevic ha dichiarato: «Il Papa è benvenuto comunque sia e comunque vada. La sua visita può essere importante». Esponenti della Comunità di Sant'Egidio, un'organizzazione che si muove senza alcuna delega ufficiale da parte della Santa Sede ma comunque in stretto contatto con essa, hanno avuto diversi colloqui con i mediatori Owen e Stoltenberg e con i vertici militari dell'Unprofor, i quali hanno assicurato di poter garantire la sicurezza del Pontefice. «Ci hanno anche detto che per motivi di sicurezza non escludevano di dover far percorrere al Pontefice alcuni tratti in un tank», sostiene Marazziti. «Il Papa ovviamente preferirebbe compiere questo viaggio in condizioni più normali. Ma per quello che ne so, egli ha molto a cuore questo viaggio e non esclude di sottoporsi a condizioni particolari se ciò sarà necessario per compierlo». Un esito positivo dell'ultimatum nei confronti dei serbi-bosniaci darebbe nuovo impeto ai preparativi. Andrea di Robilant L'appello di Papa Wojtyla ricorda quello di Paolo VI per la liberazione di Moro