Se indagato chiederò a Occhetto di ritirarsi di Augusto Minzolini

Orlando «il Savonarola»: prima di tutto c'è la questione morale Orlando «il Savonarola»: prima di tutto c'è la questione morale Se indagato, chiederò a Occhetto di ritirarsi IL LEADER DELLA RETE Lm ROMA ™ uso strumentale da una parte e dall'altra della questione morale rischia paradossalmente di farla diventare secondaria. Bisogna essere seri su questo. La questione morale va affrontata con molta serenità: ci siamo dati delle regole, è necessario che a queste regole tutti si adeguino. E' quello che La Malfa non ha capito. Uno nelle sue condizioni non poteva essere candidato». Eccolo che parla il Savonarola o il giacobino del polo progressista, quel Leoluca Orlando che sulla questione morale ha fatto rotolare molte teste di aspiranti candidati a sinistra. Lui non ne è pentito. Anzi: lo ritiene necessario, anche per il presente e per il futuro. On. Orlando lei a La Malfa ha detto «no», ma il segretario del pri è sicuro che Achille Occhietto si presenterebbe anche se gli arrivasse un avviso di garanzia... «Io sarò il primo ad avere nei confronti di Occhetto e D'Alema lo stesso comportamento che ho tenuto con La Malfa. Prometto a La Malfa che chiederò il ritiro di Occhetto, di D'Alema o di qualunque altro candidato progressista che si venisse a trovare nelle sue condizioni. Questa è la nostra garanzia all'interno del polo progressista». Quindi nessuna eccezione e per nessun motivo? «Nel modo più assoluto. Se arrivasse un avviso di garanzia a me, che per altro non sono candidato, non ci penserei due volte a mettermi da parte, come abbiamo chiesto a La Malfa». Fa una distinzione tra avviso di garanzia e iscrizione sul registro degli indagati? «Certo. Mi spiego: l'avviso di garanzia significa che è cominciato un procedimento; l'iscrizione nell'elenco degli indagati, invece, è un atto dovuto e riguarda tutti quelli che sono raggiunti da una denuncia, indipendentemente da chi l'ha fatta». Significa che secondo lei la sola iscrizione potrebbe anche essere frutto della «provocazione» di qualcuno? «Io non entro nel merito. Sono sicuro che Massimo D'Alema, come ha detto lui stesso, se fosse raggiunto da un avviso di garanzia si ritirerebbe da questa competizione elettorale. E il fatto che lui lo abbia detto ha evitato a noi l'inutile rito di chiederlo». Achille Occhetto, però, è stato più reticente sull'argomento... «Credo che su questa vicenda non bisogna farsi prendere dal nervosismo, bisogna essere molto sereni, e rendersi conto che un dirigente politico raggiunto da un avviso di garanzia ha il dovere di mettersi da parte per non rovinare il progetto complessivo. Sapendo, comunque, che se l'accusa è infondata ci sarà il tempo perché gli venga rinosciuto che è stato vittima di un'accusa ingiusta». Allora mai e poi mai accettereste di far parte di uno schieramento che abbia tra le sue file un candidato «indagato»? «Certamente no. Del resto anche in queste settimane ho sempre pensato che se alcune nostre richieste sulla questione morale non fossero state accolte, non si sarebbe potuto più fare il tavolo dei progressisti. O, almeno, noi non avremmo potuto esserci». E questo vale anche per il futuro? «Certo». E se qualcuno intendesse strumentalizzare i giudici? «Io dico ai giudici: andate avanti. Fate il vostro dovere e lasciate perdere chi punta ad utilizzarvi. Non cadete nella trappola e andate avanti». Lei ha una fiducia incondizionata nei giudici? «Io ho fiducia nel nostro sistema di diritto. Qualche giudice può sbagliare ma esistono rimedi per correggere gli errori». La Rete, quindi, garantisce il rispetto della questione morale nello schieramento progressista? «Al tavolo il nostro movimento ha svolto una funzione di richiamo alla questione morale, una funzione che può anche essere considerata ingrata ma che è fondamentale. La nostra preoccupazione è che qualcuno se lo dimentichi. Abbiamo impedito che Dell'Osso fosse candidato in Puglia, che Frasca fosse candidato in Calabria, che Lagorio e Nencini fossero inseriti nelle liste progressiste della Toscana. E un ruolo del genere può svolgerlo solo il nostro movimento, perché noi non abbiamo apparati o strutture. Così abbiamo potuto esprimere con molta forza il nostro dissenso per il criterio seguito nella scelta dei candidati in alcune regioni: per questo non siamo presenti in Umbria e per lo stesso motivo non siamo presenti in Toscana. In quelle regioni, infatti, il pds ha continuato a seguire le logiche degli apparati». Non è che volete egemonizzare il polo progressista come dice qualche pidiessino? «No, è la nostra specificità. E' il nostro contributo allo schieramento. Su questi valori sacrifichiamo anche la nostra presenza. Io credo che la nostra iniziativa sia addirittura auspicata dalla parte più sana del pds e delle forze progressiste». Ha paura dei toni violenti di questa campagna elettorale? «Io ho paura della mistificazione. Ho paura della presenza di Berlusconi, lui è davvero pericoloso. Bossi ormai è un capo locale, un colonnello, non diventerà più un generale. Lui nel polo di destra svolge la stessa funzione che una volta i Bernini o i Misasi svolgevano nel vecchio sistema. Il vero pericolo è Berlusconi che con le sue tv riesce a manipolare le pa¬ role: si presenta come il simbolo del mercato, proprio lui che viveva in una sorta di mortificazione del mercato. Ma quale ottimo imprenditore! E' un imprenditore assistito! Se io avessi in Italia il monopolio dei boschi, sarei un ottimo fabbricante di mobili. Berlusconi ha avuto il monopolio dell'etere che è un bene pubblico. Non è un caso che in Francia o in Belgio non abbia sfondato. Quando parlo con operatori economici europei di Berlusconi, questi si mettono a ridere». Crede ai sondaggi di Berlusconi? Alla forza elettorale che attribuiscono a Forza Italia? «Molte persone sono state colpite dal suo ingresso in politica, ma non credo che questo si trasformerà in consenso. Più passeranno i giorni e più apparirà chiaro che dietro a questa immagine da Mago Zurli, c'è poco. C'è solo un sostenitore del consumismo. Uno che preme per una spinta inflazionista e che, come tutti quelli che hanno una grande esposizione bancaria, vuole l'inflazione. Quando la gente se ne accorgerà per lui sarà la fine». Dopo le elezioni lei accetterebbe l'idea di un'alleanza tra la sinistra e il Centro di Segni e Martinazzoli per fronteggiare una destra che si rivelasse molto forte sul piano dei consensi? «Guardi, l'ho visto nella formazione delle liste, il Centro è inconsistente. Non esite più nella geografia di questo Paese. Le candidature di centro sono quelle degli apparati dei vecchi partiti. I voti ormai sono già schierati o a destra, o a sinistra». Augusto Minzolini Se indaa Ocche Umberto Bossi e Mino Martinazzoli

Luoghi citati: Belgio, Calabria, Francia, Italia, Puglia, Roma, Toscana, Umbria