«Fondi neri? Scalfaro sapeva » di Giovanni Bianconi

Malpica interrogato in carcere: ne parlai in Quirinale. E lui conosceva tutta la vicenda Malpica interrogato in carcere: ne parlai in Quirinale. E lui conosceva tutta la vicenda «Fondi neri? Scalfari» sapeva » Nuove accuse dell'ex capo del Sisde ROMA. Quando arriva a parlare di Scalfaro, i ricordi del prefetto Malpica si fanno più confusi. Ma lui - di questo è certo - al Quirinale c'è stato. Parlò col presidente della Repubblica anche dello scandalo dei «fondi neri» e dell'accordo per dare ai giudici una falsa versione? Dopo qualche tentennamento Malpica risponde: «Sì, se ne è parlato sicuramente, e io mi sono lamentato di questi funzionari che mi avevano, in sostanza sotto gli occhi, fatto tutto questo guaio...». E' il 12 gennaio 1994, nel carcere di Rebibbia l'ex-capo del Sisde accusato di peculato e associazione per delinquere rende un nuovo interrogatorio. Si affronta il tema Quirinale, e il pubblico ministero Frisani domanda: «Lei ha detto, nei precedenti interrogatori, che ha dato 100 milioni al mese anche a Scalfaro». Malpica: «Sì». Frisani: «Quando lei c'è andato dopo, avete riparlato anche di questo?». Malpica: «No, perché è una questione troppo delicata, non mi sarei mai permesso di mettermi a parlare di questi soldi». Dei funzionari del Sisde che questa è almeno la sua versione - lo avevano truffato, invece, Malpica ricorda di aver parlato col capo dello Stato. E si discusse di Michele Finocchi, l'unico della «banda del Sisde» ancora latitante, uno al quale avrebbe da chiedere diverse cose pure il magistrato che indaga sul delitto dell'Olgiata. Malpica ricorda quanto gli disse Scalfaro: «Mi raccontò che quando si trattò di cambiare il segretario generale del Cesis, aveva avuto pressioni molto forti per fare nominare Finocchi, da Amato (all'epoca presidente del Consiglio, ndr). Anzi, mi raccontò esattamente che le cose si erano svolte così: lui aveva gente, quindi non poteva parlare, Amato gli telefonò e lui gli rispose soltanto "E' un ladrone" e chiuse il telefono». Ma si parlò esplicitamente dei «fondi neri»? Malpica insiste: «Un fatto di questa importanza, il ministro non poteva non averlo detto anche al presidente della Repubblica; è normale, è prassi solita, inevitabile insomma». Un avvocato domanda: «Lei ebbe l'impressione che era conosciuto da parte del presidente della Repubblica?». Malpica risponde: «Certo, sì... Io detti per scontato che di tutta la questione il presidente della Repubblica fosse al corrente». Ed eccoci agli accordi col ministro dell'Interno Mancino. «Al ministro - sostiene Malpica esternai un po' di queste preoccupazioni eccetera, e lui per la verità ad un certo punto disse: "Va bè, ma lei allora dica quello che le pare". Insomma, quasi come se dicesse: "Io me ne lavo le mani". Ma non era così, perché poi in realtà io ebbi una telefonata a casa direttamente dal ministro, ne ho già parlato». E' l'ormai famoso colloquio telefonico tra il responsabile del Viminale e l'ex-capo del Sisde, dove Mancino avrebbe raccomandato per gli 007 invischiati «dei buoni avvocati». Telefonata che il ministro nega di aver fatto. Mancino sostiene questa tesi anche davanti ai giudici. Il 10 novembre '93 si presenta dai procuratori aggiunti Coirò e Toerri, ai quali consegna una memoria scritta che comincia così: «Non ho mai percepito una lira dal Sisde, non ho mai chiesto niente, nessuno mi ha mai offerto niente, non ho abilitato alcuno a prendere soldi sia pure per motivi istituzionali, non ho mai autorizzato alcuno dei miei collaboratori a ricevere soldi a titolo personale o ad altro titolo...». E si chiude con queste parole: «La notizia delle pretese riunioni (gli incontri con Malpica e gli altri prefetti per tacitare lo scandalo del Sisde, ndr) è infondata, e d'altra parte ero e sono in una posizione di così piena ed assoluta libertà morale da non dover coprire chicchessia per nessun motivo». Questo è uno dei punti sui quali la Procura di Roma ha chiesto al tribunale dei ministri di mettere a confronto Malpica e Mancino. A sostegno della sua estraneità alla manovra di «insabbiamento», il ministro sottolinea, nella memoria presentata ai giudici, di aver chiesto all'excapo del Sisde Finocchiaro di rimuovere dal Servizio i funzionari chiacchierati, e al governo di allontanare Malpica dalla direzione generale del Viminale. Anche gli ex-ministri dell'Interno Gava e Scotti si sono difesi davanti ai giudici dicendo di non aver mai intascato niente dai fondi riservati del Sisde. E se Malpica ricorda che l'ex-capo di gabinetto di Gava, dottor Riccio, una volta prelevò addirittura un miliardo «per le esigenze del Gabinetto... non lo abbiamo mai riavuto indietro», Gava ribatte: «Il dr. Ricco non mi riferì nulla circa corresponsioni di denaro da parte del Sisde». E le buste da 100 milioni al mese? «Non mi è stato mai offerto, né ho richiesto e né ricevuto somme di denaro dal Sisde». Più o meno la stessa formula usa Vincenzo Scotti. Prima spiega che ai soldi del Servizio segreto si attingeva quando non bastava il «fondo spese riservate» del ministero, poi aggiunge: «Non ho mai ricevuto da chicchessia buste contenenti denaro, ed escludo che siano pervenute buste "per il ministro" attraverso il capo di gabinetto». Giovanni Bianconi il prefetto Malpica, ex capo del Sisde: è in carcere a Rebibbia

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