Bosnia dobbiamo vergognarci il canto gregoriano in discoteca

Uomo Rai anima e corpo sotto controllo LETTERE AL GIORNALE Bosnia, dobbiamo vergognarci; il canto gregoriano in discoteca I condannati a morte di Mestar e Sarajevo II dramma della Bosnia in questi giorni ha occupato le prime pagine dei giornali; la morte di tre giornalisti italiani prima, il massacro nel mercato di Sarajevo poi hanno fatto sì che titoloni ad effetto ed editoriali si sprecassero; anche la gente sembrava veramente interessata. Ci chiedevamo: «Sta forse cambiando qualcosa? Nulla!!!». Lunedì 7 febbraio i titoli sono tutti per la politica, per le serate elettorali dei vari Bossi, Occhietto, Berlusconi ed Orlando; la gente in strada parlava del Milan o di Tomba. Gli interventisti della prima ora nicchiavano sui raid acrei, mentre i pacifisti proponevano un'ancora più rigido embargo sulle armi, lasciando così entrambi l'indifesa Bosnia ancora più sola ed inerme. I cittadini di Tuzla, di Mostar e di Sarajevo continuano ad essere «condannati a morte» in attesa di esecuzione. Esecuzione che potrà arrivare per fame, per freddo, la gente morirà sotto i colpi di un cecchino o dilaniata da una bomba. Noi intanto cittadini europei, moderni, evoluti pensiamo al Rosso e il Nero, o alla Santa Pasqua. Ho una profonda sfiducia per noi italiani, per la gente che, spesso, più è benpensante, borghese, istruita più pensa alla propria bottega, alle tasse, non dare nulla nelle raccolte per i profughi. Poveretta, è stufa di questi Bosniaci, soffre la crisi, e così mentre pranza alle 12,30, davanti alla Tv deve anche sopportare la vista raccappricciante di massacri che certo non favoriscono la digestione. Abbiamo grande sfiducia per noi giovani che ci riempiamo la bocca di parole grosse, impegnate come solidarietà, pace, portiamo la «kefiah», odiamo il Caf, leggiamo Cuore, ma che viviamo per la partita, per Beverly Hills, e che non diamo neanche mille lire di offerta durante un concerto di solidarietà. In pratica noi tutti siamo complici «osservanti» dei Serbi, dei Croati o dei Musulmani, che si massacrano tra loro e uccidono donne, vecchi e bambini, come cinquanta anni fa era successo con i nazisti. Dobbiamo ri svegliare le nostre coscienze, renderci conto che il mondo non ruota attorno al nostro campicello (di pallone). Forse se la televisione dedicasse il pomeriggio e la sera della domenica alla Bosnia (anzi una intera settimana) con immagini continue, forti forse capiremmo che dobbiamo fare qualcosa, che le parole non bastano e che pochi, troppo pochi sono quelli che, Volontari, Militari e Pacifisti, con le lettere maiuscole, sul serio fanno qualcosa, portano viveri e medicinali, rischiano quotidianamente la vita per altri a loro sconosciuti. Solo loro hanno il diritto di parlare della Bosnia. Noi, per ora, possiamo solo avere il dovere di vergognarci. Marco Parodi Ennio Rossi Irene Rapetti, Varazze Seguono otto firme Gruppo Giovani Contro Corrente «Contrabbandieri una protesta assurda» Ho sentito da molti telegiornali che i contrabbandieri di sigarette protestano a causa di una legge che prevede di punire sia chi compra che chi vende sigarette di contrabbando. Mi chiedo con quale diritto un contrabbandiere protesti; egli non è altro che un fuorilegge, un evasore fiscale, che pretende di poter continuare a violare le leggi senza essere punito. Andando avanti di questo passo, un domani, potrebbero essere i ladri che protestano per poter rubare senza che le forze dell'ordine intervengano, oppure potremmo assistere al nascere di sindacati volti a tutelare i diritti dei pluriomicidi e degli assassini, che pretenderanno di poter svolgere il proprio «lavoro» senza essere arrestati. Quando e se si verificheranno questi eventi io, che ho ventanni, spero di essere riuscito a trovare lavoro all'estero, per poter vivere in un Paese più civile di questo. Michele Trecate, Vercelli L'abito talare resiste negli spot Spettabile Redazione, leggo su La Stampa del 7 febbraio un interessante articolo a proposito del «recupero» del canto gregoriano firmato da Gabriele Ferraris. Quel che più mi stupisce è il leggere della «compiaciuta vigi¬ lanza» di mons. Migliavacca, il quale definisce giustamente il canto gregoriano come «l'unica musica che la Chiesa consideri propria della liturgia». Perché allora, domando al prelato in questione, nelle chiese italiane il canto gregoriano risuona così raramente? Mi risulta anzi che quanti ne propugnano un recu¬ pero nella sua «sede» naturale, cioè la liturgia, vengono definiti da molti uomini di Chiesa come reazionari. Saremo dunque costretti a sentire il canto gregoriano nelle discoteche o durante le hit parade radiofoniche? Così come è ormai possibile vedere dei sacerdoti in abito talare solo negli spot pubblicitari. Il seguito dell'articolo in questione conferma la mia tesi, in quanto vi si legge che molte vocazioni monastiche sono ispirate dalla musica di un autore dichiaratamente non cristiano (segue infatti la disciplina musulmana del sufismo) quale è Franco Battiato. Chi è responsabile di tali aberrazioni? Mi permetto quindi di consigliare a mons. Migliavacca di dedicare un po' più di vigilanza, ed un po' meno compiacimento, a quel che accade (e non accade) nelle chiese cattoliche, in cui è possibile ascoltare ogni genere di musica, tranne «l'unica cha la Chiesa consideri propria della liturgia». Giorgio Drago, Torino Una precisazione: la spiritualità profonda e innegabile - di Battiato non si esaurisce nella fideistica adesione a questa o quella religione. A mio avviso, almeno: perché l'ultima parola in materia spetta esclusivamente a Battiato. [g. fer.] Il «Tavor» è sempre più caro L'anno scorso il sig. Lubrano, nella sua rubrica tv, ha anche affrontato il problema del caro-farmaci. Un ospite della sua trasmissione portava come esempio il Tavor, un ansiolitico, facendo confronti con lo stesso prodotto francese, che costa quasi la metà. Ebbene, dopo la decisione del governo italiano di ridurre del 5% il prezzo dei nostri farmaci, il Tavor da 1,0 mg è passato da L. 6000 a L. 6500. Un farmacista mi diceva che 4 anni fa questo medicinale costava L. 2500! Ma, allora, non è cambiato proprio niente in questo Paese di disonesti: chi rubava non restituisce, mentre altri continuano a rubare! Sulla nostra pelle! Mimino Fiore, Carmagnola La «fatica» dell'omosessualità La protesta della Chiesa in merito alle decisioni prese dal Parlamento europeo riguardo ad alcuni aspetti della vita degli omosessuali, protesta certo anche doverosa in funzione del suo stesso alto magistero, penso vada considerata giusta soprattutto quando per l'adozione essa osserva che il bambino, per una equilibrata maturazione psicologica, deve crescere fra due punti di riferimento di sesso diverso. Ma, per la solita e ricorrente accusa, quella cioè secondo cui l'omosessualità significa violenza alla natura e alle leggi di Dio, non sarebbe il caso di ribaltare il giudizio e chiedersi se al contrario non sia stata proprio la natura a fare violenza agli omosessuali? Dico questo perché, senza voler urtare la sensibilità di quegli omosessuali che si dichiarano felici di esserlo, credo sia difficile negare che per molti di essi l'intera vita è pesantemente condizionata dal loro stato mentre non pochi sono quelli che addirittura si sono suicidati non sopportando oltre certe situazioni. E, anche non volendo dare troppo ascolto a pur seri e recenti studi scientifici in questo campo, non pare difficile capire che molte volte essere omosessuali e per i motivi suddetti non è affatto un vizioso capriccio ma un'incolpevole necessità, così come chi è affetto da bulimia non va confuso con un semplice goloso. Sarebbe quindi veramente confortante che la Chiesa, maestra di carità e soprattutto di verità lasciasse se non altro almeno intendere queste cose. Lele Bonariba, Tortona (Al)

Luoghi citati: Carmagnola, Sarajevo, Torino, Vercelli