Caro Ciampi, pensateci bene

Caro Ciampi, pensateci bene Caro Ciampi, pensateci bene La lettera del Cremlino ai 5 Grandi IL GIORNO DELLA SVOLTA BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Con una lettera dagli accenti quasi disperati inviata ai massimi leader dell'Occidente, e con un estremo tentativo di piegare i serbi alla ragione, il presidente russo Boris Eltsin ha giocato ieri le sue ultime carte nella battaglia diplomatica che si svolge sotto gli occhi di tutto il mondo. Un'ora dopo la mezzanotte di domenica, se i serbi non avranno ritirato i propri cannoni a venti chilometri da Sarajevo, e se i musulmani non avranno consegnato i propri alle forze dell'Onu, 150 caccia-bombardieri della Nato potrebbero partire per la prima missione di guerra mai realizzata dall'Alleanza atlantica. La posta era dunque altissima, ma le notizie accavallatesi ieri sera hanno sciolto molti nodi, ed alla fine Eltsin potrà forse dire di aver vinto la sua partita. Tutto è iniziato ieri mattina, quando sulla scrivania di Carlo Azeglio Ciampi è arrivata una lettera firmata da Eltsin, contenente pochi brani di una risoluzione del governo russo, e molte preghiere. Contemporaneamente, lettere uguali arrivavano al presidente Usa Bill Clinton, al tedesco Helmut Kohl, al britannico John Major ed al francese Francois Mitterrand. La risoluzione, una netta condanna dell'ultimatum della Nato, «è per ora solo un progetto - scriveva Eltsin - che sia pubblicata o no, dipende dalla vostra risposta». Se la Nato desse il via ai bombardamenti, recitava il documento, Mosca «non sarebbe in condizioni di rispondere delle forze dell'Onu», ed anzi «una nuova situazione si creerebbe in Europa e in tutto il mondo». Chiedendo una risposta entro stamane, Eltsin aggiungeva di suo pugno che «non solo in Russia, ma in tutto il mondo ci si chiede» se la Nato vuole «perseguire disegni di dominio», o se invece vuole sviluppare rapporti di cooperazione con i Paesi ex comunisti. Condannando ancora una volta l'ultimatum della Nato, Eltsin scriveva: «Che cosa si pretende da noi, che facciamo finta di non vedere le differenze tra le decisioni della Nato e quelle del Consiglio di sicurezza dell'Onu?». Secondo il leader del Cremlino, in caso di attacchi aerei «lo sviluppo degli eventi in Europa diventerà imprevedibile». E se i serbi reagissero colpendo le truppe dell'Onu in Bosnia «cosa farà la Nato, andrà fino in fondo in una guerra? E se è stata programmata la guerra, quali varianti di azione mi restano?». Sono accenti drammatici, e tuttavia al quartier generale della Nato si faceva notare che alle preghiere Eltsin non aveva aggiunto alcuna minaccia, ed anzi l'invio del progetto di risoluzio¬ ne del governo russo appariva piuttosto come una richiesta d'aiuto. La risposta dei leader occidentali, che sta probabilmente arrivando in queste ore a Mosca, è comunque conciliante. Ciampi ha messo in risalto gli obiettivi che l'Occidente e la Russia hanno in comune: smilitarizzazione di Sarajevo, accordo di pace in Bosnia e, più in generale, relazioni di cooperazione tra gli ex nemici della guerra fredda. Ma già ieri sera la risposta era stata resa superflua da nuovi sviluppi, innescati anche questa volta proprio da Eltsin. In un'altra lettera, portata ai leader serbi dal vice-ministro degli Esteri russo Vitali) Churkin, Eltsin «pregava» infatti il popolo serbo di «fermare il bagno di sangue e ritirare al più presto possibile le armi pesanti da Sarajevo». Per dare più peso alla sua iniziativa, il leader del Cremlino prometteva per la prima volta di inviare truppe russe per rafforzare il contingente Onu in Bosnia e controllare il cessate il fuoco. La risposta di Radovan Karadzic, caporione dei serbi bosniaci, non si è fatta attendere: «Accettiamo con riconoscenza l'iniziativa russa», ha detto, «nei prossimi giorni ritireremo le armi pesanti da Sarajevo». Poco dopo Churkin poteva di¬ re: «Credo che finalmente la guerra a Sarajevo sia finita», e Karadzic aggiungeva in controcanto: «Sulla scorta dell'iniziativa russa siamo certi che si possa risolvere la crisi di Sarajevo, e che ciò segnerà l'inizio della fine della guerra». Forse è un po' presto per darsi all'ottimismo, ma alla Nato l'allarme sembra ormai superato. «Tutto si è risolto - ci ha detto un diplomatico chiedendo l'anonimato - i russi salvano la faccia facendo credere che il ritiro dei serbi è merito loro, e noi evitiamo il rischio di infilarci con i bombardamenti in una guerra balcanica». Fabio Squillante Il presidente del Ciò Samaranch a Sarajevo Nel riquadro Karadzic