L'Occidente pensa a creare lavoro in Italia si promette solidarietà

F NQftii E COGNOME L'Occidente pensa a creare lavoro in Italia si promette solidarietà OLIDARIETA' è forse in assoluto la parola più gettonata nei programmi elettorali e nei confronti televisivi tra i leader dei tre schieramenti che si misureranno il 27 marzo. La proclama Occhetto, la sussurra Martinazzoli, l'esibisce Fini, tanto da renderne ormai un po' ambiguo il senso. A una cosa, però, stanno tutti bene accorti: a non confondere il sostantivo fernminile con il sostantivo maschile, il solidarismo, che richiama alla memoria non proprio miracolose ricette catto-comuniste, come si diceva una volta, che hanno alquanto contribuito a picconare i bilanci dello Stato italiano. Con tre milioni di disoccupati e un numero crescente di nuovi poveri, chi potrebbe mai negare «la coscienza viva e operante di appartenere a una comunità come recita il Devoto-Oli -, condividendone le necessità, in quanto si esprime in iniziative individuali o collettive»? L'intento, dunque, è più che nobile, e forse merita plauso in un sistema politico che faticosamente si modernizza, sfumando via via le differenze tra destra e sinistra, ormai quasi impercettibili nelle democrazie più avanzate. Ma è anche fiero il sospetto che l'uso mo^criminato di un termine così pieno di umanità, di buoni sentimenti nazionali e sociali, sia, alla fine, 0 mantello che copre malamente pigrizia intellettuale, vuoto d'idee e, tutto sommato, viltà elettorale. Insomma, sotto la solidarietà niente, se si coglie l'abuso politico che si sta facendo della parola. L'Italia, oltre che di una spesa sanitaria e previdenziale senza frontiere, gode di un sistema di cosiddetti ammortizzatori sociali praticamente unico al mondo, con un costo del lavoro tra i più cosic lipri con i elevati. Quando l'ammortizzatore che c'è per legge non basta più, se ne fa uno ad hoc, magari sotto la pressione di lavoratori giustamente ansiosi per la loro sussistenza, che bruciano qualche copertone sull'autostrada o sui binari. Un sistema ormai antico, che però non può più perpetuarsi, perché le condizioni della finanza pubblica e la concorrenza globale non lo consentono, visto che le risorse possono essere redistribuite soltanto se vengono prodotte, altrimenti non c'è proprio più nulla da redistribuire. Eppure, nascondendosi dietro il citato sostantivo femminile, quasi tutte le forze in campo credono di poter rassicurare, col minimo sforzo e con una rilevante dose di cinismo, quegli elettori che, fondatamente, temono di perdere prossimamente il loro posto di lavoro. Ma si dà il caso che la crisi dell'occupazione sia un fatto mondiale e nient'affatto nostrano, che nei soli Paesi dell'Ocse siano per strada qualcosa come 36 milioni di lavoratori. E che, anche se meno prossime a temperie elettorali, tutte le forze politiche, in ogni angolo del globo, si sforzino, con fantasia e ragioneria, di trovare soluzioni diverse dalla solidarietà all'italiana, che salva finti redditi, produce ricchezze ectoplasmatiche, affossa la nazione anche per il terzo millennio e - in un tripu¬ dio d'ingiustizia - perpetua, come in una realtà virtuale, posti che non ci sono, senza crearne di nuovi, magari per chi non ne ha mai avuti nella vita. In Francia, ad esempio, la solidarietà con i lavoratori che rischiano di perdere il posto si è manifestata con un bonus monetario per chi cambia automobile, favorendo l'industria nazionale, e con sconti fiscali alle aziende che non licenziano. In Germania, con la riduzione degli orari e dei salari. In Giappone, in un impeto keynesiano, il governo ha buttato invece nel mercato 240 mila miliardi d'investimenti per far tornare il cavallo a bere, come si dice. Negli Stati Uniti il costo del lavoro è stato diminuito in un ventennio di circa il 20 per cento, con enormi sacrifici dei lavoratori; ma - come dice Lester Thurow, intervistato da L'Espresso - sempre meglio essere occupati poveri che poveri disoccupati. Soltanto da noi, insomma, imperversa la parolina magica - solidarietà - che consente a Occhetto come a Fini, a Segni come a Bossi (che pure deve la sua fortuna al rifiuto della solidarietà tra Nord e Sud) di esorcizzare l'urgenza di soluzioni vere, sicuramente poco popolari in tempi elettorali. Ecco, è così che si fanno i programmi politici per la sfida elettorale più importante del dopoguerra, scovando paroline che muovono più che altro l'aria fritta. Fermo restando, comunque, che è sempre meglio invocare l'umana solidarietà piuttosto che «garantire», in base a presunte qualità taumaturgiche innate del leader, la piena occupazione. Anche Hitler aveva promesso un posto a tutti i tedeschi, purché di razza ariana. Alberto Staterà

Persone citate: Alberto Staterà, Bossi, Hitler, Lester Thurow, Martinazzoli, Occhetto

Luoghi citati: Francia, Germania, Giappone, Italia, Stati Uniti