«Giudici trattiamo la resa» di Fulvio Milone
11 camorristi pronti a deporre le armi scrivono al procuratore di Salerno 1 camorristi pronti a deporre le armi scrivono al procuratore di Salerno «Giudici, trottiamo la resa» / boss: niente ergastoli e processi rapidi SALERNO DAL NOSTRO INVIATO La sua resa, la camorra l'ha dichiarata con due fogli dattiloscritti su una Tipo verde imbottita di mitra e bombe a mano. Proprio come aveva detto don Riboldi, il vescovo di Acerra al quale, per la verità, pochi erano disposti a credere. Invece è vero: un gruppo di signori del malaffare «latitanti e detenuti», che non svelano la loro identità né precisano quanti siano, hanno inviato una lettera al procuratore distrettuale antimafia di Salerno, Alfredo Greco. «Deponiamo le armi, ci consegneremo alla giustizia. Basta con le stragi, è stato versato troppo sangue», hanno scritto, e per dimostrare che fanno sul serio hanno allegato al messaggio uno scontrino rilasciato da un garage che si trova proprio dav?nti al palazzo di giustizia. Sul t^-i^ncino, il numero della targa di una macchina parcheggiata l'altro furi da un personaggio misterioso. La polizia, in un primo momento, ha pensato ad una trappola: e se si fosse trattato di un'auto bomba? Ma il bagagliaio, aperto con tutte le cautele del caso, ha rivelato un vero arsenale: 12 bombe a mano, micidiali mitra con decine di caricatori, fucili a canna mozza e lunga, carabine di precisione, pistole, munizioni, giubbotti antiproiettile, perfino un lampeggiatore di quelli della polizia. La capitolazione dei camorristi non è incondizionata: boss e gregari, infatti, sono disposti a raccontare ai giudici le proprie malefatte, ma non quelle dei loro complici. Chiedono quindi una legge dello Stato che riconosca loro lo status di dissociati; fino ad oggi previsto esclusivamente per i terroristi. La dichiarazione è stata consegnata ieri mattina nelle mani del sostituto procuratore Alfredo Greco. Il messaggero prescelto dall'esercito' in rotta del malaffare salernitano è un avvocato penalista, Diego Cacciatore. «Ho trovato la busta chiusa nella cassetta delle lettere», ha spiegato. Tra i suoi tanti clienti, Cacciatore annovera un luogotenente di Carmine Alfieri, il camorrista più ricco d'Italia: si tratta di Pasquale Loreto, latitante da oltre tre anni e inseguito da una valanga di ordini di custodia cautelare. Anche lui, considerato un capo in tutta la provincia a Nord di Salerno, avrebbe aderito al proclama. «Teniamo fede alle dichiarazioni di don Riboldi e lanciamo un appello ai giovani affinché non seguano il nostro esempio. Basta con i bagni di sangue, basta con le vendette trasversali», spiegano nella lettera i camorristi, che annunciano: «Vogliamo smetterla con una vita sbagliata». Lo faranno davvero? Negli uffici della procura della Repubblica di Salerno gira vece che già da sabato prossimo qualche «pezzo da novanta» rinchiuso in carcere e considerato fino a oggi un «irriducibile» potrebbe chiedere un colloquio con il magistrato. E i latitanti? A questo punto il problema si fa più complesso. Le richieste avanzate dagli autori della lettera non sono poche: primo, abolizio- ne dell'ergastolo per i reati più gravi come l'omicidio, in modo da consentire all'imputato di essere giudicato con il rito abbreviato; secondo, rapidità e concentrazione dei processi; terzo, abolizione del regime carcerario speciale per i detenuti considerati particolarmente pericolosi; quarto, applicazione dei benefici finora concessi solo ai terroristi dissociati. Lo Stato può accettare una trattativa? Le richieste dei camorristi nascondono forse un tentativo di inquinare il lavoro di magistrati e forze dell'ordine, che stanno ottenendo grandi successi nella lotta contro la malavita? Le opinioni sono discordanti. Il sostituto procuratore Alfredo Greco non si sbilancia: «Noi magistrati non possiamo entrare nel merito di queste cose. Ci siamo limitati a rilevare una manifestazione di volontà, quella degli autori della lettera, a cui può rispondere solo l'autorità legislativa». Ma poi il giudice diventa possibilista: «Se ci trovassimo davanti a una dissociazione così massiccia come lascia intendere la lettera, è ovvio che a quel punto saremmo molto vicini ad un pentitismo di fatto: le confessioni dei singoli reati, infatti, si intreccerebbero fra loro fino a formare un quadro complessivo chiaro e esauriente dell'attività della malavita». Durissimo, invece, il commento della direzione distrettuale antimafia di Napoli: «Nessuna trattativa è possibile fra lo Stato e la camorra, esiste già una legge che concede benefici a chi collabora senza condizioni con la giustizia. Il solo prospettare l'allargamento di questi benefici ai semplici dissociati può determinare un pericoloso effetto di dissuasione nei confronti dei pentiti». Il ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Conso, rinvia tutto a dopo le elezioni: «In questo momento di fine legislatura, con un governo che non può esercitare i poteri oltre un certo limite, ogni iniziativa sarebbe senza dubbio incoerente sul piano istituzionale». Fulvio Milone Richieste in una lettera fatta trovare su un'auto carica di mitra e bombe Ma tra i magistrati è già polemica Conso rinvia: c'è il voto 1 Don Riboldi, vescovo di Acerra, ha condotto le trattative con i boss
Persone citate: Alfredo Greco, Cacciatore, Carmine Alfieri, Conso, Diego Cacciatore, Giovanni Conso, Riboldi
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