Il Pentagono s'arrende di Paolo Passarini
Il Pentagono serrande Il Pentagono serrande La lite sull'artiglieria dei serbi WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il governo degli Stati Uniti ha acconsentito a un compromesso con le Nazioni Unite per salvare il salvabile dell'ultimatum lanciato dalla Nato il 9 febbraio. Nei giorni scorsi la credibilità dell'ultimatum era stata seriamente minata da un contrasto sulla sua interpretazione tra il comando Nato e quello delle forze Onu in Bosnia, alle quali spetta la parola finale sulla sua attuazione. Secondo l'Onu l'ultimatum è estendibile nella scadenza e trattabile nella sostanza: in pratica, secondo questa lettura, non sarebbe necessario che i serbi spostassero tutte le loro armi pesanti oltre il raggio indicato di 20 km da Sarajevo. Gli americani hanno resistito, ma ieri si è saputo che hanno accondisceso a un'interpretazione più flessibile per quanto riguarda lo spostamento delle armi. Michael McCurry, portavoce del Dipartimento di Stato, ha dichiarato che «la locazione delle armi non è poi tanto importante una volta che non abbiano capacità operativa o manchino nella necessaria configurazione operativa». I termini del compromesso non sono chiari, né vengono soddisfacentemente illuminati dalle parafrasi usate da McCurry. Sembra tuttavia di capire che modificare la «configurazione operativa» delle armi significhi che esse possono essere private di piccole ma essenziali parti. Oppure potrebbe anche significare un loro diverso puntamento. Nell'un caso o nell'altro - fanno notare con un certo disappunto al Pentagonosi tratterebbe di alterazioni velocemente reversibili. Questo è precisamente ciò che preoccupa gli americani. Dall'altra parte, il portavoce delle truppe Onu in Bosnia, colonnello William Aikman, quando gli è stato chiesto come procedessero i controlli sugli spostamenti di armi serbe, ha risposto seccamente: «Noi non siamo mica contatori di fagioli». E il suo comandante, generale Michael Rose, continua a non nascondere la sua preoccupa¬ zione sulle conseguenze che i suoi uomini potrebbero pagare se la Nato scaricasse bombe sui serbi. Dall'altra parte, Rose fa notare che il contingente non è abbastanza numeroso per imporre in modo rigido un'operazione di sgombero delle armi pesanti da parte dei serbi. Tanto vale accontentarsi di tenere il più possibile sotto controllo la situazione, in modo che, se un cannone spara, si possa sapere da quale postazione e, in seguito, colpirlo con una rappresaglia aerea mirata. L'aviazione della Nato obietta che questo tipo di precisione chirurgica in un bombardamento è più facile predicarla che ottenerla, tanto più adesso, con una visibilità non buona sulla Bosnia. Ma Rose insiste per concentrare almeno le armi serbe in 5 posti, in modo da rendere il controllo a distanza più facile. E' chiaro tuttavia che il tipo di tregua che risulterebbe da questo compromesso sarebbe certamente più fragile. Paolo Passarini
Persone citate: Michael Mccurry, Michael Rose, William Aikman
Luoghi citati: Sarajevo, Stati Uniti, Washington
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