Da Monti gran traduttor de traduttor d'Omero ai «pecoroni papalini» di Pasolini di Pierluigi BattistaEnnio Flaiano

Tradizione illustre Tradizione illustre Da Monti gran traduttor de' traduttor d'Omero ai «pecoronipapalini» di Pasolini AROMA RGUZIA e ferocia mescolate con sapienza. E poi spirito mordace, senso I della concisione, capacità di cogliere l'essenziale in poche e decisive battute, aggressività caustica temperata da un uso ritmico e incisivo della parola. Togliete uno di questi ingredienti e l'epigramma ne risulterà pateticamente sbiadito. Cancellate uno di questi fattori e resterà ben poco dell'efficacia corrosiva con cui Machiavelli fece a pezzi Piero Soderini, campione di inconsistenza politica: «La notte che morì Pier Soderini/ l'alma n'andò dall'inferno alla bocca;/ e Pluto le gridò: Anima sciocca,/ che Inferno? Va' nel Limbo de' bambini». Galleria di scudisciate epigrammatiche, l'antologia di Gaio Fratini squaderna sotto i nostri occhi le mille armi adoperate da letterati e intellettuali in una sorta di cruenta guerra di tutti contro tutti. Invettive, sferzate di sarcasmo, frustate dolorose, punture non meno acri che eleganti. E poi odii, rancori, ostilità, ripicche. Lo storico Paolo Giovio contro il temutissimo poligrafo Pietro Aretino, in pieno Cinquecento: «Qui giace l'Aretin, poeta tosco;/ di tutti disse mal fuorché di Cristo,/ scusandosi col dir: Non lo conosco». Colpito, Aretino risponde: «Qui giace il Giovio, storicone altissimo;/ di tutti disse mal fuorché dell'asino,/ scusandosi col dir: - Egli è il mio prossimo». Stravince l'Aretino. «Questi è il Monti poeta e cavaliero,/ gran traduttor de' tra¬ duttor d'Omero», scrive Ugo Foscolo su Vincenzo Monti, suo rivale nelle lettere come nell'amore. Duello sotto forma di epigramma. Modello cui attinge l'orgoglio ferito di Pier Paolo Pasolini che si scaglia contro i membri di un Circolo della Caccia che aveva escluso Valentino Bompiani, suo editore: «Non siete mai esistiti, vecchi pecoroni papalini;/ ora un po' esistete, perché un po' esiste Pasolini». 0 ancora il Pasolini che nel 1964 dedica questo giudizio intinto nel veleno al poeta «novissimo» Edoardo Sanguineti: «Ammirati dalla tua imprudente follia iterativa/ non osiamo dirti che solo la prima parola era/ viva». Sempre Pasolini, perfido e risentito, su Gian Luigi Rondi che aveva criticato il suo Accattone: «Sei così ipocrita, che come l'ipocrisia ti avrà ucciso,/ sarai all'inferno e ti crederai nel paradiso». E ancora Pasolini, stavolta vittima dell'invettiva feroce di Franco Fortini: «Schema di perfetta catastrofe, arcangelo orgoglioso,/ odia, ama, straziati, enfio di siero represso./ Troppo ti piace il martirio, il miracoloso/ sketch del Calvario dove coroni te stesso». E per un calembour pungente di Fortini dedicato a Giorgio Bassani: «Tra principi e prìncipi incerti e vani/ vano passa Bassani» ecco la risposta aspra, di Bassani a Fortini: «Incontrandoti/ anni fa in bicicletta sulle pendici/ tutte al sole di Monte Marcello/ dove - spiegavi malinconico vi siete fatti/ la villetta del week end e delle grandi/ vacanze/ ho invidiato tutto di te (...)/ specialmente il volto carnoso diventato/ a forza di frequentare letterature nordiche/ un po' da Nobel/ svizzero». Gelido. Ironico e mordace, invece, Giorgio Calcagno all'indirizzo di Gesualdo Bufalino: «Le menzogne, Bufalino/ che racconti nella notte/ alle nove del mattino/ sono bufale stracotte». 0 di Roberto Calasso: «Cadmo nel mito greco/ si mutava in serpente;/ Calasso, più concreto, ne fa un conto corrente». Del resto da questa antologia di epigrammatiche cattiverie letterarie non poteva restar fuori Ennio Flaiano. Uno: «Sia bene inteso/ che a Elémire Zolla/preferisco la Folla». E due: «Quest'anno è andata male al poeta Bertolucci,/ gli hanno tolto il premio Nobel per darlo a Carducci». Così come non poteva essere escluse Mino Maccari: «Maggio ti mette in corpo la lussuria/ Ma a conservarti, o mia fanciulla, savia/ Quando l'amor ti coglie troppa furia/ Ti basterà un romanzo di Moravia». Tic, perfidie e debolezze di un mondo intellettuale così sintetizzate in un epigramma del curatore dell'antologia Gaio Fratini: «Chi lo firma non legge/ chi legge non lo firma/ chi s'affranca dal gregge/ quel manifesto infirma». Pierluigi Battista Franco Fortini ed Ennio Flaiano autori di perfidi epigrammi