Quel Forum d'Assago Alcatraz per yuppies

Lauro, Zichichi, la Somalia e Chiesa Ce n'èper tutti B A R N U M LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA Quel Forum d'Assago Alcatraz per yuppies AL Forum di Assago, a spiare i professionisti del tennis. Torneo Muretti Time, strano sponsor, sigarette per uno sport: come in America, che non puoi fumare nemmeno allo stadio (70 mila posti all'aperto) e poi le sigarette le trovi in farmacia. Come in America è anche la frase che ti viene in mente girando per il Forum, grandiosa cattedrale nel nulla, dove c'è tutto. Ti perdi a sinistra e finisci in una patincire, ti perdi in basso e trovi una palestra da volley, ti riperdi a destra e finisci in una specie di Alcatraz per yuppies: come un secondino passeggi lungo una balconata e se ti sporgi vedi dall'alto, tutte in fila, le celle di agonizzanti giocatori di squash: paonazzi, martellano con una palletta sgonfia una parete che, immagino, simbolizzi per loro la mamma, il commercialista, il direttore generale, l'indice Mib, il comunismo. In mano hanno una racchettina stitica che ricorda qualcosa: ci pensi e da un passato remoto riemerge una parola, un nome, un ricordo: l'avevi dimenticato e adesso ritorna, lui, il gioco più idiota della storia dei giochi: vecchio, imbecille volano. Dove sei finito, vecchio imbecille volano? Comunque. Al tennis vero ci arrivi seguendo, come briciole di pane, le gnocche dello sponsor, in bilico sui tacchi, seminate come statue a dettarti il cammino. E alla fine lo trovi, il tennis vero, macchina geometrica e filosofica, saggio sul caso e sull'umano destino, trattato ambulante di psichiatria e teologia. I due copisti che ne stanno tramandando il mito si chiamano, in quel momento, Ivanisevic e Korda, nomi da romanzo. Praticano un gioco un po' particolare, variante futurista del tennis vero: due ore di gioco, una sola smorzata, il resto è un tiro incrociato di proietti radenti, palline che ti scheggiano lo sguardo, una perfetta imitazione di un videogame. Ivanisevic, fisico lungagnone, aria indolente da ripetente, è uno che quando serve spara la pallina a 197 chilometri orari (RomaMilano due ore e quaranta, da casello a casello). Dall'altra parte, se ci fosse un umano standard, avrebbe giusto il tempo per scansarsi: invece c'è Korda, che non si scansa ma vede la pallina, la trova con la racchetta, decide dove spedirla, lo fa, e il tutto piegato su due gambe di elastico che lo fanno sembrare un grillo pazzo e biondo. Più che veri e propri scambi sono rapide crisi epilettiche, raptus nervosi magicamente coordinati. Quando ne escono, i due entrano in una specie di narcosi annoiata, in cui galleggiano con movimenti lenti e nichilisti, deambulando lungo la linea di fondo come se stessero aspettando l'autobus. Devono averci un sistema nervoso di gomma, quelli. Ammesso che ce l'abbiano ancora. Il tennis vero lo rivedo quando entrano in campo Becker e Pioline, due che, senza essere proprio degli artisti, la pallina però la sanno anche accarezzare, sfiorare, stoppare, sedurre, intrattenere, scherzare: non solo spararla. Lì, allora, il tennis torna ad essere metafora esatta e divulgativa degli umani destini. Capace di offrire epistemologiche illuminazioni. Come, ad esempio, quando sulla testa di Becker piove una palla morta e innocua come una spugna insaponata, e lui mette insieme i suoi ottanta chili di potenza, le migliaia di ore spese a ripetere quello stesso gesto, la giovinezza buttata via a fare titic e titac contro un muro, i miliardi guadagnati a farlo davanti alla gente, le centinaia di partite perse e vinte, i mille istanti come quello già vissuti, sempre uguali, e tutto carica su quella racchetta che fa roteare dietro la schiena e poi alza sulla testa fino a impattare perfettamente quella pallina gialla, nel gesto più facile di tutto il tennis, uno smash da bambini, che lui fa a regola d'arte, colpendo la palla e spedendola, contro ogni logica, contro qualsiasi senso storico, contro le più elementari leggi del buon senso, in rete. E' lì che capisci. E' in quella pallina che affoga nella rete come un mandarino nel calzino della befana, che capisci. E ti appare chiarissimo, tutto in un istante, che non c'è salvezza, non c'è difesa contro l'errore, e sempre sarà così, che continuerai a dire la frase sbagliata nel momento sbagliato, e a non fare l'unica cosa che sai dovresti fare, e a cadere nelle trappole che hai imparato a memoria, e ad aver paura sempre della stessa cosa, in eterno, e a non capire quello che mille volte ti sei spiegato, e a far del male anche se già lo sai che lo farai. Non c'è niente da fare. Se sbaglia Becker quella palla idiota, perché mai uno non dovrebbe sbagliare gli smash della vita? Puoi spendere anni a vivere, ore a leggere libri, milioni a farti allenare dallo psicanalista: ma alla fine la palla è in rete che finisce. L'errore annulla qualsiasi passato nell'istante in cui arriva a bruciarti qualsiasi futuro. L'errore azzera il tempo, qualsiasi tempo. Vedi cosa riesce a spiegarti, il tennis, senza dar nell'occhio: che quando sbagli - nel preciso istante in cui io fai - sei eterno. Alessandro Bariceo Tutte le «gnocche» dello sponsor La palla morta di Becker

Persone citate: Alessandro Bariceo, Becker, Ivanisevic, Korda, Pioline

Luoghi citati: America, Assago