Berlusconi va da Scalfaro

Giornata convulsa con rotture e tregue «Nessun candidato che sia inquisito» Berlusconi va da Scalfaro Pace fatta dopo le polemiche «Io premier? Se me lo chiedono» ROMA. Sono le dodici in punto quando Silvio Berlusconi, varcato il portone barocco del Quirinale, entra nello studio presidenziale. Quell'incontro è la consacrazione del suo ruolo politico. Il comunicato della Presidenza, ligio ai titoli di protocollo, informa che «il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha ricevuto questa mattina, al Quirinale, il cavaliere del lavoro dottor Silvio Berlusconi, presidente del movimento politico "Forza Italia"». Quando, un'ora e un quarto dopo, il «cavaliere del lavoro» esce dalle aurate stanze, appare raggiante, e in via dell'Umiltà, sede del suo stato maggiore romano, tiene una piccola conferenza stampa i cui dati principali sono tre: primo, ho fatto pace con il presidente Scalfaro; secondo, mi candido a Palazzo Chigi; terzo, questi centristi decidano quello che vogliono fare sennò saranno stritolati. «Il comportamento del Capo dello Stato - ha detto il leader di Forza Italia - in questo momento delicato della campagna elettorale è, come risulta a tutti, ineccepibile», e questa frase liquida una volta per tutte i dissapori (e le critiche) che lo avevano diviso da Scalfaro nel dicembre scorso. Pace fatta dunque, tanto che il colloquio può essere definito del tutto «amichevole». Così amichevole che il cavaliere ha potuto raccontare al Presidente la marcia a suon di carica che Forza Italia ha fatto sul campo della politica italiana. Quindi Scalfaro ha saputo del «raggiunto traguardo della costituzione di un polo moderato», delle «difficoltà incontrate e superate», di «tutto ciò che è stato fatto per la presentazione delle liste che possano costituire una squadra capace di confrontarsi con quella delle sinistre». Insomma Berlusconi ha detto a Scalfaro: guarda che ci siamo pure noi, e siamo forti, anzi molto forti stando ai sondaggi, tant'è che è legittimo aspirare a Palazzo Chigi. Certo, Berlusconi su questa ipotesi ci va cauto: «Di Palazzo Chigi - ha detto - se ne parla dopo, tutti insieme», mentre per ora «è importante arrivare a un risultato positivo». Comunque «se questa è la questione, non sono uno che si sottrae alle responsabilità». Quanto alla questione dell'alleanza di centro Segni-Martinazzoli, Berlusconi ha lasciato intendere che la scelta di starsene lì, orgogliosamente in disparte, l'ha lasciato a bocca amara. In ogni caso, tanto peggio per loro, perché «si pongono in una posizione di mezzo, difficile da spiegare ai cittadini». E ancora: «Stanno in mezzo al guado e questa posizione provoca incertezza. Vanno verso una sconfitta se non dicono con chi vogliono stare». Ma resta qualche chance, perché «penso che queste forze dovranno fare una scelta man mano che avanza il processo elettorale» e quindi Berlusconi spera ancora di portarli sul suo carro. Quanto alle liste su cui ferve il dibattito, il leader di Forza Italia ha fatto sapere che le proprie avranno solo «candidati dai nomi totalmente nuovi, persone che non hanno mai ricoperto incarichi politici». Dato che tra i suoi ci sono anche alcuni ex democristiani per niente nuovi, il cavaliere si è precipitato a chiarire: «A parte il giudizio che è stato dato su alcune di queste persone, ritengo che noi non siamo giacobini ma liberaldemocratici. E non ci associamo a questi giudizi. Certe persone comunque hanno una esperienza utile alla politica». Ma allora Berlusconi guarda più al centro che a destra? Mollerà Bossi e Fini dopo le elezioni? «No, questo mai, tuttavia ha detto il leader di Forza Italia le porte sono e saranno aperte anche agli altri». Raffaello Masti

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