La Rai:basta aggressioni di Maria Corbi

4fe Demattè: legati al pds? e' ridicolo. Berlusconi contrattacca ma poi propone una tregua basta E per Locatelli tre reti sono troppe ROMA. Colpo su colpo, veleno a veleno, Locatelli e Demattò rispondono al fuoco incrociato di accuse contro la Rai. E' una vera guerra combattuta a suon di dichiarazioni anche se Berlusconi, adesso, propone una «tregua tv» per la campagna elettorale. «La Rai - dicono i sostenitori del fronte del biscione - è del pds. Non è obiettiva, non fa più servizo pubblico». Locatelli risponde a quella che ritiene «una sistematica aggressione condotta in maniera preconcetta, continua e volgare». E attacca: «Basta con le false accuse a una Rai definita di sinistra da parte di un concorrente che si è fatto partito». Poi la difesa dei giornalisti, co¬ me la Gruber e Santoro, accusati di parzialità nella conduzione dei loro programmi. «E' un'aggressione intollerabile», ha commentato. Stessi toni dal presidente Demattè: «Probabilmente c'è qualcuno a cui una Rai che sappia fare bene il suo lavoro dà fastidio». E anche il «professore» si ribella al ritornello della «Rai feudo del pds». «Non ho niente contro Berlusconi - commenta - però quel suo modo di dire "sono tutti comunisti" proprio non mi va bene. Non si può dire che la Rai è del pds perché tre trasmissioni sono condotte da Lilli Gruber, o perché Milano Italia ha un conduttore che in passato è stato di Lotta continua». Ma Berlusconi insiste. «L'ente televisivo di Stato non può divetare l'organo quasi ufficiale di una sola parte politica», ripete il Cavaliere. «E' immorale e tirannico obbligare i cittadini a finanziare opinioni che non condividono». Allarmato per la tensione che non si placa e per le conseguenze sullo svolgimento della campagna elettorale, ieri, sul tema della guerra tv, è di nuovo intervenuto il presidente del Senato Giovanni Spadolini. «La televisione - ha dichiarato - risponde in modo più economico ai problemi di immagini della nostra società e questo deve far riflettere oggi che il proprietario delle tre più grandi reti private scende direttamente in politica. Un fatto nuovo e preoccupante che pone ad un Paese democratico non secondari problemi». Per far cessare la «guerra televisiva» è intervenuto il presidente della Federazione nazionale della Stampa, Roidi: «Basta insulti. Siano i giornalisti a far cessare questo spettacolo indecoroso». Per Roidi, comunque, «mentre la Rai tende a liberarsi dell'oppressione dei partiti, la Fininvest corre il rischio opposto». Intanto per lo scenario del dopo-legge Mammì ieri è arrivata la proposta della Lega che mitiga in favore della Fininvest quella avanzata dal pds (due reti alla Rai, una a Berlusconi). «Se andrà al governo la Lega - ha spiegato Luca Leoni Orsenigo responsabile per l'informazione - punterà a far cadere entro due anni una rete alla Rai e una alla Fininvest». E anche Locatelli ieri ha detto che un «mostro con tre reti» è troppo sia per la Rai che per la Fininvest. Per la Rai il direttore generale ha ipotizzato tre vie: trasformare uno dei tre canali in una pay-tv, disaggregarlo in un network regionalizzato, oppure vendere sul mercato il canale che vale di più, cioè il primo. Immediata la risposta dell'Usigrai: «Di tutto c'è bisogno fuorché di altri alleati di Berlusconi». Maria Corbi ■ ▼ 4fe Da sinistra il presidente della Rai Claudio Demattè e Michele Santoro

Luoghi citati: Milano Italia, Roma