Rissa Nato-Onu sull'ultimatum in Bosnia

Al Consiglio di sicurezza Mosca continua a frenare. Accuse ai musulmani: barano sulla tregua Al Consiglio di sicurezza Mosca continua a frenare. Accuse ai musulmani: barano sulla tregua Rissa Mato-Onu sull'ultimatum in Bosnia Per i Caschi blu è «flessibile», per Washington no WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il Consiglio di Sicurezza dell'Orili, che si è riunito ieri per discutere della situazione in Bosnia, non ha risolto e, se possibile, ha enfatizzato le dissonanze riemerse clamorosamente all'interno della comunità internazionale sull'azione da condurre. La più grave è quella esplosa tra Nato e Nazioni Unite a proposito dell'interpretazione da dare all'ultimatum di mercoledì scorso. Secondo i rappresentanti dell'Onu in Bosnia, l'ultimatum non va preso alla lettera per quanto riguarda la sostanza e la sua stessa scadenza è dilazionabile oltre il limite del 21 febbraio. La Russia mantiene una sostanziale opposizione su eventuali attacchi aerei punitivi e anche alcuni paesi europei condividono il suo punto di vista. Intanto è esplosa una dura polemica tra Caschi Blu e musulmani bosniaci sulle responsabilità delle violazioni al cessate-il-fuoco. E' il caos nel caos e nessuno sembra avere l'autorità sufficiente per assumere un minimo di controllo. «L'ultimatum di 10 giorni è un ultimatum della Nato, non il nostro», ha dichiarato seccamente il portavoce dell'Unprofor a Sarajevo, colonnello Bill Aikman. Secondo i rappresentanti dell'Onu, non è necessario che, per evitare la rappresaglia, i serbi spostino tutte le loro armi pesanti oltre il raggio di 20 chilometri indicato dalla Nato e la scadenza dell'ultimatum deve essere considerata flessibile. Il generale Michael Rose, comandante delle forze Onu in Bosnia, ha rinforzato la posizione del suo portavoce rivendicando a se stesso l'autorità di ordinare eventuali bombardamenti. «No, l'ultimatum è ancora in forza», è stata costretta a ribadire ieri Dee Dee Myers, portavoce della Casa Bianca, dopo che neppure un richiamo alla lettera dell'ultimatum del Segretario Generale della Nato, Manfred Woerner, aveva ottenuto alcun risultato. E' scontato che l'ordine finale per un'eventuale rappresaglia debba venire dall'Onu, ma un ultimatum è un ultimatum e il Segretario Generale dell'Onu l'aveva approvato. Sembrava che la comunità internazionale avesse trovato un accordo. Invece si è avuta la conferma ieri che le parole dei documenti sono servite ancora una volta a coprire dissensi recidivi. Il rappresentante russo all'Onu ha preso la parola ieri in Consiglio Generale e, secondo la traduzione ufficiale, ha invocato la necessità di una nuova risoluzione che recepisca l'ultimatum della Nato. Poi il suo portavoce ha detto che c'era stato un errore di traduzione: l'ambasciatore aveva detto, secondo la rettifica, che sarebbe stato opportuno, anche se non necessario, che il Consiglio di Sicurezza ratificasse la lettera di Boutros BoutrosGhali che aveva approvato l'ultimatum. Si è molto discusso sul senso di questa distinzione, ma la discussione si è spenta quando, da Mosca, è arrivata una dichiarazione del ministro per la Difesa russo, Pavel Grachov, secondo cui «i bombardamenti Nato non sarebbero utili a nessuno, ucciderebbero molti innocenti e porterebbero a un'escalation militare nel centro dell'Europa». I rappresentanti del governo bosniaco hanno protestato per «il doppio binario» su cui si muove la comunità internazionale, e più ancora per una denuncia del comando dei Caschi Blu, secondo il quale i bosniaci approfittano di ogni ritiro di una postazione serba per occuparla con la loro fanteria. E' chiaro che tra Nato e Onu, e quindi tra Stati Uniti e Russia, appoggiata da alcuni Paesi europei, permane una diversa valutazione anche sulla ripartizione delle responsabilità per gli eccidi in Bosnia. La Spagna, attraverso il portavoce del ministro degli Esteri Javier Solana, ha sottolineato la sua sfiducia sull'efficacia dei bombardamenti. E il ministro degli Esteri greco, Karolos Papoulias, si è recato in visita dal serbo Slobodan Milosevic per convincerlo a «salvare la pace». Una pace che non c'è. Paolo Passarmi Il ministro della Difesa russo Grachov insiste «Un raid sarebbe inutile e porterebbe a un'escalation militare nel centro dell'Europa» i Caschi blu ucraini spingono un blindato in panne alla caserma Tito di Sarajevo. A destra, immagini di un campo di concentramento in Bosnia. ■ • : • : .■■■.■;-:o:v: " ■■ v\v. : ' ■

Persone citate: Bill Aikman, Javier Solana, Karolos Papoulias, Manfred Woerner, Michael Rose, Myers, Pavel Grachov, Slobodan Milosevic