«Mariotto? Faccia come Cincinnato»

E Pannello, corre da solo «Mariotto? Faccia come Cincinnato» Castagnetti: si ritiri, dopo lo vorranno premier PARLANO GLI AMICI SROMA APETE che vi dico? Secondo me a Mario Segni è rimasta un'unica strada. Lui deve lasciare, non deve correre in queste elezioni, deve fare "il gran rifiuto". Deve andarsene' dicendo che questo Paese non è ancora maturo per un sistema politico compiuto e che l'Italia non è abbastanza moderna per il suo progetto, perché Cicchetto e il fronte progressista sono quelli che sono, come pure il partito cattolico. E dato che questa è la situazione, lui deve mettersi in attesa come il Cincinnato della politica italiana. O meglio, come Ciampi che, anche se non si presenta alle elezioni, è candidato a tutto. Sì, Mariotto deve ritagliarsi nello schieramento moderato il ruolo che Ciampi ha in quello progressista. Non bisogna mica essere parlamentari per andare al governo». Sarà solo una boutade, o un'idea tutta sua, ma Guglielmo Castagnetti, ex presidente dei deputati repubblicani e "pattista" della prima ora, la lancia mentre ieri sera lascia sconsolato la sede del movimento, in via del Nazareno. Dentro quel palazzo, all'ultimo piano, quelli che lui definisce «i Soloni» - cioè i vari Segni, Amato, La Malfa - tentano ancora di rimettere insieme i cocci del rapporto tra pattisti e popolari. Fuori, invece, le seconde file hanno il muso lungo e già non ci credono più. Soprattutto lui, Castagnetti, che ha partecipato a molte di queste riunioni, ha perso ogni speranza. «No, proprio non si va avanti - spiega -, ve lo dice uno che c'è stato là dentro. Che succede? Succede che in ogni situazione i de, pardon i popolari, presentano 10 nomi per le candidature e i pattisti gliene bocciano pregiudizialmente dai 5 agli 8. Il motivo è semplice: Segni deve dimostrare ai suoi e all'opinione pubblica che le liste del Patto rappresentano il meno possibile, se non per niente, la de; Martinazzoli, invece, deve dimostrare l'esatto contrario e cioè che queste candidature sono perlopiù espressione dei popolari. Se queste sono le intenzioni, è evidente che i due non potranno mai mettersi d'accordo». E allora? Castagnetti apre le braccia e assumendo un'espressione fatalista prevede: «Alla fine tra i due sulle candidature vincerà Martinazzoli, ma, contemporaneamente, sarà quello che perderà le elezioni. Credo che Mino, che non è stupido, questo rischio lo abbia messo in conto, ma per lui la cosa più importante è un'altra: innanzitutto deve far sopravvivere il partito popolare e, poi, vedrà il da farsi. Proprio per questo è inutile dannarsi: Segni, se gli va bene, nel prossimo Parlamento potrà portare al massimo una decina di deputati. E allora tanto vale che per il momento si metta da parte, che lasci di sè il ricordo dell'uomo della vittoria dei referen- dum, del personaggio che può sempre tornare quando il Paese avrà bisogno. Inoltre, in questo modo, lascerebbe il partito popolare libero di far quello che vuole, di inserire nelle liste tutti quei nomi che gli portano voti, a cominciare da quello di De Mita». Già, sembra proprio che Castagnetti evochi l'esilio di Mariotto sognando il «gran ritorno» del leader referendario. «Io credo che Segni stia valutando anche questa ipotesi e penso che la tentazione sia grande. Lui in questo momento è molto pressato dalla base del suo movimento che è anti-democristiana nel profondo. Li ho visti io, con i miei occhi, i militanti di base venire qui al Nazareno a protestare per il rapporto che si è instaurato con il partito popolare. Senza contare che Berlusconi si sta mangiando gran parte del movimento. Guardate a Milano: ormai Adriano Teso ha portato tutti i "pattisti" dall'altra parte. E questo avviene in molte altre parti del Paese. Con noi sono rimasti in pochi. La gente, specie al Nord, in questo momento non vuol sentir parlare né di democristiani né di comunisti. E tutto questo sta condizionando le scelte di Mariotto, solo che lui non può fare molto. Ha di fronte Martinazzoli che non può certo dire di "sì" a tutto, solo per assecondare la linea politica di Segni o per ridare lustro all'immagine del Patto», [au. min.] Guglielmo Castagnetti ex presidente dei deputati repubblicani

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