I vecchi big incrinano il Patto

«Rifiutati» De Mita e gli altri inquisiti, ma i popolari non accettano veti «Rifiutati» De Mita e gli altri inquisiti, ma i popolari non accettano veti I vecchi big incrinano il Patto «I nomi tifa solo Segni» ROMA. «Segni ha ragione: De Mita sarebbe una palla al piede per il patto. Ma il ppi ci ha spiegato che la questione non è più sul tavolo». Parola di Giorgio La Malfa. «Ciriaco non deve fare per forza il deputato: può essere un buon presidente del gruppo al Parlamento europeo». Parola del pattista Vito Riggio. «Il problema De Mita non esiste: Franco Marini e Giampaolo D'Andrea mi hanno detto che il partito non ha intenzione di candidarlo. Che abbia un grosso seguito di clienti dalle sue parti non conta». Parola di Alberto Michelini, «segniano» doc. Sono le due e mezza del pomeriggio quando gli alleati di Segni si allontanano da via del Nazareno. La bufera è nell'aria. La sera prima, nelle primarie del ppi irpino, De Mita ha ottenuto il 96 per cento dei consensi. Per gli uomini del «Patto», però, nulla è cambiato. «Se lui si candida, rompiamo» spiega Mariotto a La Malfa, Zanone, Riggio e Michelini. «E' un problema su cui non si può tornare indietro», ripete al telefono a Giuliano Amato. Ma un'ora più' tardi ecco comparire Ortensio Zecchino. Sconosciuto ai più, attraversa inosservato largo del Nazareno. Sotto braccio porta una cartellina. Con le candidature del ppi campano, di cui è il coordinatore. Su uno di quei foglietti spicca un nome per l'alta Irpinia. Quello di Ciriaco De Mi- ta, appunto. Ma fosse solo questo il problema. E Mancino, Mattarella, Gargani? «Nella proporzionale, con le liste del ppi, non in quelle del Patto. Dicono che è come la¬ sciarli in serie B? Allora vogliono la rottura. Sono stati loro i primi a proporre questa ipotesi, che Segni ha accettato per ripiego», spiega Riggio. E Michelini aggiunge: «Non possiamo can¬ didarli con i pattisti, la gente non lo tollererebbe». De Mita, Mancino, Mattarella, Gargani. A dividere gli uomini di Segni e quelli di Martinazzoli sono sempre i soliti «nodi»? No, qualcosa di nuovo emerge all'orizzonte, portando il ppi e il Patto ad un passo dalla rottura. Tanto che le trattative vengono sospese. Il motivo? L'ex de reclama per sè la maggior parte dei collegi sicuri. E pensare che i tre leader laici del patto - Amato, La Malfa e Zanone - avevano sperato di risolvere l'ingarbugliata matassa proponendo di affidare al solo Segni il mandato di compilare le liste per l'uninominale. Lo suggeriscono in mattinata a Martinazzoli, che è a Brescia. Gli dicono anche di tornare in fretta e furia a Roma per occuparsi in prima persona della faccenda. Un buco nell'acqua. La rottura si consuma sulla Puglia (a causa di due candidati del ppi forniti di avviso di garanzia) e la Calabria, ma avrebbero potuto essere la Campania e le Marche. Il risultato sarebbe stato il medesimo. «L'ex de - spiega infatti La Malfa - vuole fare'la parte del leone. La coperta è stretta e il ppi la tira. I collegi sono quelli che sono e loro ne chiedono moltissimi». Dunque, è questo il problema dei problemi. Il «posto» sicuro. «Per il Nord - spiega Zanone - è filato tutto liscio, tanto lì la si¬ tuazione è quella che è. Al Sud, invece, il ppi pensa di avere ancora un elettorato». E un altro liberale, il capogruppo a Montecitorio Savino Melillo, osserva sconsolato: «La de è irriformabile». Rassegnato, il repubblican-pattista Guglielmo Castagnetti: «Martinazzoli butta sul tappeto il peso del suo partito e Segni rischia di dover cedere, uscendone indebolito. Tanto siamo tutti destinati a perdere...». Mentre nella sede del Patto le trattative languono, a piazza del Gesù, lo stato maggiore del partito è riunito. Manca solo Martinazzoli che segue l'incontro per telefono: «Non possono cancellare il ppi», dice. Gli ex de non vanno tanto per il sottile. Il segretario, per dimostrare che fa sul serio, punisce Roberto Formigoni, reo di essersi schierato con Segni sulle candidature, e dà il suo collegio al presidente delle Acli Giovanni Bianchi. Intanto, l'ufficio stampa diffonde un comunicato per bocciare le pretese dei pattisti. E Rosa Russo Jervolino invia a Segni una lettera piuttosto dura, in cui definisce «inaccettabili» le sue condizioni. «E' difficile recuperare la situazione: noi non possiamo subire veti», spiega. «Non ci faremo motificare», incalza il capo della segreteria, Pierluigi Castagnetti. «Se si arriva ad un accordo è un miracolo», sospira Gabriele De Rosa. «I! ppi non può delegare le proprie candidature a Segni», os- serva Gerardo Bianco. Al Nazareno, però, insistono. Segni, Amato, La Malfa e Zanone si riuniscono in serata. E decidono di tener duro. «L'ultima parola sulle candidature spetta a Mario, se il Patto si rompe il ppi si addossa una responsabilità storica», sottolinea il segretario del Pri. Da piazza del Gèsu', tutto trafelato, airiva Castagnetti a far da mediatore. Incontra Segni. «Non vogliamo rompere», assicura. E si ricomincia daccapo. Con l'ennesima riunione tra pattisti e popolari e un ipotesi di compromesso che a dire l'ultima parola sulle liste, oltre a Segni, sia anche Martinazzoli. Maria Teresa Meli La Malfa e i laici «Se li candidano rompiamo e la colpa sarà di Martinazzoli» II leader repubblicano Giorgio La Malfa e a sinistra Mino Martinazzoli

Luoghi citati: Brescia, Calabria, Campania, Marche, Puglia, Roma, Segni