L'alga avanza inattaccabile

CAULERPA TAXIFOUA CAULERPA TAXIFOUA L'alga avanza, inattaccabile Non ha antagonisti, l'unica possibilità è strapparla a mano l'arcipelago delle Baleari e l'Elba. Nello Stretto di Messina potrebbe essere arrivata con le reti dei pescherecci che in l'estate battono il Mar Ligure a caccia di tonni. La Caulerpa taxifolia, lo si sapeva già, è inattaccabile dai predatori erbivori perché contiene una tossina, la caulerpenina, che la rende immangiabile; tuttavia fino a questo momento, come è stato sottolineato a Nizza, non vi sono segni che attraverso pesci, molluschi e crostacei possa danneggiare l'uomo. La minaccia vera dell'alga, invece, è di carattere ecologico: la sua vitalità apparentemente incontenibile, la resi¬ stenza a temperature molto basse e molto elevate (da 5 a 45 gradi centigradi), la capacità di prosperare in modo ottimale a profondità modeste (fino a una ventina di metri) ma di vegetare anche a meno 80 metri, di insediarsi indifferentemente su sabbia, fango, scogli e soprattutto la tendenza ad aggredire e distruggere le praterie di Posidonia, che sono la «culla» di innumerevoli specie animali, ne fanno un'autentica minaccia. Il risultato sarebbe la distruzione della diversità biologica, la scomparsa della meravigliosa varietà di forme di flora e di fauna LA battaglia contro l'alga assassina è perduta? Difficile sfuggire a questa domanda dopo aver assistito all'Università di Nizza al vertice degli scienziati italiani, francesi e spagnoli che partecipano al programma Cee «XI Life» per la lotta alla Caulerpa taxifolia. L'alga, probabilmente sfuggita dieci anni fa dall'acquario del Museo oceanografico di Monaco, negli ultimi mesi sembra aver fatto passi da gigante, installandosi in luoghi molto lontani, pronta a colonizzare nuove aree. In Italia, dove fino alla scorsa estate la Caulerpa era nota a Imperia, Livorno e (forse) in un altro punto a Ponente di Imperia, ora è stata scoperta all'Elba e addirittura nello stretto di Messina, una piccola ma pericolosa macchia pronta a dilagare nello Ionio. Il programma Cee contro la Caulerpa impegna 28 istituti scientifici (15 in Francia, 7 in Spagna, 6 in Italia) e 120 ricercatori; coordinatore per l'Italia è Giuseppe Tripaldi, della Castalia di Roma, società dell'Iri che si occupa di ambiente, affiancato dai professori Francesco Cinelli dell'Università di Pisa e Francesco Pietra dell'Università di Trento. Mentre le ricerche procedono tra mille difficoltà, l'alga allunga il passo: tre ettari colonizzati nel '90, 30 nel '91, da 100 a 400 nel '92, da 1000 a 2000 alla fine del '93. «Ma a questo punto non ha più molta importanza misurare l'area invasa», dice Charles-Frangois Boudouresque dell'Università di Marsiglia, coordinatore del programma; e Cinelli completa il quadro: «Ormai la Caulerpa può essere dappertutto». E' certo che l'alga, usata per ricreare l'ambiente tropicale in una delle vasche dell'acquario monegasco e gettata inavvertita¬ mente in mare di fronte al palazzo di Ranieri, ha viaggiato a lunghi balzi attaccata alle ancore delle imbarcazioni e alle reti dei pescatori; una volta insediatasi sui fondali di Cap Martin e della rada di Villefranche (dove in estate gettano l'ancora anche mille barche al giorno), ha trovato abbondanza di mezzi di trasporto, come dimostra la perfetta coincidenza dei suoi spostamenti con le principali rotte delle barche da diporto; così è dilagata a Ponente lungo le coste francesi e quelle spagnole della Catalogna, verso Levante lungo la riviera ligure e la costa toscana, e ha raggiunto dei nostri mari, ridotti a una distesa monotona e sterile costituita dalle verdi foglie di questa ospite giunta dai mari caldi. Dalla riunione di Nizza è emersa un'altra constatazione niente affatto incoraggiante: di tutti i metodi di lotta escogitati, nessuno si è dimostrato risolutivo. E' possibile che esista da qualche parte un predatore in grado di mangiare l'alga, un pesce, una lumaca? «Bisogna sapere se esiste in natura una lumaca marina così, se la si può allevare, se moltiplicandola in mare non produce effetti negativi», si domanda la biologa protagonista di «La guerra del basilico», l'ultimo romanzo appena uscito di Nico Orengo, di cui la Caulerpa è l'inquietante comprimaria. Da Nizza la risposta è no, al momento non si conosce nessun antagonista del genere. Svanita l'ipotesi di una lumaca di mare, l'Aplysia, resta il riccio di mare, che tavolta se ne ciba d'inverno, quando è meno tossica. Pare però che la caulerpenina causi anche a lui non pochi guai. Si è provato ad aggredire l'alga con l'acqua calda, il ghiaccio sintetico, gli ultrasuoni, i composti a base di rame, ma con risultati discutibili. Unica risorsa, l'eradicazione manuale; gli spagnoli hanno detto di essere «quasi» riusciti a farne sparire una chiazza a Maiorca, ma devono continuamente estirpare i nuovi polloni; e togliere un metro quadrato di alga non costa meno di 130-140 mila lire. Inoltre occorrerebbe un esercito di sommozzatori. A questo punto, salvo soluzioni miracolose, si può sperare al massimo di bloccarne l'ulteriore diffusione. Ma anche per questo non si sa bene come fare. Vittorio Ravizza sultato è il riciclaggio del 100 per cento dell'aria, dell'acqua e dei rifiuti prodotti dall'uomo e dagli animali ospitati nella biosfera. Non ancora chiarito è un problema verificatosi in seguito alla diminuzione dell'ossigeno nell'atmosfera del laboratorio: si è dovuto, infatti, aggiungere questo gas nonostante la presenza di piante verdi. Sembra che la diminuzione dell'ossigeno sia stata prodotta soprattutto dalla microflora del terreno, particolarmente sviluppatasi

Persone citate: Cinelli, Francesco Cinelli, Francesco Pietra, Giuseppe Tripaldi, Nico Orengo, Ponente, Vittorio Ravizza