Parla la Bonnaire pulzella fragile

Parla la Bonnaire pulzella fragile Parla la Bonnaire pulzella fragile PARIGI. Sandrine Bonnaire, protagonista di «Jeanne la Pucelle», di Jacques Rivette, presentato al FilmFest di Berlino, è la più recente, tra molte attrici che nel corso del tempo hanno interpretato sullo schermo Giovanna d'Arco: il primo breve film sulla santa figura nel catalogo dei fratelli Lumière, risale al 1898, tre anni dopo la nascita del cinema; e nel 1901 pure Georges Méliès la raccontò in un film colorato a mano. Geraldine Farrar fu l'interprete, nel 1916, della prima superproduzione di Cecil B. De Mille, «Joan the Woman»; la francese Simone Genevoix fu nel 1928 l'eroina d'un film di Marco de Gastyne, con moltissimo successo. La Giovanna d'Arco più straordinaria e classica della storia del cinema resta Renée Falconetti nel meraviglioso film di Cari Theodor Dreyer. Non furono mai più brave di lei Ingrid Bergman, diretta da Victor Fleming e poi da Roberto Rossellini, in teatro, nell'oratorio di Paul Claudel con musiche di Arthur Honegger; Michèle Morgan, diretta da Jean Delannoy; Jean Seberg, diretta da Otto Preminger; Florence Delay, con il nome Florence Carrez, diretta da Robert Bresson. Ecco riflessioni, fatiche ed emozioni della nuova interprete della santa guerriera. «Di Giovanna io conoscevo soltanto i soliti luoghi comuni, superficiali e falsi. A esempio, tutti credono che fosse una guerriera, che abbia ucciso migliaia di persone: per me è stato uno choc venire a sapere che non aveva mai ammazzato nessuno. Neppure è sicuro che fosse una pastora, si sa esclusivamente che viveva in campagna, che nel villaggio suo padre era un uomo importante. Sono stati i libri di Regine Pernoud e le testimonianze d'epoca a consentirmi di sfuggire all'ovvietà...». «Di fronte al film di Robert Bresson, "Procès de Jeanne d'Are", pensi che quella ragazza poteva essere soltanto così, Sandrine Bonna e un'immagine. Rivette invece le ha dato un corpo, degli organi. Per me la sequenza dell'abiura è un momento terribile, l'unica volta in cui si sente Giovanna dire: "Obbedirò". L'altra scena molto dura è quella in cui Giovanna viene a sapere che verrà bruciata sul rogo. L'abbiamo girata sei o sette volte: molte, per una scena così impegnativa. In quel momento ho recitato davvero, lasciando da parte me stessa, altrimenti il personaggio ne sarebbe stato sminuito. E nello stesso tempo ho voluto esprimerne la paura e le debolezze, contraddire l'immagine che comunemente si ha di lei, insensibile, sicura di sé e della protezione divina... ». «Per me, i panni che Giovanna indossa per andare al rogo sono la divisa d'un estremo combattimento a morte. E sul rogo Giovanna sente le fiamme, soffre, si ribella contro la morte e insieme contro i suoi nemici, è furente. Quel giorno, la lavorazione è stata difficile per tutti. Il regista non sapeva dove mettere la macchina da presa, girava a vuoto, forse non aveva voglia di far morire la sua Giovanna: ho avuto la sensazione che rinviasse il momento di darla alle fiamme, ma poi tutto è andato molto in fretta per via d'un problema di luci...». «La mia Giovanna d'Arco è certo più infantile di altre, piange moltissimo, ride, ha reazioni da bambina, quando la insultano è furiosa e inorridita, quando la battaglia è finita s'addormenta come un neonato. Quando viene ferita è terrorizzata, non sa cosa sia una ferita. Aveva davvero questa fragilità, che io temo di non aver completamente reso. Poi cambia, a partire dal processo diventa più adulta: ma seguita a parlare come una contadina, una che davvero viene dalia terra, anche se si esprime con una chiarezza ammirevole». Dichiarazioni raccolte da Jean-Michel Frodon Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Sandrine Bonnaire

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