Un solitario per le vie di Lucca
Palazzo Vecchio riscopre Giuseppe Lunardi, dal liberty alla metafisica Palazzo Vecchio riscopre Giuseppe Lunardi, dal liberty alla metafisica Un solitario per le vie di Lucca Pittore di giardini, ville e silenzi 7%| FIRENZE ! ' IUSEPPE Lunardi (Lucca I 1879-Firenze 1966) non eb1¥ be certo fortuna in vita: " I nessuna mostra, quasi nessun riconoscimento. Un'unica retrospettiva, post mortem, nel 1967 a Lucca, curata da Pier Carlo Santini. Insomma, finora, uno sconosciuto. A farlo emergere dall'ombra ci ha pensato la figlia Maria Grazia, che ha rispolverato dalle mura di casa 47 dipinti a olio o a pastello, 24 tra xilografie e disegni e 13 progetti architettonici e dì decorazione. L'esposizione, promossa dall'assessorato alla Cultura del Comune, in Palazzo Vecchio (sino al 6 marzo, catalogo Angelo Pontecorboli editore) ripercorre l'iter del pittore-architetto, dal 1912 al 1966, anche se in modo ancora parziale, visto che «in molte ville fiorentine e lucchesi ci devono essere opere inedite», ricorda Carlo Cresti, organizzatore della rassegna. Chi era Lunardi? Un tipo schivo, appartato, fuori-corrente. Lo raccontano le sue immagini, a cominciare da qaeìi'Autoritratto del 1919 in apertura, trattato a piccoli punti «divisionisti». Formato all'Accademia di Belle Arti di Lucca, e poi nella scuola professionale di Arti decorative di Firenze, insegnante nel 1910 di «Decorazione e prospettiva teorica» a Ravenna, e nel 1922 a Firenze, segue una linea tutta sua. Diverse sperimentazioni, dal «puntinismo» al «liberty» ad un particolare «realismo magico», senza alcuna simpatia per i macchiaioli. Le prime opere degli anni 191214, indicano attenzione all'«Art Nouveau», in sintonia col gusto dell'elite lucchese del tempo. Il sapore della sua terra si fa sentire nel Progetto di decorazione della Loggia di Palazzo Pretorio, del 1910, non realizzato, che riflette la tradizione locale dal 1500 di Matteo Civitali al 1800 del purista Michele Ridolfi. Un sapore però fortemente imbevuto cu «liberty». E' la Lucca intima, degli interni e dei giardini, che sfila nei dipinti del 1915, dove l'atmosfera incantata di un Seurat, ad esempio, si traduce in quella domestica di lampade e donne in lettura. Dopo la prima guerra, la riflessione e la svolta. Il «ritorno all'ordine» di Lunardi diventa rivalutazione degli affetti familiari, in modi composti e forme sobrie: ecco i ritratti della nipote, imbronciata e altezzosa, della sorella, pensosa, di giovani parenti incappellate e avvolte da volpi, lontane. C'è anche la moglie, volto duro, in un pastello del 1925-1926 ed il pittore stesso in un paio ài Autoritratti. La «metafisica» diventa nei quadri silenzio, pittura e disegno si trasformano in dialogo intimo, da cui il pittore esce solo per fughe immaginarie. Come quelle nelle visioni magiche dei due Giardino in una notte, o del Teatro di verzura, del 1925, o ancora del Giardino con Ninfeo e Giardino in autunno, del 1927-28: paesaggi blu, azzurri, rosa che altro non sono che ville lucchesi. Lunardi li ripercorre costantemente, come alternativa alla quotidianità dei volti e delle persone. Così, come sempre ritorna il suo studio, simboleggiato nel 1926 in un seggiolone con manichino: un tentativo estremo di approccio psicologico a figure simili di più illustri contemporanei, ma che inevitabilmente rimane ancora li, a Lucca. Maurizia Tazartes «Manichino in riposo», dipinto nel '26 da Lunardi, in mostra a Firenze
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