Che bella città tutta fatta di luce

La Germania rende omaggio a Leonardo Mosso, utopista dello spazio La Germania rende omaggio a Leonardo Mosso, utopista dello spazio Che bella città, tutta fatta di luce Un architetto tra AlvarAalto e Calder EKARLSRUHE A sede fine '800 del Badischer Kunstverein ospita fino al 13 marzo una vasta e affascinante rassegna dell'opera di Leonardo Mosso, centrata soprattutto sulle sue strutture tridimensionali «virtuali» (o «reticolari», come le definisce il direttore Andreas Vowinkel introducendo il bellissimo volume-catalogo La città trasparente, stesso titolo della mostra), ma estesa anche alla progettazione architettonica, al design, alla grafica. E' la tappa più recente, non certo l'ultima, dell'ampia diffusione nell'ultimo decennio dell'opera di Mosso in Germania e in Olanda in mostre, musei, spazi pubblici e privati. A confronto della limitatezza della risposta italiana alla creatività utopica e sistemica dell'allievo e collaboratore di Alvar Aalto (anche se l'attività e il patrimonio documentario del «Centro Aalto» rimangono un punto forte nella cultura torinese) questa diffusione ha una sua ragion d'essere di carattere storico e culturale. Le culture nazionali d'origine della logica razionale del «movimento moderno» in architettura, la cui tensione spaziale si estende anche ad ogni forma e modulazione del linguaggio artistico (basti pensare a «De Stijl», al «Bauhaus», alla progettazione organica anche dell'ambiente naturale in Aalto), non possono che essere preferenzialmente aperte allo spazio d'immagine di Mosso, strutturale e sistemico. La mostra ripercorre la storia complessa di questa immagine e idea organicistica - nelle più recenti formulazioni biomorfica - dello spazio, a partire dalla documentazione di un lontano esempio torinese dell'ambivalenza modulare fra interno ed esterno, la Cappella per la Messa dell'Artista del 1963, prototipo di architettura dinamica. In essa l'elemento fondamentale non è tanto la forma riportata all'essenziale, quanto il processo del suo farsi e l'essere nello stesso tempo architettura aperta e struttura plastica di elementi lineari con giunti visibili. La mediazione fra gli esempi di progettazione architettonica e le creazioni ambientali di sistemi mobili e dinamici è offerta dalla sala ospitante modelli in grande scala - e per questo con forte effetto in un certo modo surreale - di Supersedie, anch'esse sintetizzate in elementi lineari in legno o alluminio e giunti di montaggio. Protagonista fondamentale è comunque di sala in sala il proliferare dei liberi organismi - sistemi spaziali costituiti da giunti mobili e segmenti delle più varie materie, legni colorati, plexiglass, alluminio, ottone, culminante nelle varianti pluridimensionali e poliformi proposte nello spazio vasto e luminoso del «Lichthof», il cortile del¬ l'edificio coperto da un lucernario. Qui veramente si comprende fino in fondo il senso simbolico dell'intitolazione della mostra: città trasparente come luogo dell'utopia, architettura di luce come sposalizio di una logica progettuale modulare tesa all'infinito e di una vocazione poetica, anch'essa tesa fra fantasia e musicalità. L'elaborazione trentennale dei sistemi strutturali a giunto mobile di Mosso trova perfetta esemplificazione nell'aereo proliferare di modelli nel grande spazio luminoso. La base unica e unitaria nasce dall'estrema sintesi di ciò che l'autore paragona ai fonèmi elementari di qualsiasi linguaggio, verbale, scritto o - nel suo caso - spaziale: i tre segmenti dimensionali fra di loro connessi da un giunto elastico e mobile. Su questa base, Mosso ha creato «sistemi» sempre più complessi, in forma chiusa o aperta, malleabili e metamorfici per azione di forze esogene o endogene (qui interviene anche la mobilità aerea; non a caso lo stesso spazio aveva già ospitato i «Mobiles» di Calder); ma sempre modulati secondo rigorose progressioni matematico-geometriche. Nel cortile coperto, ne risulta uno straordinario spettacolo anche scenico, nello stesso tempo logico e magico, razionale e fantastico: nel grande spazio nudamente architettonico il nostro occhio capta una serie, variatissima come dimensioni, di spazi minori, nello stesso tempo trasparenti e determinati, ingabbiati o proiettati in ogni dimensione. Compresa, concettualmente e «virtualmente», la dimensione tempo. Marco Rosei Un'opera di Leonardo Mosso (in alto, a destra)

Persone citate: Aalto, Alvar Aalto, Calder, Leonardo Mosso

Luoghi citati: Germania, Mosso, Olanda