Fallito l'incontro Clinton-Hosokawa di Paolo Passarini

Fallito l'incontro Clinton-Hosokawa Fallito l'incontro Clinton-Hosokawa Tra Usa e Giappone guerra sui commerci Washington vuole mercati aperti ma prende tempo sulle ritorsioni WASHINGTON In alto Bill Clinsotto MorihiroDAL NOSTRO CORRISPONDENTE Proprio mentre stava per lasciare la capitale degli Stati Uniti dopo la sua visita ufficiale, il primo ministro giapponese Morihiro Hosokawa ha avvertito con cortese fermezza che, se il governo americano imporrà sanzioni commerciali al suo Paese, la risposta sarà una dura rappresaglia. Pochi minuti prima, durante un «breakfast» alla Casa Bianca, Hosokawa e Bill Clinton avevano constatato l'inconciliabilità delle loro posizioni. O meglio, il Presidente americano, dopo 50 anni di garbata deferenza da parte dei giapponesi, è stato colto di sorpresa da un secco, per quanto garbato, «no» sulla faccia. E così, adesso, tra le due più grosse potenze economiche del mondo, è guerra, guerra commerciale naturalmente, ma non per questo priva di pericoli. La ragione del dissenso, se non altro, è chiara. Gli Stati Uniti soffrono, nei confronti del Giappone, di un disavanzo commerciale pari attualmente a circa 60 miliardi di dollari. Da anni pregano, chiedono, a volte pretendono che il governo giapponese si impegni a ridurlo, imponendo l'importazione di maggiori quantità di prodotti americani. Da anni ottengono in risposta dei «sì», ai quali seguono anche dei fatti, ma non sufficienti a frenare l'aumento del disavanzo, prodotto peraltro non dalla cattiveria degli dei e degli uomini, ma dalle normali leggi del mercato: i giapponesi sono più bravi. Clinton, sorretto da una squadra di economisti aggressivi, trasparentemente anti-giapponesi e velatamente protezionisti, come Laura D'Andrea Tyson, ha deciso di cambiare approccio. Basta con le promesse politiche vaghe: occorre fissare precisi «obiettivi numerici», il che significa, in altri termini, che il governo giapponese deve impegnarsi a garantire l'importazione di quantità definite di automobili, prodotti elettronici, telecomunicazioni, polizze assicurative, forniture di equipaggiamenti sanitari e così via. Hosokawa gli ha risposto che non se ne parla nemmeno, appoggiando il suo rifiuto a un'obiezione ideologica di fondo e, come tale, rigida, oltreché sostanzialmente offensiva. Gli ha detto che gli «obiettivi numerici» costituirebbero in linea di principio una violazione delle leggi del libero mercato, la creazione - questa è l'espressione che ha usato - di un «commercio truccato», cosa resa ulteriormente inaccettabile dal on Hosokawa fatto che il suo nuovo governo è impegnato in una politica di «deregulation» per liberalizzare e sburocratizzare l'economia. A questo punto è scattata la minaccia di Clinton. «Non ci resta che decidere quale debba essere il nostro prossimo passo», ha detto il Presidente americano, riferendosi apertamente all'imposizione di sanzioni commerciali contro il Giappone. Hosokawa, invece di barcollare, come Clinton si aspettava, gli ha risposto per le rime. «Spero proprio che gli Stati Uniti si astengano da una simile decisione», ha detto, riferendosi, altrettanto apertamente, a una controrappresaglia. Entrambi i leader hanno due carte da giocare. Clinton potrebbe invocare la clausola Super 301 della legge sul commercio per bollare il Giappone come partner commerciale scorretto e imporre sanzioni dirette, come, per esempio, alte tariffe sui beni importati. Meno drammaticamen te, potrebbe anche chiedere alla Federai Reserve di manovrare sui cambi per far salire ancora lo yen rispetto al dollaro in modo da rendere i prodotti giapponesi troppo cari e quindi inappetibili. Ma Hosokawa, in risposta, potrebbe denunciare gli Stati Uniti al tribunale del Gatt per violazione del libero commercio e, in seguito, imporre lui stesso sanzioni sui beni americani. Anche se tutte queste sono, per adesso, solo ipotesi, si profila per gli Stati Uniti uno scacco politico. Una denuncia al Gatt, anche solo ventilata, sarebbe imbarazzante dopo tutte le pressioni esercitate dagli Stati Uniti sugli europei proprio in nome del libero mercato. D'altra parte, la manovra sullo yen potrebbe diventare un'arma a doppio taglio: ha favorito finora la ripresa dell'auto americana, ma, alla lunga, diventerebbe un balzello proprio per i consumatori negli Stati Uniti di altri prodotti giapponesi. Inoltre, il Giappone potrebbe decidere di ritirare i propri fondi dalla Borsa americana, creando non pochi problemi. Senza contare che non è mai una buona politica di immagine per un Presidente americano manovrare per un dollaro basso. E pensare che Clinton aveva salutato con gioia l'elezione di Hosokawa, un coetaneo con cui pensava di intendersi. Non aveva calcolato che discende da una famiglia di principi feudali. Paolo Passarini In alto Bill Clinton sotto Morihiro Hosokawa