Una Germania tutta part-time di Emanuele Novazio

Svolta a Bonn mentre Bruxelles cerca una strada contro la disoccupazione Svolta a Bonn mentre Bruxelles cerca una strada contro la disoccupazione Una Germania tutta part-time La grande «rivoluzione» del lavoro partirà dai ministeri Trenta posti su 100 dovranno diventare a tempo parziale BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Parola d'ordine «flessibilità», e il governo dà l'esempio: per combattere la disoccupazione record - oltre quattro milioni di senza lavoro in gennaio, una cifra mai raggiunta nel secondo dopoguerra - tutti i ministeri dovranno introdurre il tempo parziale, con conseguente riduzione del salario. Iniziative concrete in tal senso dovranno essere presentate al più presto. Con un'avvertenza: il part-time non dovrà costituire «in nessun caso» un ostacolo all'avanzamento e alla carriera. Il governo si appella alle Regioni e ai Comuni perché seguano la stessa strada. Ma la scelta è soprattutto politica: l'introduzione del tempo parziale nell'amministrazione federale, da sola, non basterà infatti a scongiurare lo spettro della disoccupazione. Il segnale al settore produttivo tuttavia è chiaro: bisogna far proprio il «modello olandese», insisteva ieri il vice ministro del Lavoro Horst Guenther. «Lavoratori e imprenditori devono superare gli ostacoli, anche mentali, e convertirsi alla flessibilità», altrimenti la situazione è destinata a peggiorare rapidamente. Secondo il responsabile dell'Ufficio federale del lavoro, Bernhard Jagoda, per dare uno scossone al mercato, anche in Germania - come in Olanda - 30 posti su 100 dovranno diventare a tempo parziale. Uno studio commissionato dal governo conferma che l'adozione su vasta scala del part-time consentirebbe di creare almeno un milione e mezzo di nuovi posti. Quasi il 60 per cento di quelli attuali, sottolinea la ricerca, possono essere «divisi» senza danni, se le imprese saranno capaci di «cambiare mentalità». Ma le resistenze sono ancora molte: «La Germania ha bisogno di una nuova cultura del lavoro, dobbiamo pensare in una nuova dimensione», riassume uno degli autori dello studio, Klaus Sommerfeldt. La riluttanza sarà ancora estesa, ma certo qualcosa comincia a cambiare: secondo il vice ministro Guenther, sono almeno due milioni e mezzo le persone inserite nel ciclo produttivo che si dichiarano disposte a lavorare di meno in cambio di salari ridotti. E quasi il 10 per cento dei disoccupati è favorevole al part-time. Dietro questa rivoluzione sotterranea ci sono cifre da brividi: quasi sei milioni di senza lavoro, comprendendo nel conto anche i disoccupati «nascosti», ai quali si provvede con sussidi e iniziative speciali. Un tasso ufficiale di disoccupazione che per la prima volta dai tempi di Weimar ha superato il dieci per cento. E prospettive fosche: 35 settori produttivi su 41, dice un'indagine recente, si preparano a tagliare altri posti. Mentre i Dodici si apprestano a discutere a Bruxelles il piano Delors contro la disoccupazione, una statistica mostrava ieri che fra il gennaio e il dicembre dell'anno scorso la disoccupazione è diventata la prima preoccupazione dei tedeschi. In gennaio era ancora al terzo posto fra le quattro principali fonti d'ansia, dopo il conflitto jugoslavo e il problema dell'immigrazione; a dicembre la paura di perdere il lavoro aveva fatto dimenticare tutto il resto. Nel frattempo, ogni giorno erano svaniti 2300 posti, quasi 850 mila in dodici mesi dunque, e in tutti i settori: dall'industria pesante a quella leggera, dall'auto ai frigoriferi, dall'informatica ai servizi, dal commercio all'amministrazione. Il '94 non segnerà una svolta. Emanuele Novazio .... Manifestazione in Germania in difesa dell'occupazione

Persone citate: Bernhard Jagoda, Delors, Horst Guenther, Klaus Sommerfeldt

Luoghi citati: Bonn, Bruxelles, Germania, Olanda, Weimar