«Dal pulpito si predica troppa noia» di Marco Tosatti
«Dal pulpito si predica troppa noia» I preti nel mirino: sono impreparati e non sanno quali argomenti colpiscono chi ascolta «Dal pulpito si predica troppa noia» Avvenire accusa: omelie prefabbricate e improvvisazioni SBADIGLI IN CHIESA CITTA' DEL VATICANO. «Oggi la causa della scristianizzazione è veramente la noia». Don Enzo Franchini, dei Padri Dehoniani di Bologna, uno degli editorialisti de «La Settimana del Clero», ed esperto di catechesi, risponde alla provocazione lanciata da un fondo del quotidiano dei vescovi «Avvenire»: «Troppa noia nelle prediche d'oggi». L'altra causa bisogna cercarla, secondo don Franchini, «nel senso di colpa che una certa predicazione addossa ai cattolici, ma questo vale più per il passato che per il presente». Ma la responsabilità non è dei parroci, o dei sacerdoti incaricati di rivolgersi ai fedeli durante la messa. «Il fatto è che il messaggio, l'annuncio non è più in rispondenza alle attese». La proposta cristiana nei decenni e nei secoli passati era - secon- do questa tesi - «una proposta di disciplina e di forza», mirata a creare una grande massa, opposta ad altre masse. Obbedienza, ordine, lavoro, correttezza morale, riconoscimento dell'autorità, riconoscimento dei grandi simboli. Questo - fanno notare gli storici della materia era congeniale a tutte e tre le religioni bibliche. Ma adesso l'attenzione è tutta centrata sulla «personalizzazione». «Perché si corre tanto all'Oriente? Perché si cerca una risposta personale». E' inclusa fortemente nella carica biblica: «ma l'abbiamo lasciata atrofizzare - afferma don Franchini - perché si predicava pochissimo di spiritualità e moltissimo di organizzazione, di ordine, di moralità. Abbiamo una proposta che andava bene per altri tempi, e non è una proposta adatta al bisogno contemporaneo». La polemica ha preso lo spunto da «Mass Media», ri¬ vista specializzata in comunicazione; un'analisi dell'omelia, strumento centrale nella vita cristiana, che viene giudicata malata, non pertinente, noiosa. Insomma, non «fora», come si dice dei programmi televisivi privi di mordente. «Purtroppo ci sono ancora predicatori che iniziano la messa senza sapere quali sono le letture proposte quel giorno, - denuncia Enzo Bianchi su «Avvenire» - altri che seguono schemi di omelie prefabbri¬ cati da altri, altri ancora, per pigrizia, restano debitori nei confronti dei molteplici «bignami» in cui la predica è pre-fatta». «L'annuncio come speranza, trova il prete spiazzato. Posso anche ammettere che la questione sia di poca preparazione del prete. Ma non e solo questo il problema». Infatti i «predicabili», cioè gli schemi usati da molti sacerdoti per costruire le proprie omelie domenicali, lamentano una carenza di fondo: trattano pochissimo il tema personalizzante. «Il prete non è stato educato a percorrere questa strada, si sente sfasato, è scoraggiato nel parlare, e allora parla di genericità, perché non riesce più a toccare nel vivo, ad attrarre l'uditorio». Si sente una sproporzione fra domanda e risposta, dicono gli esperti; e si finisce per usare affermazioni bibliche e liturgiche in se stesse esatte, ma «che non sono messe in rapporto diretto con il bisogno della gente». E poi - ricorda «Avvenire», c'è la «non coscienza della presenza del demonio, come colui che opponendosi alla predicazione, sta di fronte al predicatore, e, ad ogni manciata di seme di Parola di Dio gettata, getta la sua zizzania». Ma spesso il seme non è adatto al terreno: «quello che manca, perché mancano i modelli - dichiara ancora don Enzo Franchini - è l'aggancio con i bisogni della gente. Che tipo di 'cliente' abbiamo davanti ormai lo si è capito bene: purtroppo sono i prodotti che non sono riusciti ancora ad aggiornarsi». Marco Tosatti Un padre dehoniano rincara «Il messaggio non risponde alle attese personali dei fedeli»
Persone citate: Enzo Bianchi, Enzo Franchini, Franchini, Mass
Luoghi citati: Bologna
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