L'Armata della pietà nel mirino

I RISCHI DELLA L'Armata della pietà nel mirino Si moltiplicano i sequestri dei volontari I RISCHI DELLA COOPERAZIONE ■MOGADISCIO L Consorzio europeo per la formazione agraria, «Cefa», è una delle tante organizzazioni non governative italiane e straniere pronte ad intervenire in ogni parte del globo dove per guerra, carestia, disastri naturali, c'è bisogno di un aiuto concreto, immediato per le popolazioni. I volontari che prestano la loro opera lavorano in condizioni difficili e pericolose, sempre in prima linea. In Somalia queste organizzazioni hanno pagato un pesante tributo: a Mogadiscio, Baidoa, Chisimaio, i loro depositi sono stati più volte attaccati dai banditi, alcuni cooperanti sono stati uccisi, parecchi feriti. Ma dopo ogni attacco, con pazienza certosina, hanno ricominciato daccapo: quando a Baidoa, la «città dei morti viventi», ogni giorno decedevano più di 300 persone per fame e malattie, molto prima della televisiva missione umanitaria dell'Onu, la «Restore hope», sono arrivati i volontari che con pochi mezzi sono riusciti a strappare alla morte centinaia di donne e bambini, i più deboli, i più esposti al pericolo delle epidemie, della denutrizione. Il «Cefa», il cui presidente è il senatore Bersano, grande conoscitore del Corno d'Africa, è stata una delle prime organizzazioni italiane ad intervenire in Somalia. Con le offerte ricevute sono state inviate a Mogadiscio navi cariche di aiuti di ogni genere: farina, riso, zucchero, fagioli, medicinali, vestiti. Ma il «Cefa» oltre a portare soccorsi immediati ha come obiettivo primario aiutare la ripresa delle attività lavorative. Per questo ha aperto dei centri nelle aree agricole del Paese, nel Basso Giuba e lungo il corso dell'Uebi Scebeli, nella zona di Johar, ex villaggio Duca degli Abruzzi, dove negli Anni 30 il duca Amedeo d'Aosta aveva realizzato un grosso zuccherificio e incrementato l'agricoltura. Con l'aiuto dell'imprenditore italiano Giancarlo Marocchino, titolare di un'impresa di trasporti che fra mille difficoltà - è stato addirittura arrestato dagli americani ed espulso (mentre la Farnesina stava a guardare...) perché sospetta¬ to di trafficare in armi, accusa rivelatasi infondata e per questo riammesso in Somalia con tante scuse - continua a lavorare a Mogadiscio effettuando trasporti per il nostro contingente e per parecchie organizzazioni, i cooperanti del «Cefa» sono riusciti a portare autocarri carichi di materiali, passati indenni fra le bande di «morian» che attaccano ogni veicolo che circola sulle strade, fino a Johar e noi piccoli villaggi della zona. Qui lavorano Sergio Passadore e Gianfranco Stefani, i due volon- tari del «Cefa» rapiti ieri. In questa zona l'organizzazione italiana distribuisce alla popolazione generi alimentari e medicinali, ha riattivato una serie di centri sanitari, ha messo a punto un piano per il ripristino dei canali d'irrigazione, semidistrutti dopo anni di guerra, ha organizzato un centro di assistenza zootecnica per l'allevamento dei cammelli, di cui la Somalia è il primo Paese esportatore in Arabia Saudita e negli Emirati. Passadore, laureato in scienze politiche, è in Somalia da oltre un anno: prima aveva lavorato in Kenya, sempre per conto del «Cefa». Stefani, che aveva lavorato diversi anni in Somalia presso imprese agricole italiane, è arrivato a Johar all'inizio dell'anno. Altri volontari italiani operano in piccoli centri della zona, mentre a Mogadiscio il «Cefa» ha la sede centrale, a ridosso della vecchia ambasciata italiana. La partenza del nostro contingente creerà grossi problemi ai volontari del «Cefa» e delle altre organizzazinoi: anche se lavorano in modo autonomo, la presenza dei nostri militari costituiva una garanzia. Adesso si è appreso che anche l'ex-ambasciata italiana a Mogadiscio, presidiata da un centinaio fra incursori del «Col Moschin» e carabinieri paracadutisti del «Tuscania», sarà evacuata entro marzo e il capo della missione diplomatica, Mario Scialoja, rientrerà in Italia: con la loro partenza, la sede del «Cefa» e i magazzini resteranno senza difesa, alla mercè delle bande di «morian» che hanno ripreso a spadroneggiare fra le macerie della capitale. [f. for.] la militare italiano con un bambino somalo in un centro per la distribuzione degli aiuti internazionali

Persone citate: Amedeo D'aosta, Bersano, Giancarlo Marocchino, Gianfranco Stefani, Mario Scialoja, Moschin, Passadore, Sergio Passadore