Giolitti: paura dei fantasmi di Antonio Giolitti

Giolitti: paura dei fantasmi Giolitti: paura dei fantasmi «Paragonare Achille a Stalin fa ridere» ANALOGIE con il '48? Nessuna». Antonio Giolitti è seccato. Ha 79 anni, compiuti da un giorno. E, di polemiche, ne ha vissute tante. Ma su fatti veri, concreti. Come quelli d'Ungheria, che lo indussero nel '57 a lasciare il pei. O come la rottura con Craxi, nell'87, quando se ne andò dal psi per ritornare accanto ai comunisti. Adesso, le contrapposizioni «fasulle» di questa campagna elettorale sembrano solo accentuare la sua stizza. Nel '48, in quelle prime, infuocate elezioni del dopoguerra, Antonio Giolitti era un giovane candidato del fronte popolare. «C'erano i manifesti affissi ai muri, allora, con la Madonna Pellegrina che piangeva e le mani dei comunisti che grondavano sangue. Polemiche esasperate, certo. Ma, in fondo, era giusto: allora si stavano decidendo le sorti del Paese, la sua collocazione in campo internazionale. Al di qua o al di là della cortina di ferro, con l'Urss o con l'America». E adesso? «Adesso, al massimo, può essere in gioco la credibilità dell'Italia. Non lo schierarsi da una parte o dall'altra. La guerra fredda è finita, non ci sono più due parti». Qualcuno, però, continua ancora ad agitare lo spau¬ racchio dei comunisti. «E non mi stupisce. Se vogliamo, questo è l'unico, vago paragone possibile con le elezioni del '48. Ma è una forzatura, un esercizio spericolato. Chi deve coprire i vuoti di programmi, chi deve darsi una credibilità, cerca di innescare le paure della gente. Ovviamente, non lo fa con i manifesti murali. Oggi c'è la tv, che è molto più sofisticata. Spesso lo spauracchio dei comunisti è risultato pagante in termini di voti. Però, via, paragonare Occhetto a Stalin, mi sembra eccessivo. Per far tornare in vita quei fantasmi, bisogna avere una totale mancanza di senso dell'umorismo». Non ci sono più nemmeno i «fantasmi» di De Gasperi o Togliatti. «Già. Nel '48 c'erano uomini di grande peso, di grande autorità e statura. Di grande credibilità. Adesso, non mi pare. Qualcuno tira in ballo Berlusconi. Se io dovessi fare un paragone, ecco, lo abbinerei a Guglielmo Giannini. Non che gli somigli fisicamente, anzi. Ma è simile il tipo di appello, di sollecitazione nei confronti dell'opinione pubblica. In fondo, si rivolge anche lui aH"'uomo qualunque". Dice: "Basta con i partiti, noi siamo un movimento". Usa lo stesso linguaggio semi plice e diretto. E' la stessa de¬ magogia riesumata attraverso gli schermi della tv, che non per nulla è un mezzo di comunicazione di massa e si rivolge, appunto, all'uomo di massa. Anche la Lega si muove su questa linea d'onda. Lo dico senza malanimo. E' solo una constatazione: anche Bossi ha molte affinità con Giannini». Una campagna elettorale di basso profilo, dunque? «Per alcuni versi, sì. Nel '48 i termini della politica erano più nobili. La lotta era più intensa, gli obiettivi più ambiziosi. Forse c'era faziosità. Ma per delle ragioni vere. Certamente io mi divertivo di più». Si dice che queste elezioni segneranno il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. «Mi sembra una sciocchezza anche questa. Cosa significa? Che si vuole mettere in soffitta la Costituzione? Assurdo. Credo che il nuovo Parlamento dovrà assumersi il compito di alcuni ritocchi costituzionali. Bisognerà portare fino in fondo la riforma elettorale. Ma le fondamenta restano, e sono ancora valide». Con buona pace di chi, nei mesi scorsi, ha disegnato nuove frontiere sulla cartina d'Italia. Silvano Costanzo «Questa volta non è in ballo il destino geopolitico dell'Italia» Gianfranco Miglio In basso, Antonio Giolitti

Luoghi citati: America, Italia, Ungheria, Urss