FO la follia organizzata

«Se dovessi realizzare il programma oggi farei cantare Berlusconi» Parla l'attore che prepara il ritorno televisivo: sarà su Raidue, con Franca Rame e tutta la sua compagnia FO la follia TORINO. Non succede spesso sentir dire da Dario Fo: «Sono sconvolto». Ma se gli succede, vuol proprio dire che qualcosa gli martella in testa con un vigore speciale. Che può essere? «Un circo, viviamo in un circo. E il circo è fatto di numeri e di entrate comiche». Dario Fo emette un sibilo soffocato, utilissimo in questi giorni a risparmiar voce. Recitare in «Mamma! I Sanculotti Ito è una fatica, il Colosseo è una cavea immensa e un'influenza ormai cronica gli si è attaccata alle corde vocali come un lichene. Il circo, dunque. «Le entrate comiche servono a divertire il pubblico, lo distraggono mentre qualcuno toglie la merda dalla pista o smonta la gabbia delle tigri. Poi dovrebbe arrivare il numero, ma da noi il numero non vale più niente. L'unica cosa che vale è l'entrata comica». E sarebbe? «Paolo Berlusconi in galera, Silvio Berlusconi che in tv si fa propaganda a quel modo, come se fosse un detersivo o un biscotto. E Di Pietro è il mimo bianco, che conduce il gioco, mentre gli altri sono l'Augusto che inciampa, cade, prende le botte». Ripete, quasi meditando: «I numeri sono osceni. L'unica cosa cui la gente s'interessa è l'entrata comica». Ecco perché Dario Fo è sconvolto («ma in positivo», precisa). Il paesaggio italiano gli appare irriconoscibile. Lo smottamento sociale ha superato ogni previsione satirica ed è possibile che abbia effetti anche sul pubblico teatrale. «Torino è la città più colpita d'Italia. Un giovane mi ha detto: se riesco a fare qualche soldo vengo a teatro. Non mi era mai successo. Qui la scoppola è spaventosa, e l'han presa soprattutto i piccolo-borghesi, quelli che fino a ieri sembravano gli intoccabili e ora si sentono traditi. In nessuna città d'Italia si chiudono i negozi come a Torino. Anche gli alberghi: mi hanno detto che si sono ridotti di una ventina. E' davvero terribile. Pure a Napoli la situazione è brutta, ma i na- poletani ci sono abituati. L'unica regione che resiste è l'Emilia. Lo senti anche a teatro che il clima è diverso». E' a questa Italia irriconoscibile che Fo parlerà da un programma televisivo di Raidue. «Per ora ne so poco. La trasmissione potrebbe cominciare in settembre. La farò con Franca Rame e con la mia compagnia». Non ha ancora un progetto definito, sa che cercherà di mostrare «il lato ridicolo e tragico delle cose», com'è nel suo stile. Ma se dovesse cominciare oggi? «Se dovessi fare la trasmissione oggi, ci metterei Berlusconi, il Cavaliere. Lo vedrei entrare, doppiato dalla voce di Frank Sinatra, e gli farei cantare pezzi di Giuseppe Verdi col trucco del ralenti, tutte le romanze: la donna è mobile... va' pensiero...». Berlusconi è il tormentone di Dario Fo: «Ha copiato Reagan, ha copiato la banalità e l'ovvietà. Ha un professore che gli scrive i testi per i media e un altro che gli fa i caroselli. Quindi è come se parlasse col suggeritore. Si diceva che parlasse così Reagan. Ma il suo suggeritore era Nancy. Quando andai in America, recitai una gag: Reagan faceva un discorso e Nancy, cioè Franca, inginocchiata davanti a lui, con le spalle.al pubblico, gli suggeriva le battute. Gli americani si scompisciavano». Fo s'interrompe. «Che gli succede adesso?». A chi? «A Paolo. Secondo me il Cavaliere lo disereda, lo butta via, ne fa il suo Citaristi. Insomma sacrifica il fratello. Caino sacrifica Abele. Questa storia mi ricorda Jimmy Carter, il venditore di noccioline. Anche lui aveva un fratello che gli fece perdere la faccia combinando non so quali casini». Ci sguazza Fo. Sembra una mosca nella zuccheriera. Se fosse in scena, potrebbe fingere una capriola. E' in momenti come questo che il giullare del popolo fa tintinnare i propri sonagli. Invece è serio. Sprofondato in poltrona, appare stanco. Non è soltanto l'influenza. E' il gran lavoro di questi mesi. Oltre allo spettacolo continuamente aggiornato (va da sé che da ieri «Mamma! I Sanculotti!» apre uno squarcio su Paolo Berlu- sconi), c'è la preparazione di una regia al Rossini Opera Festival di Pesaro. Fo metterà in scena «L'italiana in Algeri». Disegna bozzetti da mesi. Ne ha pronti quasi trecento. Vuol essere irriverente nel rispetto filologico. Spiega che l'«Italiana» è una delle prime opere di Rossini, risente delle farse all'italiana di Mozart, ma con le sottolineature dell'opera buffa napoletana. Rivela che alla prima rappresentazione veneziana «la gente si sbellicava. Qualcuno se l'è fatta davvero addosso, tanto era il ridere; e il giorno dopo si dovevano lavare le logge che sapevano di latrina». Osserva che oggi l'opera ci appare ingessata, conseguenza del sopravvento preso dai cantanti sugli attori-cantori. Ricorda: «Nella prima edizione del "Barbiere di Siviglia", Figaro lo faceva un attore-cantante. C'erano mimi, nani, giocolieri. Rossini calcolava i tempi delle risate, anzi alcune battute servivano proprio ad appoggiare la risata». Vuol dire che la sua ((Italiana» sfiderà tutte le nostre convenzioni? «Cercherò di restaurare la parte scenica completamente sparita, che è la più divertente e anche la più scurrile. Prendiamo per esempio la scena in cui il bey Mustafà promette a tutti di impalarli. A tormentone entra un palo ad altezza di lombi. Oggi questo è sparito, oggi la scena si fa con un paletto da niente. E prendiamo la scena in cui Isabella fa uno spogliarello, arrazzando tutti. Come si può suggerire tanta eccitazione? Magari con le piante, con certi loro movimenti». Fo promette un trionfo di attrezzeria, annuncia il ritorno in scena di mimi e saltimbanchi, colorati serragli di animali e di donne. Soltanto così renderà giustizia a Rossini. Già Stendhal aveva definito l'opera «une folie organisée et complète». Quanto a organizzare la follia, lui, Fo, non è secondo a nessuno. Osvaldo Guerrieri Racconterà un'Italia irriconoscibile, cercando il ridicolo «Se dovessi realizzare il programma oggi farei cantare Berlusconi» «ifBl Nella foto grande Dario Fo, qui accanto Franca Rame. Oltre al programma per Raidue, prepara la regia dell'«ltaliana in Algeri»