Si è punito con la morte
Si è punito con la morte Si è punito con la morte Taranto, il carabiniere che ferì l'amico TARANTO. Alla mezzanotte di venerdì è morto Mauro Bonfranceschi, il carabiniere ventenne che mentre era nella sua stanza in caserma, si è sparato alla testa dopo aver ferito gravemente, con un colpo partito accidentalmente dalla pistola d'ordinanza, un commilitone, Alessandro Bartolini, 19 anni. Bartolini è in un lettino del reparto di rianimazione dell'ospedale Santissima Annunziata e continua a lottare grazie a un fisico da gladiatore. Ma è clinicamente morto. Fino a venerdì mattina scherzavano da buoni amici. Appartenenti all' 110 Battaglione Puglia di stanza a Bari, erano stati distaccati a Taranto. Prestavano servizio in tribunale o scortavano un magistrato. Alle 15 di venerdì, nella loro stanza, chiacchieravano, ridevano. Seduto sul suo letto, Bonfranceschi stava scaricando la pistola. E' partito un colpo. Bartolini, disteso sulla brandina, è stato centrato alla testa. Pochi attimi. Bonfranceschi ha visto l'amico sanguinare, ha puntato la pistola al capo e ha sparato due volte. Il primo proiettile l'ha ferito di striscio, il secondo l'ha ucciso. Avrebbe dovuto congedarsi a maggio, Bonfranceschi, tornare a Belforte del Chienti, il suo paese, in provincia di Macerata, dalla fidanzata Simona Mattioli che aveva sentito telefonicamente pochi minuti prima della tragedia; dalla sorella Paola, 22 anni, dalla mamma Celestina, casalinga; e dal papà Idilio, agricoltore che ha un laboratorio artigianale in cui fabbrica poltrone su richieste della Frau, grossa azienda di Tolentino. Proprio qui, a Tolentino, nella chiesa di San Catervo, verrà sepolto stamane questo giovane carabiniere. „ . Il feretro aveva lasciato l'ospedale Santissima Annunziata di Taranto ieri pomeriggio, salutato da un picchetto d'onore. A casa lo attendono gli amici, e loro ricordano che, dopo avere conseguito il diploma di perito industriale, Mauro aveva deciso di vestire la divisa dei carabinieri per guadagnare qualche lira e non trascorrere inutilmente i 12 mesi del servizio di leva. In un lettino del reparto di rianimazione c'è ancora Alessandro Bartolini, di Cotignola, paesino vicino a Lugo di Romagna, in provincia di Ravenna. Accanto a lui ci sono i familiari, un fratello. Bartolini aveva perduto il padre qualche anno fa. Giocava come portiere nella squadra di calcio di Cotignola, che milita nel campionato di Promozione. I suoi compagni hanno saputo la notizia dell'incidente venerdì pomeriggio, poco prima dell'allenamento. E oggi scenderanno in campo contro l'Asar Riccione pensando a lui. «Un buon calciatore» dicono negli ambienti sportivi. «Un bravo ragazzo che dopo la scomparsa del padre aveva avuto la vita difficile, gli volevamo bene» raccontano in paese. Come calciatore, Bartolini aveva vestito la maglia del Trento, giocando nelle formazioni giovanili; poi un anno nel Fusignano, patria dell'allenatore della Nazionale Arrigo Sacchi, quindi nel Cotignola. Il servizio di Leva l'aveva portato a Taranto. Il congedo, tra sei mesi. Nella caserma Ugo De Carolis, dove ha sede il comando provinciale dei carabinieri, dormiva nella stessa camerata di Bonfranceschi. Due amici che avevano consolidato il loro rapporto lavorando gomito a gomito e trascorrendo assieme i momenti di libertà. Poi, un attimo terribile li ha divisi. Bonfranceschi, vent'anni, morto. Bartolini, 19 anni, in fin di vita. E se è ancora lì, a lottare in un lettino del reparto di rianimazione, lo deve al suo fisico. Ma i medici non si pronunciano. Solo un miracolo potrebbe salvarlo. Tonio Attilio A sinistra Mauro Bonfranceschi. Sopra Natalia Gennaro e la casa dove si è consumato il dramma
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