«Mai ordinato di versare tangenti»
«Mai ordinato di versare tangenti» «Mai ordinato di versare tangenti» L'amministratore della Toro, Mosconi, ai giudici MILANO. «Mai dato ordine di fare i pagamenti»: questo in sintesi quanto ha dichiarato venerdì al gip Ghitti e al pm Di Pietro Antonio Mosconi, attuale amministratore delegato della Toro assicurazioni. Mosconi, agli arresti domiciliari, è accusato di aver ordinato a Ugo Montevecchi, manager della Fiat Engineering, il versamento di due somme, per un totale di 200 milioni, nel '90 e nel '92. Quando Mosconi era dirigente della Fiat Impresit e quando erano in vista le elezioni (amministrative e politiche) beneficiario di tali somme, sempre secondo il capo d'accusa, fu l'ex vicesindaco di Venezia e attuale europarlamentare del pds Cesare De Piccoli. Ma Mosconi, secondo il suo avvocato, Roberto Ponzio, di quelle somme non sa nulla e anzi sarebbe diventato un «capro espiatorio» per illeciti pagamenti ai partiti da parte del¬ la Fiat. «Montevecchi - dice il legale - confessa i propri peccati, ma Mosconi è estraneo a questa situazione e, vista la linea adottata, lo stesso Montevecchi, o la Fiat, dovrebbe mettere a disposizione della magistratura la documentazione su questi pagamenti». Secondo la ricostruzione che si legge nel mandato di cattura, il denaro proveniva dal conto della società Sacisa, aperto in una banca di Lugano. E a Lugano, su altri due conti, era finito. Dice ancora l'avvocato Ponzio: «Mosconi non ha certamente la documentazione bancaria ed è diventato il capro espiatorio di questa situazione. Per di più, se avesse pagato lo avrebbe fatto direttamente. Non è stato lui a dare l'ordine; a questo punto parlino la Fiat e Montevecchi». Sempre secondo Mosconi, che lo ha dichiarato anche ai magistrati, erano pochi nella Fiat a poter fare operazioni sul conto Sacisa: se è vero il fatto che lui non ha dato l'ordine, e se è vero che Montevecchi un ordine lo ha ricevuto, i magistrati dovrebbero a questo punto appurare da chi è venuto l'input. Mosconi, comunque, non ha negato di aver conosciuto De Piccoli. Il quale, ieri, ha annunciato di ritirare la candidatura alle prossime elezioni anche se afferma di non aver ancora ricevuto alcun avviso di garanzia. De Piccoli ha poi polemizzato sulla vicenda; non con i magistrati, però (dice di «avere piena fiducia nel pool di Mani pulite»), bensì con la Fiat: «La coincidenza dell'iniziativa dei dirigenti Fiat con le elezioni politiche sostiene - è fin troppo evidente: mi pare un tentativo di chiamare in causa, attraverso me, i vertici del partito, in particolare l'on. D'Alema». E infatti, nel mandato di cattura contro Mosconi (scritto dai magistrati) si dice che i soldi «tramite De Piccoli» era- no destinati «alla corrente politica veneta facente capo all'on. D'Alema». L'eruroparlamentare rifiuta questa etichetta: «Mi i onsidero troppo presuntuoso dice - per pensare di essere ! uomo di qualcuno; più semplicemente stimo l'intero gruppo dirigente, cui si sta tenta: to di segare le gambe con una campagna elettorale senza sclusione di col- pr». E mentre, tra le polemiche, vanno avanti i nuovi filoni d'inchiesta, i magistrati non dimenticano quelli vecchi. Ieri in procura si è presentato l'imprenditore Giampiero Pesenti che è stato interrogato appunto su una «vecchia storia», una fornitura di turbine all'Enel da parte della Franco Tosi. (r. m.] L'eurodeputato pds Cesare De Piccoli «Non sono indiziato ma non mi ricandido» Antonio Mosconi, manager della Toro Assicurazioni
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