lippi a Napoli il mio oscar

28 Piace alla Juve, interessa alla Samp: ecco le verità di un allenatore in ascesa lippi; q Napoli il mio Oscar // mercato punta sul sosia di Paul Newman IL TECNICO NUOVO CHE AMA L'ANTICO NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Fulvio Bernardini, quando lo vedeva nudo sotto la doccia dopo una partita nella Samp, diceva che era troppo bello per giocare al calcio. L'avrebbe preferito brutto, stortignaccolo e con meno tentazioni nella Genova primi Anni Settanta, in cui si bruciavano le ultime stagioni di una dolce vita di Riviera. Marcello Lippi il viareggino era il sosia, più alto e robusto, di Paul Newman. Cosa che, a ricordargliela, lo manda signorilmente in bestia, perché vorrebbe gli si parlasse più di calcio e molto meno di un cliché al quale si sente poco affezionato. «E' vero - ammette - frequentavo la Bussola perché era vicina a casa e un mio cugino, direttore di sala, mi faceva entrare per rimorchiare qualche ragazza. Ma sono tempi lontani». Senza rimpianti. Ogni stagione ha le sue delizie e forse Bernardini si stupirebbe a vedere che a 46 anni il «bellone» è ancora nel calcio, senza aver tradito il talento. Allena il Napoli, per ora. E lo fa bene. Piace alla Juve, interessa alla Samp che non ha ancora capito cosa vuole fare Eriksson: senza avere grandi sponsor si è ritagliato uno spazio importante nel mercato e nel cuore dei napoletani che discutono Ferlaino e Bianchi, Bassolino e Matarrese, ma non hanno dubbi su lui. «Sarebbe piaciuto anche a Diego», mi dice uno dei capi della suburra del S. Paolo, che valuta il bene e il male sul metro di Maradona. «Persino quelli come Policano, che gli si potevano rivoltare contro, hanno capito che era meglio lasciar perdere: il mister non si fa mettere i piedi in testa» confida chi nel Napoli ne ha viste tante. Morbido e duro. Poco disposto al compromesso pure quando sembrava che avesse accettato il più terribile: «Lippi? - si ironizzava in estate - quello che porta in panchina le idee di Bianchi?». Lui sentiva, sapeva. ((Avevo una sola garanzia - racconta - ed era nella serietà di Bianchi: mi aveva detto che la squadra l'avrei decisa sempre io. Lo conoscevo soltanto da avversario e per qualche conoscenza che avevamo in comune a Bergamo, però mi sono fidato subito. E ho fatto bene: non ho mai ricevuto una pressione, ciascuno fa la parte sua. Del resto se una persona è convinta delle proprie capacità deve correre certi rischi». Come quando disse a Percassi, il presidente dell'Atalanta, che non avrebbe aspettato di venir messo alla porta a fine stagione: «Si ricordi che sarò io ad andarmene». Rischiò la disoccupazione. A Bergamo volevano provare le ebbrezze del Milan, basta con il calcio vecchio, le marcature, gli equilibri preposti al non prenderle. Viva Guidolin, il nuovo Sacchi. S'è visto com'è finita. «Se devo schierarmi - ammette Lippi - sto con i tradizionalisti. Però non accetto la distinzione fra i tradizionalisti-retrogradi e gli zonisti-progressisti. Chi l'ha detto? Mi rifiuto di pensare che bastino quattro difensori in linea e il pressing per produrre modernità e spettacolo: io al Napoli sviluppo altre idee eppure ho il quarto attacco del campionato, con undici uomini che sono andati in gol». «L'allenatore bravo - prosegue - è quello che sa gestire bene il gruppo. Bernardini, con le qualità umane che aveva, sarebbe un grande tecnico anche oggi che il calcio è distantissimo dal suo». Lo stesso - dice - vale per il Trap. «Quelli della mia generazione, piaccia o no, si sono formati sul suo esempio, che non vuol dire scopiazzarne il gioco, ma il modo di far crescere la squadra e di controllare lo spogliatoio. Mi piace anche Capello. Gli altri? C'è gente che ammiro, come Zeman per il lavoro che ha fatto nel Foggia, poi però scivola su certe partite in cui prende quattro o cinque gol e allora non mi sta più bene: a una vittoria per 5 a 4 ne preferisco una per 1 a 0. Si soffre meno». Ma lo spettacolo? «Cos'è? Io non lo so. Uno spettacolo è il gioco del Parma, il cui segreto però non è la zona, ma il ritmo, la grande resistenza atletica. Senza contare che certe cose ti riescono quando hai giocatori con le qualità di Asprilla o di Zola. Altrimenti restano bei sogni di carta». I sogni li accarezza pure a Napoli. Una zona Uefa che sarebbe miracoloso raggiungere, un gruppo da tenere unito anche in futuro. «Questo è il nostro disagio di oggi, più degli stipendi che tardano da due mesi e tra dieci giorni tarderanno da tre. Tutti quanti sappiamo che i soldi arriveranno, la Lega garantisce i contratti, ma è l'idea di un gruppo prossimo a sfaldarsi che rende tutto più difficile. Ora dobbiamo tifare per il tentativo di Bianchi: se si espone è perché gli hanno dato certe garanzie, non accetterebbe la presidenza se non fosse sicuro di mantenere fede a certi impegni. Ma mi po' di paura c'è e passa soltanto la domenica quando vai sul campo e pensi solamente a giocare». E, lei, Lippi, non pensa di mettersi al sicuro? «Cambiando società? Bisognerebbe che qualcuno si facesse avanti veramente e non con le parole dei giornali. Comunque non è ancora il tempo di parlarne. Mi chiedono se sono pronto per Torino. Rispondo che ci sono già andato due volte in campionato e per quest'anno non dovrei andarci più». Marco Ansaldo o ERIKSSON [SAMP] piace a Juve e Inter LIPPI [NAPOLI] piace a Juve, Inter e Samp O ZEMAN [FOGGIA] piace alla Lazio CAGNI [PIACENZA] piace al Toro ~^ LA TOP-TEN DEGLI ALLENATORI SUL MERCATO o TRAPATTONI [JUVE] piace a Inter, Lazio e Roma BIANCHI [NAPOLI] piace a Roma e Inter SIMON! [CREMONESE] piace al Toro o MONDONICO [TORINO] piace a Samp, Lazio e Inter LUCE5CU [BRESCIA] piace a Inter e Samp GIORGI [CAGLIARI] piace a Roma, Foggia e Napoli Marcello Lippi, viareggino di 46 anni, rifiuta la distinzione tra tecnici zonisti-progressisti e tradizionalisti-retrogradi: «Quelli della mia generazione si sono formati sull'esempio del Trap»