Quella capinera non vola alto di Alessandra Levantesi

Il film di Zeffirelli dal romanzo giovanile di Verga, con Angela Bettis PRIME CINEMA Il film di Zeffirelli dal romanzo giovanile di Verga, con Angela Bettis Quella capinera non vola alto Serviva una minore leziosità QUANTO deve aver infiammato la fantasia delle nostre ottocentesche avole la triste «Storia di una capinera». All'uscita nel 1870 fu un bestseller dell'epoca e a tutt'oggi resta il romanzo più venduto di Giovanni Verga, anche se i critici ne evidenziano le immaturità stilistiche. Rinchiusa in convento bambina allorché il padre vedovo si era risposato con una nuova moglie ansiosa di togliersi di mezzo quella figlia non sua, la novizia Maria rientra temporaneamente in casa in occasione della terribile epidemia di colera che nel 1854 colpisce Catania. Nella campagna dove i suoi si sono rifugiati per evitare il contagio, la giovinetta riscopre le gioie semplici di un quotidiano fatto di piccoli piaceri e affettuosità, e complice l'atmosfera sensuale delle notti estive ai piedi dell'Etna si invaghisce colpevolmente di Nino, figlio dei vicini, che forse potrebbe contraccambiarla se solo lei si mostrasse meno inaccessibile. Ma Maria, condizionata da anni di mortificazioni monacali, soffoca l'amore sul nascere. Salvo ad accorgersi una volta rientrata in convento e soprattutto quando Nino impalma la sorellastra che quella passione, la invade tutta e la ossessiona fino al delirio, sino alla morte. Costruito in forma epistolare attraverso le lettere a un'amica in cui la povera reclusa sfoga i suoi tormenti, il romanzo ha una tensione sentimentale che in qualche modo prende il sopravvento sull'altro tema, pure importante, della denuncia sociale di un'atroce condizione di sottomissione femminile. Nella versione per lo schermo di Franco Zeffirelli la storia è oggettivata con qualche variante e messa in scena con il gusto sicuro del grande impaginatore di melodrammi formatosi alla scuola viscontiana. Per cui se l'opera di Verga è lirico-psicologica, il film è storicistico-formale nel visualizzare ambienti e situazioni che nel libro intravediamo negli stati d'animo sempre più alterati di Maria. E dal confronto fra la sciagurata monaca, interpretata con trepida sensibilità da Angela Bettis, e i suoi carnefici rappresentati dalla matrigna, ben incisa da Sinead Cusack, e dalla stessa istituzione religiosa emerge più il meccanismo repressivo di una società che permette senza batter ciglio lo svolgersi di simili tragedie che la vena romantica rivendicata dal regista nelle interviste. Peccato che immagini tanto belle e preziose siano banalizzate e l'agile ritmo narrativo appesantito dalle usuali leziosità zeffirelliane, intermezzi folcloristici, fotografia patinata, musica debordante. Perché con più asciuttezza e rigore questa «capinera» rischiava persino di commuovere le emancipate pronipoti di quelle lontane avole. Alessandra Levantesi STORIA DI UNA CAPINERA di Franco Zeffirelli con Angela Bettis, Jonathan Schaech, Sinead Cusack, John Castle Produzione italiana 1994 Genere drammatico Cinema Olimpia 1 di Torino; Fiamma di Roma Angela Bettis è la «capinera» un ruolo che interpreta con trepida sensibilità

Luoghi citati: Catania, Roma, Torino