In America è già futuro

In America è già futuro In America è già futuro Una vera rivoluzione per i network LOS ANGELES. Nei suoi primi 50 anni di vita, la televisione non è cambiata granché. E' diventata a colori, si è fatta più invadente, ma sostanzialmente è sempre la stessa. Adesso, dopo mezzo secolo, la televisione sta per cambiare rotta. La nuova frontiera non sarà tuttavia l'alta definizione, come si pensava appena una decina di anni fa, ma la corsa alla interattività. La televisione tradizionale, quella passiva, ha fatto il suo tempo, assicurano gli esperti. Al suo posto, avremo un medium che stimola, che costringe a reagire, che sarà tagliato su misura per il gusto e i bisogni individuali. Un futuro non troppo remoto, che anzi è già qui con noi. «L'interat¬ tività è destinata a crescere, e in fretta», sostiene Olaf Olafsson, responsabile della Sony Electronic Publishing. «Ma i suoi prodotti sono già nel mercato e sono molto promettenti». Basta chiederlo a decine di migliaia di abitanti di Montreal abbonati ai programmi via cavo del Groupe Videotron e dotati di un'unità di controllo intelligente attivata da un apparecchio che assomiglia a un normalissimo telecomando. Quando arriva l'ora delle news, si sorbiscono passivamente i primi sei minuti. Poi, ordinano il notiziario su misura. Stufi delle solite immagini di sangue e di orrore provenienti da Sarajevo? Click e ci si può spostare sull'ultimo pettegolezzo hollywoodiano. Il proprio mondo inizia e finisce con lo sport? Click e ce n'è quanto si vuole. C'è anche la possibilità di scegliere le inquadrature delle telecamere. Facessero vedere il campionato italiano, si potrebbe seguire una partita per esempio attraverso le azioni di Vialli. 0 le parate di Zenga. Un altro click e si può sapere immediatamente quanti gol ha segnato il centravanti avversario nella stagione passata. A sviluppare il programma in uso a Montreal è la Actv, una società newyorchese che ha tra i propri azionisti il Washington Post e che ha iniziato i primi test nello Stato di New York e nel Massachusetts. E che deve guardarsi le spalle da concorrenti come la Tv Answer, che conta di trasmettere dalla Virginia mandando i segnali via satellite e la californiana Interactive Network, che ha come uno dei suoi soci la Nbc. Secondo la Lintas Usa, una società di ricerche di mercato, nell'ormai non troppo lontano 2000 il 40 per cento degli americani avrà una Tv interattiva. E adesso, nel mondo dei media, nessuno vuole correre il rischio di ritrovarsi tagliato fuori. «Le alleanze che definiranno quello che vedremo nei prossimi anni stanno prendendo forma adesso», commenta Paul Saffo, dell'«Institute for the Future». «Se non sei nel gioco da ora, nessuno in futuro ti inviterà al tavolo». La televisione interattiva ha un suo ovvio sbocco anche nel mondo della scuola e della educazione. Con l'arrivo della interattività, c'è anche chi intravede la fine di un pilastro attorno al quale sono state costruite le democrazie moderne: il seggio elettorale. Perché recarsi alle urne, quando con un telecomando si può scegliere il partito o il candidato preferito senza spostarsi da casa? Ma il settore più promettente è quello dell'«entertainment». Conta già su un foltissimo esercito di seguaci, i membri della cosiddetta «Nintendo generation». E adesso sta per avventurarsi anche Hollywood, determinata a non lasciarsi sfuggire la nuova opportunità. Ecco così che Time Warner, Matsushita (che controlla la Universal Pictures) e At&T hanno creato la 3DO, il cui sistema interattivo dovrebbe essere pronto l'anno prossimo. La Disney segue gli avvenimenti attraverso il suo settore «Nuove tecnologie», mentre la Paramount, pochi giorni fa, ha annunciato una partnership con il finanziere texano Richard Rainwater e con Barry Diller per esplorare «nuove opportunità». Diller è l'uomo che ha lasciato una delle poltrone più potenti di Hollywood, quella di presidente della Fox, per assumere il comando della Qvc Network, un oscuro canale televisivo di vendite per corrispondenza. Come mai? Ma perché secondo lui il futuro è lì, nella convergenza di computer, telefono e televisione. Un'opinione condivisa da un uomo che ha un background completamente diverso, John Sculley. Il presidente della Apple cerca di venire a Hollywood almeno una volta il mese, per incontrarsi e discutere con i boss degli studios e con i più importanti agenti cinematografici. Non vuole lasciarsi sfuggire la nuova rivoluzione interattiva e a questo proposito ha deciso di formare una società, la Kaleida, assieme con l'ex nemico storico della Apple, la Ibm. «La televisione avrà una seconda chance», sostiene Sculley. «E questa volta ha la possibilità di fare le cose per bene». C'è anche la possibilità, grazie alla compressione digitale, che ogni utente abbia a disposizione sino a 500 canali, come annunciato alcuni mesi fa dalla Telecommunications Inc. Cinquecento canali? E come navigarci? Come evitare che così tanta abbondanza non finisca in realtà per uccidere il medium? Semplice. Si fa ricorso a un bel sistema interattivo e si potrà limitare la propria ricerca a quei canali che offrono fantascienza, le ultime di Borsa, giochi a quiz o le ultime novità sulla telenovela di lady Diana. Lorenzo Sona

Persone citate: Barry Diller, Diana, Diller, Disney, John Sculley, Lorenzo Sona, Olaf Olafsson, Paul Saffo, Vialli, Zenga