Fondi Sisde Malpica «scagiona» Andò

Il grande accusatore: «I servizi non pagavano l'ex ministro, ma una sua nipote» Il grande accusatore: «I servizi non pagavano l'ex ministro, ma una sua nipote» Fondi Sisde, Malpica «scagiona» Andò Era accusato di aver intascato 10 milioni al mese Gli avvocati: «La sua posizione va archiviata» ROMA. C'era un Andò che in nero intascava dieci milioni dal Sisde. Non l'ex ministro socialista, però, secondo quanto sostiene il grande accusatore Riccardo Malpica, bensì sua nipote, già funzionarla del servizio segreto. Quando l'ha scoperto, ieri, dalla viva voce del giudice Ettore Torri che lo stava interrogando, Salvo Andò non ha nascosto la sua soddisfazione: «Un caso di omonimia». Tra i tanti - prefetti, questori, generali, giornalisti, funzionari di banca, avvocati: in tutto 76 indagati - che sfilano davanti al giudice in questi giorni, chiamati a giustificarsi per aver intascato pochi o tanti milioni dai fondi neri del Sisde, ieri è stata la volta di Salvo Andò. Lui, ex ministro della Difesa, già responsabile per conto del psi dei «Problemi dello Stato», era stato accusato da alcuni funzionari del Sisde di aver intascato sostanziosi contributi. I due tesorieri Broccoletti e Galati, in particolare, sia pure senza dare troppe certezze, facevano il suo nome. I dieci milioni, raccontavano, probabilmente sono stati intascati ogni mese. Ma non sapevano dire con certezza. E non erano neppure troppo sicuri che fosse materialmente lui, l'ex ministro, il destinatario finale della somma. Andò, invece, ha sempre negato con durezza di aver intascato soldi del servizio segreto. Ha ammesso soltanto certi saltuari contatti con i vertici del Sisde «dovuti a ragioni istituzionali e di sicurezza». A togliere l'ex ministro dai guai, però, a sorpresa, sarebbe Riccardo Malpica. L'ex direttore del Sisde, detto «il cinese», grande accusatore di tanti altri eccellenti di Stato, nel caso di Salvo Andò ha smentito tutto. Pagavamo una sua lontana parente - è in sostanza la deposizione di Malpica - che peraltro abbiamo allontanato dal servizio già nel 1991 e definitivamente liquidata nel corso del 1992. Di questa nipote di Salvo Andò, arruolata per chiamata nominativa al Sisde tra il 1986 e il 1987, si era già parlato nei mesi scorsi. E anzi quello della fortunata nipote di Andò era uno dei casi più ricorrenti quando si trattava di fare esempi di assunzioni clientelari o nepotistiche al Sisde. Chiarito il contesto dell'accusa, l'avvocato Carlo Striano si è precipitato a chiedere l'archiviazione per il suo assistito. E intanto Salvo Andò, in vista di una campagna elettorale che si annuncia infuocata, non rilascia dichiarazioni. In Sicilia, l'esponente socialista si deve vedere da una ben più grave accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Questa del Sisde, in fondo, per lui è una grana minore. Sollecitato dai giornalisti, si limita a dire: «Non ho elementi per giudicare se questo episodio sia strumentale». E così sembra sgonfiarsi il caso-Ando. Allo stesso modo si è ridimensionato, due giorni fa, il caso del prefetto Antonio Lattarulo. Si tratta di un ex capo di gabinetto del Viminale, ale dipendenze prima di Oscar Luigi Scalfaro e poi di Antonio Gava. Lattarulo viene accusato dalla banda del Sisde di aver intascato sessanta milioni al mese. Lattarulo, difeso dall'avvocato Carlo Taormina, si è difeso invocando le regole amministrative. E' vero che ricevevo somme consistenti dal Sisde, ma al fine esclusivo di rimpolpare i fondi riservati del ministro. Era praticamente la stessa cosa, avrebbe spiegato, se si utilizzavano i fondi del Sisde o quelli del gabinetto. [fra. gri.] L'ex ministro socialista Salvo Andò

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