Su Sarajevo match telefonico Eltsin-Clinton

Tre giorni di contatti per il colloquio, Washington «soddisfatta» ma la Russia vuole «più peso» Tre giorni di contatti per il colloquio, Washington «soddisfatta» ma la Russia vuole «più peso» Su Sarajevo match telefonico Eltsin-Clinton Mosca: decida il Consiglio Onu MOSCA DAL NÒSTRO INVIATO Si sono parlati infine, dopo tre giorni di tentativi, di appuntamenti mancati non si è capito per colpa di chi, di attese nervose sul filo della buona educazione. Si tratta dei presidenti di Russia e d'America, Eltsin e Clinton. Il colloquio telefonico è avvenuto alle 17,15 ora di Mosca. Bill Clinton dalla sala ovale della Casa Bianca, Boris Eltsin dalla dacia fuori Mosca dove si sta curando, pare per una leggera bronchite. Hanno parlato, ovviamente, di Bosnia, ma cosa si sono detti non lo sa nessuno. Muto come un pesce il portavoce russo, Anatolij Krassikov, moderatamente ciarliera la signora Dee Dee Myers: Eltsin avrebbe detto, in mezz'ora di colloquio (con traduzione consecutiva), che il Cremlino ò intenzionato a «svolgere un ruolo significativo e attivo» nella crisi bosniaca. Non è stato chiarito in che senso: se cioè la Russia accetta l'ultimatum della Nato ai serbi di Bosnia o se insiste per una decisione del Consiglio di Sicurezza dcll'Onu. Fatto sta che, sempre a detta della portavoce Dee Dee Myers, Clinton ha posato la cornetta «molto incoraggiato». Ma fonti anonime dell'entourage presidenziale russo avrebbero detto invece che Eltsin ha nuovamente insistito su una «soluzione po- litica» e sul ruolo primario delle Nazioni Unite, «incluso ciò che concerne Sarajevo». Il mistero resta fitto, al punto che la tv russa ha dedicato ieri sera una speciale edizione del programma «Dettagli» per cercare di capire quale sia lo stato reale di salute di Eltsin, e le ragioni del mancato contatto tra i due presidenti per la durata di almeno 72 ore. Voci contraddit¬ torie e vaghe che si rimpallano l'una con l'altra da Washington a Mosca. Mercoledì Eltsin aveva la febbre a 38,2, scesa giovedì a 37,7. Risulta che avrebbe atteso la telefonata di Clinton per un'ora e mezzo, «ai limiti della buona creanza». Poi se n'è andato, dice il suo portavoce Krassikov. Ma dove? Non certo fuori dalla sua dacia. Il ministro della Difesa Gra- ciov afferma con sicurezza, del resto, che i sistemi di collegamento tra i due presidenti non hanno interruzioni. L'aiutante di campo Viktor Iliushin conferma che Eltsin era pronto a rispondere. Al giornalista della tv non resta che concludere che Clinton «è arrivato in ritardo, come talvolta gli accade», oppure che «non aveva voglia di sentirsi dire cose non collimanti con le sue aspettative». Ma gli restano alcuni dubbi, visto che - dice - «la posizione della Russia è tutt'altro che chiara» e che Boris Eltsin è assente dal Cremlino da sette giorni abbondanti. Chiede chiarimenti a Iliushin: «non abbiamo ragione di preoccuparci?». E non li ottiene: «come si fa a non essere preoccupati se il presidente non si sente bene?». Allora si rivolge a Mikhail Poltoranin, ex intimo del presidente, e si sente dare una risposta a metà tra sarcasmo e rassicurazione: «in un modo o nell'altro, stia sicuro, il presidente riapparirà in pubblico». Intanto al Palazzo di Vetro il rappresentante russo, Julij Vo- rontsov, spostava l'accento su Sarajevo demilitarizzata e sotto amministrazione Onu, ignorando ogni accenno ai veti in Consiglio di Sicurezza, probabilmente uniformandosi a nuove indicazioni del Cremlino. Che, in caso volesse ritornare in sintonia con la posizione di Washington, dovrebbe tenere conto di una nuova, seria defezione. La frazione parlamentare del partito dell'Unità e Concordia Russa, guidato da Serghei Shakhrai (membro del governo e altro ex intimo di Eltsin), ha distribuito un secco diniego all'ipotesi di bombardamenti Nato che «non possono essere né limitati, né selettivi» e che «produrrebbero una moltiplicazione della tragedia avvenuta nel mercato di Sarajevo», con la probabile conseguenza di una «internazionalizzazione del conflitto dagli effetti imprevedibili». Il tutto mentre la Duma partiva all'offensiva approvando a stragrande maggioranza una risoluzione - proposta al voto da Lukianov, sotto processo per il golpe di agosto - che rifiuta l'attuale sede in cui il Parlamento è stato costretto e che ingiunge al presidente di scegliere fra tre soluzioni, tutte a lui sgradite: o il Cremlino, o la Piazza Vecchia (ex sede del Comitato Centrale) oppure la Casa Bianca (dove il governo si è appena trasferito). STATO MAGGIORE DELL'ONU LE POSTAZIONI SERBE INTORNO A SARAJEVO CARRI ARMATI CANNONI MORTAI Fra Clinton e Eltsin c'è stato ieri un difficile chiarimento telefonico sulla Bosnia