Dall'Arkansas un nuovo «sexgate» per Clinton di Paolo Passarini

Una donna: cercò di portarmi a letto Una donna: cercò di portarmi a letto Dall'Arkansas un nuovo «sexgate» per Clinton «Ero una sua dipendente, il governatore ne approfittò per chiedermi un rapporto» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Lo si voglia chiamare «sexgate» o «fornigate», il tema delle divagazioni sessuali di Bill Clinton continua a essere aggiornato e ieri si è addirittura arricchito di un classico caso di «sexual harassment», vale a dire molestie sessuali compiute su una dipendente. Una donna di nome Paula Jones, assieme al suo avvocato, ha convocato una conferenza stampa nella capitale per raccontare come, tre anni fa, l'allora governatore Clinton l'abbia convocata in una camera d'albergo per proporle «un certo tipo di sesso». La donna non ha voluto essere più precisa, ma quanto ha raccontato è stato sufficiente a scatenare un caso: la donna, allora, era una dipendente dello stato dell'Arkansas. E, in più, c'è il racconto del modo in cui avvenne la «convocazione», che rilancia le accuse fatte due mesi fa da quattro guardie del corpo di Clinton. Fu infatti uno dei quattro, secondo una tecnica a quanto pare abituale, a avvicinare la donna e a chiederle di salire nella stanza del governatore. Clinton aveva notato Paula Jones, mentre lei stava al banco di ricevimento di un convegno organizzato in un albergo di Little Rock dalla Arkansas Industriai Development Commission, di cui era impiegata. La donna accettò di salire nella camera del governatore, che, secondo il suo racconto, la ricevette alla porta prendendole la mano «mentre con l'altra mano si allentava la cravatta». «Hai delle belle curve -le avrebbe detto-, adoro il modo in cui i tuoi capelli scendono lungo il tuo corpo». Poi, sempre secondo il racconto della donna, la proposta di «un certo tipo di rapporto sessuale», da lei respinto prima di lasciare di corsa la camera di Clinton. «Non è vero niente -ha smentito ieri il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Mark Gearan -. Lui (Clinton, ndr) non ricorda di avere mai incontrato quella donna. E non è mai stato solo in una camera d'albergo con lei». Non c'è solo il fatto che la seconda parte della smentita sembra tanto inutile rispetto alla prima da sollevare sospetti. C'è il problema dell'agente. Si chiama Danny Ferguson è, tra i quattro che parlarono con l'«American Spectator» e il «Los Angeles Times», è uno dei due che scelse di rimanere anonimo. I due che uscirono a faccia scoperta, Roger Perry e Larry Peterson, non solo raccontarono di avere loro stessi avvicinato donne per conto di Clinton, ma sostennero che Ferguson si era tirato indietro solo perché avvicinato da Clinton prima della pubblicazione della storia e comprato con un nuovo lavoro. Paolo Passarini

Luoghi citati: Arkansas, Washington