Cantina-sartoria con 9 clandestine

Cantina-sartoria con 9 clandestine Le ragazze arrivavano dalla Cina Cantina-sartoria con 9 clandestine Gli agenti del commissariato San Paolo sono scesi negli scantinati di un vecchio palazzo, in via Monginevro 9. Una casa a quattro piani. Accanto al portone ci sono le vetrine di un ristorante cinese. In due cantine c'era una sartoria clandestina. Nove cinesi, quasi tutte ragazze, 20-24 anni, lavoravano in locali angusti. Otto, dieci metri quadrati. Senza finestre, luce artificiale, pareti umide. Donne chine su vecchie macchine cucivano gonne e calzoni. Le stoffe erano tagliate nel secondo locale. Quanto è affiorato dall'inchiesta è ora raccontato in un rapporto inviato dai funzionari del commissariato al magistrato, il dottor Arnaldi, presso la Pretura: «Alcune ragazze erano clandestine, arrivate in Italia con falsi documenti». Dall'Estremo Oriente attraverso lunghi percorsi, forse chiuse in scatoloni, su Tir, nscoste dietro sacchi di frumento o stracci. Nomi dai dolci suoni: Hu Zhou, Yang Chong, Wuyue, Yufeng. Che significano «Rugiada del mattino», «Sole nascente», «Alba radiosa». Quelle ragazze, dicono i vicini, vivono nelle soffitte, sotto i tetti della casa di via Monginevro. L'uscio in legno che porta alle mansarde è protetto da una lastra d'acciaio. I vicini mormorano: «La porta è sempre chiusa. Le ragazze escono al mattino, scendono nelle cantine, vi restano per lavorare fino a notte». Quattordici gradini portano dall'androne al corridoio delle cantine. Racconta la dottoressa Marina Di Donato, fuzionaria del commissariato San Paolo: «Siamo arrivati verso le 11. La scala era illuminata dalla luce che filtrava dal cortile. Dal basso saliva una nenia. Abbiamo bussato, le due porte erano appena socchiuse». Dentro quell'inferno. Come due tombe. «Nella prima cantina c'erano trecento, quattrocento calzoni e gonne che pendevano da corde tese al soffitto. La stanza veniva così abbassata a neppure due metri. Cinque tavolini. Altrettante macchine da cucire. Attorno sette persone. Sei donne e un uomo. Modulavano ima nenia mentre le loro mani correvano veloci lungo le cuciture». Nella cantina accanto, leggermente più ampia, tre metri per quattro, c'era un tavolo sul quale venivano tagliate le stoffe. La storia di questa sartoria clandestina è nel rapporto della polizia. Gli inquirenti fanno i nomi di due cinesi: Hu Yueduo, 25 anni, e Hu Xuxun, 34 anni. La loro posizione è all'esame del magistrato. Gli inquirenti ipotizzano una serie di reati: violazioni alla legge sull'assunzione degli stranieri, evasioni fiscali, inosservanze delle norme di igiene e di sicurezza. Ora, dopo la perquisizione degli agenti, la sartoria clandestina è chiusa. «Sono cessate le attività», dicono i vicini. Forse per essere trasferite altrove, in qualche altro buco sotto terra. Gli agenti ieri sono tornati per un controllo. Chiuse le cantine. Nessuno in casa. Al ristorante cinese c'erano due cuochi. Uno di loro: «Non capisco». L'altro: «Io non so nulla». E hanno richiuso la porta della cucina, verso il cortile. Chi indaga sul giovane cinese ucciso, il cui corpo è stato trovato nel Savonese, mormora: «Clandestini senza speranze, costretti a non vedere, non sentire, non parlare». E chi sbaglia è ammazzato. Dalla Cina all'Italia per un pugno di milioni. Ed essere ucciso. Il dottor Franco Greco, il magistrato ligure che coordina con la dottoressa Donatella Masia della procura torinese - le indagini sul giovane orientale trovato ammazzato nell'entroterra savonese, conferma: «E' un delitto che trova le sue radici nell'immigrazione clandestina». Carte false per fuggire da condizioni di vita difficili. Per trovarsi poi, spesso, in realtà altrettanto drammatiche. Come le cantine in via Monginevro. L'inchiesta sul giovane ucciso con un colpo di pistola, probabilmente a Torino, poi trasportato in un sacco della spazzatura sulla strada per Millesimo, ha fatto emergere pagine amare di questa immigrazione clandestina. Sotto il ristorante di via Monginevro 9 la polizia ha scoperto le nove ragazze lavoravano da mattina a tarda sera con vecchie macchine da cucire preparando gonne e pantaloni

Persone citate: Arnaldi, Di Donato, Donatella Masia, Franco Greco, Hu Yueduo, Hu Zhou, Yang Chong

Luoghi citati: Cina, Italia, San Paolo, Torino