Per bagaglio una bambola di pezza

«Giocavamo sulla neve con gli slittini davanti alla scuola: ho visto morire accanto a me i miei due amici Io sono stata ferita da una scheggia» Bimbi silenziosi e adulti in lacrime: l'aiuto dei torinesi ai profughi di Sarajevo Per bagaglio una bambola di pezza Anesa, 12 anni, è in ospedale con la mamma e il fratellino Molti dicono: «In quell'inferno abbiamo lasciato i nostri cari» Anesa Beganovic ha 12 anni, è ricoverata al reparto di ortopedia del Regina Margherita: la scheggia di una granata le ha colpito la gamba sinistra fratturandole la tibia. E' una dei bambini di Sarajevo arrivati la notte scorsa all'aeroporto di Caselle a bordo di un Dc9 dell'Aeronautica militare. Bambini che non ridono mai, che sono stati testimoni oculari di scene terribili. Sono scappati senza capire dove andavano, portando con sé le bambole di pezza e gli orsetti di peluche. Guardano silenziosi con gli occhi sgranati chiunque si presenti di fronte: non strappa loro un sorriso il dono di un giocattolo o di una caramella. Anesa ha visto morire due amichetti mentre giocava con loro sulla neve, davanti alla scuola. «Avevamo gli slittini» mormora all'interprete. . Con Anesa c'è la madre, di 33 anni: il suo nome si pronuncia «Shevala», quello del fratellino di cinque anni «Vedad». E' un bimbo biondissimo, molto silenzioso. Tenta continuamente di uscire dall'ospedale. La notte scorsa hanno dormito tutti e tre insieme, al Regina Margherita. La madre racconta che non voleva lasciare suo marito, non voleva fuggire da Sarajevo: «Mi hanno convinta i medici di laggiù, dicono che Anesa può guarire solo qui. Appena possibile torneremo alla nostra casa. E' stata bombardata, ma è ancora in piedi». Shevala non voleva lasciare l'inferno della Bosnia anche se «da mangiare non c'è niente: quel poco che arriva dagli aiuti umanitari serve appena per i bambini». Hanno saputo che sarebbero partiti per l'Italia solo quattro ore prima di salire sull'aereo svedese che li ha sbarcati a Falconara: non hanno portato appresso quasi nulla. Le madri degli altri bimbi ricoverati hanno regalato a Shevala scarpe, biancheria. Qualcuno ha portato sapone, biscotti, lo spazzolino da denti. I bambini del reparto hanno regalato a Anesa e al fratellino i loro giocattoli. Altri acquisti li ha fatti l'assistente sociale del Regina Margherita. Ieri pomeriggio sono arrivati gli aiuti del Comitato «Da Torino per i bimbi della Bosnia» che ha reso possibile l'accoglienza dei profughi collaborando con l'assessorato alla Sanità della Regione e l'Ufficio stranieri del Comune. Altri feriti sono ricoverati al Cto (sette), alle Molinette (quat- tro) e al San Luigi (altri quattro). Sedici in tutto, accompagnati da 19 congiunti. Quasi tutti sono sopravvissuti al massacro del mercato. Hanno ferite da proiettili o da esplosioni di granate, e le prognosi di guarigione vanno da due a tre mesi. Complessivamente sono arrivati in città 16 bambini. (Altri sei sono attesi oggi o domani). Dopo due notti in albergo a Torino e a Nichelino (alcuni ospiti del Comune di Beinasco), i parenti saranno ospitati alla Casa della Croce rossa di via Groscavallo, al Gruppo Abele, e in alloggi messi a disposizione dalla San Vincenzo, dai padri Camilliani e da volontari. Giuseppe De Intinis, direttore sanitario del Regina Margherita, dice che Anesa «ha una brutta frattura scomposta, sarà operata lunedì. L'hanno curata con mezzi di fortuna, che da noi non si usano più». La ragazzina ieri sfogliava «Topolino», regalo dei bambini del reparto. Non capisce l'italiano, guardava le figure con un'espressione triste: «Papà è militare, rischia di morire». Ajla e Arnel sono illesi. Fratelli di 8 e 15 anni, sono a Torino con la madre ferita. «Forse resterà paralizzata» dice Arnel. E' stata ricoverata al Cto con una pallottola ancora in corpo sparata da un cecchino, che le ha leso la colonna vertebrale: «Stava andando a trovare la nonna, quando l'hanno colpita». Il direttore sanitario del Cto Carmelo Del Giudice dice che la donna è in prognosi riservata. «Non sappiamo se potrà tornare a camminare». All'hotel Plaza ieri c'era una riunione operativa con il comitato «Da Torino per i bimbi della Bosnia» (presieduto da Mari¬ nella Lessona, la moglie del prefetto}, il Comitato accoglienza profughi dell'ex Jugoslavia, funzionari dell'assessorato alla Sanità della Regione, del Comune e della questura, che cercheranno di ottenere per i profughi i permessi di soggiorno in tempi record. Il comitato ha un elenco di persone che si sono rese disponbili ad accogliere i profughi: qualcuno ha messo a disposizione l'appartamento in montagna, la casa al mare. Altri offrono stanze da dividere con i propri figli. «Vogliamo seguire questi bimbi - dice Marinella Lessona - finché la guerra sarà finita: siamo partiti da un fondo di mezzo miliardo, sta arrivando altro denaro. Non vogliamo che, una volta dimessi dagli ospedali, i profughi debbano tornare al loro Paese se non lo desiderano, o che fini¬ scano ammassati nei campi profughi al confine». Seduta su un divano nella hall dell'albergo ieri piangeva Shefila, 60 anni. È' in città con la nuora Sadzida e la nipotina Mirsa, di 9 anni. Il figlio e il marito sono ricoverati al Cto con ferite da schegge di granata, fratture alle gambe. Il papà di Mirsa ha subito l'amputazione del piede destro. «A Sarajevo non si può più stare, non si può vivere» diceva Shefila. «Si mangia quando si riesce: lavorare non si può più, si compra qualcosa al mercato con i soldi degli aiuti e i risparmi». Mirsa la guarda con gli occhi sgranati. Qualcuno le regala una caramella. «Sono anziana, laggiù ho un altro figlio. Voglio tornare alla mia patria, la mia terra. Ma dovrebbe esserci la pace». Giovanna Favro «Giocavamo sulla neve con gli slittini davanti alla scuola: ho visto morire accanto a me i miei due amici Io sono stata ferita da una scheggia» Da sinistra Anesa Beganovic in ospedale e i 2 fratelli Ajla, 8 anni e Arnel di 15 In basso Shefila piange con la nipote Mirsa

Persone citate: Beganovic, Camilliani, Carmelo Del Giudice, Giovanna Favro, Giuseppe De Intinis, Lessona, Marinella Lessona