Ughi e il suo violino trascinante di P. Gal.

Ughi e il suo violino trascinante Appello del pianista contro la chiusura delle orchestre Rai di Roma e Milano Ughi e il suo violino trascinante Splendido concerto, insieme con Bruno Canino TORINO. C'è molta preoccupazione, negli ambienti musicali, per il progetto della Rai di chiudere le orchestre sinfoniche di Milano e di Roma, concentrando a Torino l'attività di un complesso itinerante che non si sa bene come potrebbe realmente funzionare. Di questa preoccupazione si è fatto interprete, l'altra sera, Bruno Canino in un breve discorso rivolto al pubblico, prima di iniziare la seconda parte del concerto con Uto Ughi: ed è effettivamente incredibile che una città come Milano rischi di rimanere senza un'orchestra sinfonica quando, non dico Londra o Berlino, ma, ad esempio, Varsavia ne possiede almeno tre o quattro, senza contare i complessi minori. Non si tratta di difendere gli interessi corporativi dei musicisti - ha concluso Canino - ma le ragioni dell'arte, della cultura, e della civiltà, susci¬ tando, in tal modo, vivi applausi da parte del pubblico che affollava la sala dell'Auditorium per ascoltarlo in concerto con Uto Ughi. Concerto splendido, con tre pagine fra le più belle dell'intero repertorio violinistico: la «Sonata K. 378» di Mozart, molto avanzata nella cantabilità romantica dei suoi temi, la «Sonata a Kreutzer» di Beethoven e quella in re maggiore op. 94 bis di Prokofiev, un esempio di classicismo algido e trasparente che riesce ad inglobare, nella sua atmosfera stupendamente raggelata, anche gli spunti barbarici e folclorici dell'ultimo movimento. Ughi è stato trascinante, come sempre, per la bellezza del suono, il calore del fraseggio, la varietà dei coloriti: tutto è mobile nelle sue interpretazioni, pronto a trasformarsi con la massima agilità e varietà di parvenze. Bastava ascoltare, nella sonata di Mozart, con quale luminosità di canto sgorgava la straordinaria idea iniziale; e, nell'ultimo movimento, l'ironia di quella risata scrosciante che conclude un lavoro, fondamentalmente lirico, in pieno clima da opera buffa. Puntualissima la collaborazione di Canino, specie in Mozart e in Prokofiev che s'avvantaggiano d'un suono cristallino e non troppo forte; ma anche nella «Kreutzer» quel pianoforte, così reattivo e scattante, metteva in evidenza l'eccitazione dei trilli e delle lussureggianti decorazioni, conferendo alla più mondana e provocante delle sonate beethoveniane tutta la necessaria eccitazione. Bis tanto kitsch quanto funambolico, con le melodie zingaresche di Sarazate: un fuoco d'artificio virtuosistico che ha scatenato, infallibilmente, l'entusiasmo del pubblico. [p. gal.]